Una lobby gay in Vaticano? Sì, e non da oggi: le parole che avrebbe pronunciato il Papa su un argomento da sempre considerato particolarmente scabroso, hanno suscitato scalpore e sorpresa. Eppure non è la prima volta che la questione viene fuori, solo che ora a intervenire è stato il vescovo di Roma in persona, il che rappresenta una novità di non poco conto.
Nella curia romana, ha affermato il Pontefice, «si parla di lobby gay ed è la verità, bisogna vedere che cosa possiamo fare». Già. Ma in realtà Bergoglio nello stesso discorso ha sottolineato almeno altri tre punti critici per la Chiesa universale: ha parlato di un flusso di corruzione presente in Vaticano; ha rilevato che ci sono congregazioni religiose attaccate solo al denaro che hanno esaurito la loro missione; e ha spiegato che la famosa riforma della curia si farà, e per questo ci sono alcuni cardinali da lui stessi incaricati che sapranno portare a termine il lavoro.
Dunque il contesto descritto dal Papa è quello di un Vaticano dove pure non mancano “le persone sante” ma gli elementi critici si accavallano e sono collegati l’uno all’altro. Restano però da chiarire alcuni punti in questa storia. Le parole di Francesco sono state riferite da un blog cileno non molto conosciuto di area progressista, “Reflexion y liberacion” e d lì sono state prontamente rilanciate dalla galassia dei siti ultraconservatori allo scopo di dimostrare che gli “incidenti” comunicativi riguardavano pure il nuovo Pontefice; insomma il dopo Ratzinger non era tutto rose e fiori e folle di fedeli.
L’operazione di questi gruppi si è rivelata però un mezzo flop: non hanno avuto gran seguito. E del resto la vicenda Vatileaks, il corvo, le lettere riservate pubblicate sui giornali e via dicendo, erano la manifestazione di una crisi profonda del potere curiale che stava consumando i vertici della Chiesa in una serie infinita di lotte intestine. Lo scenario attuale è diverso: la spinta al cambiamento è forte e, anzi, il Papa argentino ha fatto il suo primo miracolo proprio sul piano del feeling positivo con l’opinione pubblica.
Non va dimenticato però che il testo di Bergoglio fa riferimento a un incontro privato con il vertice del Clar, cioè l’organismo che riunisce religiose e religiosi latinoamericani. Contesto amichevole e particolarmente informale. Dal loro sito i religiosi fanno sapere che non hanno fatto nessuna registrazione del colloquio con il Papa ma hanno preso solo appunti destinati a restare privati; leggendo il testo si può però avere l’impressione della sbobinatura di una registrazione, anche se è solo un’ipotesi. Sta di fatto che il testo è uscito, forse anche solo per una leggerezza di qualche singolo, e probabilmente settori marginali che ruotano intorno alla vecchia Curia hanno provato ad utilizzarlo in un modo o nell’altro senza grandi successi.
Mercoledì, del resto, è stata una giornata normale in Vaticano, l’udienza generale ha registrato un altro successo di folla, la Santa Sede non ha inteso smentire nulla, mentre nella sede della radio vaticana un gruppo di rabbini vicini a Bergoglio – fra di loro il suo amico di Buenos Aires Abraham Skorka – parlava del ruolo positivo che il nuovo Papa potrà avere nelle relazione ebraico-cristiane.
Eppure si capisce che la tensione sta crescendo. Nei sacri palazzi aumenta il timore per una riforma che forse non sarà solo di facciata ma che prima o poi finirà con il toccare tutto un conglomerato burocratico fatto anche di abitudini, di potere, di rapporti personali. Da qui anche la vicenda della lobby gay.
Si tratta di una definizione generica che nasconde però una realtà complessa. Se la curia romana nel suo insieme è stata negli ultimi decenni l’espressione di una Chiesa conservatrice, gelosa dei propri rituali, degli orpelli, dei paramenti ridondanti, delle alte uniformi dei gentiluomini di sua santità, dei tanti incarichi onorifici per cardinali e amici laici del Vaticano, di misteriose vicende finanziarie, la questione dell’omosessualità nascosta era parte di tutto questo. Di giorno insomma si celebravano le messe preconciliari, si sottoscrivevano documenti che si richiamavano alla tradizione ferrea della Chiesa. Poi, in privato, si esercitavano quei vizi negati in pubblico.
Le cronache degli ultimi anni sono piene di episodi del genere. Fece però scalpore, fra le altre, la vicenda della famosa “cricca”, quella di Diego Anemone, Guido Bertolaso e Angelo Balducci (l’ex gentiluomo di sua santità), il gruppo affaristico dei grandi eventi, che aveva forti entrature in Vaticano. La storia dell’ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici – Balducci appunto – che riceveva favori sessuali (e la sua organizzazione passava anche attraverso i coristi che cantavano nella basilica di San Pietro) aprì uno squarcio di luce su una realtà inquietante. Illuminanti appaiono le affermazioni pubblicate da Linkiesta del teologo tedesco David Berger, un passato da conservatore tutto d’un pezzo, oggi pentito, che spiega come non solo esistesse una rete omosessuale in Vaticano, ma anche come questa – e qui si scorge il vero problema – obbedisse a una certa linea conservatrice per cui chi tradiva quelle posizioni veniva poi ricattato.
Quello Vaticano, insomma, rimane un mondo complesso per quanto piccolo, anche perché se i metri quadrati sono pochi e ne fanno “il più piccolo Stato del mondo”, la realtà sulla quale da Roma si esercita il governo è quella di una Chiesa universale il cui ruolo ha il suo peso in gran parte del mondo. La rivoluzione di Francesco sta scardinando antichi equilibri e molte conseguenze della sua azione sono ancora imprevedibili.