«Nessuno sforzo di “pacificazione” sarà duraturo, non ci saranno armonia e felicità per una società che ignora, che mette ai margini e che abbandona nella periferia una parte di se stessa». È nel giorno in cui visita la favela di Rio che papa Francesco piazza il primo serio colpo di questo viaggio brasiliano. Bergoglio è andato a incontrare la comunità di Varginha-Manguinhos che fa parte di una più ampia favela di Rio de Janeiro definita “pacificata” nel 2012, dopo numerose operazioni di lotta al narcotraffico e di promozione sociale. Accolto da una folla che gli si è stretta attorno, nel campo di calcio ha pronunciato un discorso quasi programmatico sui temi che gli sono più cari e che ha posto al centro del suo magistero: la condizione umana vista attraverso le lenti della solidarietà e della giustizia; quindi si è rivolto ai governanti e all’intero corpo sociale.
Francesco ha descritto un modello alternativo di convivenza civile venato dalla spiritualità cristiana, ha chiamato la Chiesa ad essere «avvocato della giustizia e difensore dei poveri», ha pronunciato di nuovo la parola disuguaglianza, ha elencato i beni immateriali della fede che devono essere al centro del vivere comune, ha dato il suo appoggio alla visione progressiva del Brasile di Lula e Rousseff ma non ha rinunciato a dire ai giovani che devono alzare la voce.
È un fatto che Bergoglio, in questi mesi, si sta affermando come uno dei pochi leader mondiali in grado di sollevare criticamente un simile grumo di questioni che ribaltano il flusso di pensiero dominante o quanto meno oggi prevalente; qualcosa in questo senso, ha provato a fare anche un presidente come Barack Obama – su immigrazione, sanità, tasse – ma certo la parola del Papa è svincolata dalle tensioni e dai limiti imposti dai problemi di una politica nazionale e di forze economiche di prima grandezza come quelle americane.
Nemmeno può essere dimenticato che Bergoglio è un leader religioso e che la sua parola s’inserisce in una visione trascendente dell’uomo, quindi non per forza condivisa da altre correnti di pensiero. Eppure il suo discorso, oggi, pone di nuovo in modo dirompente la messa in discussione dei principi del liberismo economico. «La misura della grandezza di una società – ha detto il Papa – è data dal modo con cui essa tratta chi è più bisognoso, chi non ha altro che la sua povertà!». Sembrano affermazioni per un manifesto politico cristiano del nuovo secolo, e anche la Chiesa è chiamata in causa, quest’ultima viene definita «avvocata della giustizia e difensore dei poveri contro le disuguaglianze sociali ed economiche intollerabili che gridano al cielo», non solo; il suo offrire la sua collaborazione ad ogni iniziativa che possa significare un vero sviluppo di ogni uomo e di tutto l’uomo».
E poi ancora torna fondamentale il principio della solidarietà quale vero regolatore delle relazioni sociali. Da questo punto di vista il popolo brasiliano, secondo Bergoglio, «può offrire al mondo una preziosa lezione di solidarietà, una parola spesso dimenticata o taciuta, perché scomoda». Ma il discorso si estende anche al piano politico e collettivo: «Vorrei fare appello a chi possiede più risorse, alle autorità pubbliche e a tutti gli uomini di buona volontà impegnati per la giustizia sociale: non stancatevi di lavorare per un mondo più giusto e più solidale! Nessuno può rimanere insensibile alle disuguaglianze che ancora ci sono nel mondo!», di più «ognuno, secondo le proprie possibilità e responsabilità, sappia offrire il suo contributo per mettere fine a tante ingiustizie «Non è la cultura dell’egoismo, dell’individualismo, che spesso regola la nostra società, quella che costruisce e porta ad un mondo più abitabile, ma la cultura della solidarietà; vedere nell’altro non un concorrente o un numero, ma un fratello».
Ancora non può passare inosservato il sostegno che nemmeno tanto velatamente il Papa ha voluto dare all’attuale dirigenza brasiliana, quella di Lula e di Dilma Rousseff: «Desidero incoraggiare gli sforzi che la società brasiliana sta facendo per integrare tutte le parti del suo corpo, anche le più sofferenti e bisognose, attraverso la lotta contro la fame e la miseria». In questo passaggio si sente anche l’eco del ruolo che hanno svolto i cardinali brasiliani nel costruire il consenso intorno all’elezione di Bergoglio, il rapporto privilegiato con porporati come Claudio Hummes ex arcivescovo di San Paolo e di Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida. Bergoglio ha però anche invitato i giovani a non rassegnarsi di fronte ai tanti episodi di corruzione perché «la realtà può cambiare, l’uomo può cambiare». Infine il Papa ha elencato qui “beni immateriali” proposti dalla fede cristiana al vivere comune, e cioè la tutela della vita, la famiglia “fondamento della convivenza”, l’educazione integrale della persona che non è finalizzata solo al profitto, la salute e la sicurezza contro la violenza.
È un progetto di società articolato di cui il Pontefice non indica i principi legislativi ma il possibile insieme di riferimenti sociali e di valori da condividere. Da un punto di vista ecclesiale, infine, il Papa prova a fare una scommessa sulla Chiesa e sulla ripresa di vitalità delle sue comunità, per questo anche ieri ha chiesto ai cristiani di stare nel mondo, di fare rumore, di dare fastidio. Del resto Bergoglio è chiamato a fermare il declino del cattolicesimo e a suscitare forze nuove per la Chiesa. Se questa strategia otterrà un risultato positivo è cosa ancora tutta da verificare e però di certo Francesco ha deciso di giocare fino in fondo la sua partita.
Twitter: @FrancePeloso