Il prossimo 22 giugno saranno esattamente 30 anni da quando Emanuela Orlandi, figlia di un funzionario vaticano, è scomparsa improvvisamente a piazza San’Apollinare nel cuore di Roma dopo una lezione di flauto. Da allora il nome di questa quindicenne – tale è nella memoria collettiva grazie anche alle foto rimaste inevitabilmente ferme a quel periodo – è stato associato a uno dei grandi misteri irrisolti dell’Italia del dopoguerra.
E non è bastato oltrepassare due pontificati, vedere crollare il Muro di Berlino e con esso la stagione della guerra fredda perché si arrivasse alla verità. Molti protagonisti dell’epoca sono morti, diversi possibili testimoni sono usciti di scena. Qualcuno però è ancora vivo: fra questi Pietro Orlandi, il fratello, e diversi altri membri della famiglia; Memeth Ali Agca che in qualche modo fu coinvolto nella vicenda; il cardinale Giovanni Batista Re, ora in pensione, che ricoprì un ruolo importante all’epoca dei fatti; l’ex rettore della Chiesa di Sant’Apollinare don Pietro Vergari. Da ultimo è venuto fuori un altro personaggio piuttosto ambiguo, Marco Fassoni Accetti, il quale avrebbe fatto riemergere dal passato il famoso flauto della ragazza e ora è indagato per concorso in sequestro di persona.
L’ultima notizia però, arriva da Pietro, il fratello, instancabile organizzatore di iniziative per chiedere che si appuri la verità sulla sorte di Emanuela. Papa Francesco, nei giorni immediatamente successivi alla sua elezione, celebrò una messa nella Chiesa di Sant’Anna situata all’interno del Vaticano. Alla cerimonia era presente anche la famiglia Orlandi, con la quale il Pontefice s’intrattenne per qualche minuto. Un fatto inedito dato che per molti anni lo stesso Pietro e gli altri familiari avevano chiesto almeno un gesto di compassione e di dialogo da parte dei precedenti pontefice. Di quell’incontro Pietro ha dato nei giorni scorsi una versione in base alla quale il Papa avrebbe detto in riferimento ad Emanuela: «Lei sta in cielo». «È questa la frase che Papa Francesco ha detto prima a mia madre e poi a me – ha spiegato Pietro – quando, come tanti altri fedeli, lo abbiamo incontrato dopo la messa che celebrò nella parrocchia di Sant’Anna in Vaticano pochi giorni dopo la sua elezione: parole che mi hanno fatto gelare il sangue».
Tuttavia lo stesso fratello di Emanuela, in un primo momento, e cioè subito dopo quell’incontro, aveva riferito le cose in ben altro modo. Nell’occasione – era il 17 marzo – Pietro riferì di aver avuto buone sensazioni dopo aver visto il Papa e di ritenere che Francesco avrebbe potuto aiutarlo ad accertare la verità. In effetti Pietro Orlandi, tornando su quell’episodio, ha detto di aver provato a contattare ripetutamente Bergoglio nelle settimane successive per ottenere un’udienza privata senza però riuscirci. Da qui la delusione e forse la rivelazione di quella frase su Emanuela «che sta in cielo» non diffusa all’inizio. Fino ad ora il Vaticano non ha ritenuto in ogni caso di dover smentire Pietro e se in effetti Francesco avesse detto quelle parole, si tratterebbe forse del primo importante contributo alla verità che arriva dai sacri palazzi sull’intricata vicenda.
Di fatto Francesco avrebbe posto tutti – a cominciare dai familiari più stretti – di fronte a una verità che certo non è stata ancora provata in modo definitivo, cioè la morte della ragazza, ma che costituisce a trent’anni dalla scomparsa la conclusione più probabile e più triste dell’intera vicenda. Il Pontefice, insomma, ha scritto la parola fine su una telenevola che si trascina da tempo con sempre nuove ipotesi, avvistamenti e altri particolari che prolungano il feuilleton svuotando anche la vicenda della sua drammaticità ed essenzialità. In tal modo Bergoglio ha dunque riportato il caso alla dura realtà dei fatti. Altro è però compiere il passo successivo, vale a dire approdare a ciò che veramente avvenne; e qui da parte del Vaticano è ancora possibile dare un contributo anche se ciò dovesse significare riaprire qualche cassetto non proprio edificante relativo alla guerra fredda o al comportamento di qualcuno dei suoi rappresentanti. In questo caso però non può essere sottovalutato che a finire nell’occhio del ciclone sarebbero ben due papi, Wojtyla e Ratzinger, strettamente legati l’uno all’altro.
In quanto al famoso flauto gli esperti della scientifica hanno constatato che dopo tutto questo tempo i residui biologici ancora presenti sullo strumento non possono essere comparati con il dna di Emanuela perché troppo logorati. Ma d’altro canto non è da escludere che ancora oggi il caso Orlandi venga utilizzato come mezzo per mandare messaggi traversali, esercitare pressioni o minacce, tale è la sua potenza simbolica e la portata del “segreto” che si trascina dietro. In breve va poi ricordato che il rapimento è stato attribuito anche alla banda della Magliana la quale avrebbe voluto esercitare in tal modo una minaccia e un ricatto per ottenere la restituzione di un ingente debito contratto dalla Santa Sede; i soldi inviati al sindacato polacco di Solidarnosc dal Vaticano non sarebbero stati restituiti al gruppo criminale, da qui la scomparsa di Emanuela.
Secondo altre ipotesi la giovane sarebbe rimasta vittima di un giro legato allo sfruttamento sessuale da parte di alte personalità del Vaticano o vicine ad esso, simile è la pista dell’abuso di tipo pedofilo. C’è poi il filone del ricatto politico proveniente dall’est, dai regimi legati a Mosca, mentre fu scartato il coinvolgimento dei Lupi grigi, l’organizzazione di cui faceva parte Agca, da un altro filone di indagine. Diversi sono i testimoni per le varie ipotesi, e ognuna ha qualche elemento probante, ma in nessun caso si è accertata una qualche verità, sia pure incompleta. Il coinvolgimento, quanto meno nella gestione del rapimento, della criminalità romana legata alla banda della Magliana, ha comunque avuto qualche conferma, ma anche le confessioni dei pentiti del gruppo non hanno fino ad ora trovato riscontri definitivi nelle indagini.
Il prossimo sabato 22 giugno si svolgerà comunque una marcia da piazza Sant’Apollinare a San Pietro per ricordare Emanuela. Resta da vedere se il dossier Orlandi è fra quelli cui papa Francesco potrà mettere mano prossimamente o se il caso è destinato a rimanere uno dei misteri insoluti della nostra storia.