«Mi piace pensare che le lacrime dei suoi occhi, sgorgate nel momento dell’ ‘elezione’, incrocino le lacrime di ogni uomo e di ogni donna che si trascina negli angoli della terra, tra le miserie della storia e la fatica di ogni giorno. Forse anche le sue lacrime, Santità, sono in parte quelle di chi, figlio di migranti in una terra lontana, ritorna nella culla delle sue origini». Con queste parole don Stefano Nastasi, parroco di Lampedusa, lo scorso 19 marzo si rivolgeva a papa Francesco, eletto da pochi giorni al soglio pontifico.
Una lettera insieme accorata ma anche lucida, perché il sacerdote sembrava aver compreso fin da subito la personalità del nuovo Pontefice. «Santità – scriveva ancora il parroco, spesso al centro delle cronache quale testimone diretto dei flussi migratori che interrottamente si riversano sulla piccola isola – questa comunità, ultimo lembo d’Europa e porta prima per il suo ingresso da sud, le manifesta la vicinanza nella preghiera e la condivisione nella passione per il servizio evangelico all’uomo contemporaneo». Ma la conclusione conteneva anche dell’altro: questa comunità, scriveva infatti don Nastasi, «la invita a farsi pellegrino in questo santuario del creato, dove per migliaia di migranti, senza patria e senza nome, è rinata la speranza del domani nella certezza amica dell’oggi. Santità il cuore del Mediterraneo La attende». E quell’invito oggi è stato ricambiato.
La risposta di Francesco di fronte alla crisi interna della curia romana è dunque ancora una volta spiazzante: se l’involuzione di certi apparati è ormai problema della magistratura italiana che ha trovato sponda per la prima volta Oltretevere, Francesco sposta il centro dell’azione pastorale nell’opposto esatto di quel mondo fatto di milioni di euro di transazioni più o meno lecite, di presunti riciclaggi, di ville, lussi, potere. Francesco, il Papa argentino dal cognome italiano, va infatti a Lampedusa il prossimo 8 luglio nel luogo simbolo della questione migratoria non solo per l’Italia ma per l’intera Europa, piccolo scoglio dove si consuma un dramma sociale – quello dei migranti certo, ma anche quello dei lampedusani – e ci si misura con una mutazione culturale di lungo periodo, quella mescolanza tumultuosa di civiltà che nessun muro riesce a fermare.
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E così, di fatto, il primo viaggio di Francesco fuori dal Vaticano è questo: una breve trasferta a Lampedusa dove il Papa si recherà in visita – come recita il comunicato ufficiale diffuso oggi dalla Santa Sede – perché «profondamente toccato dal recente naufragio di un’imbarcazione che trasportava migranti provenienti dall’Africa, ultimo di una serie di analoghe tragedie», Bergoglio «intende pregare per coloro che hanno perso la vita in mare, visitare i superstiti e i profughi presenti, incoraggiare gli abitanti dell’isola e fare appello alla responsabilità di tutti affinché ci si prenda cura di questi fratelli e sorelle in estremo bisogno».
Anche in questo caso il Pontefice chiede di ridurre al massimo l’impatto istituzionale della visita, nessun gigantismo o seguito eccesivo, insomma. A Lampedusa Francesco sarà accolto dal vescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, già presidente nazionale della Caritas, uomo impegnato sul fronte delle migrazioni non da oggi. Ancora in un comunicato della Fondazione Migrantes, organismo della Chiesa italiana, si sottolinea che «a Lampedusa il Papa porta il segno della Chiesa di Roma che presiede alla carità della Chiesa universale, ricordando i quasi 20.000 morti nel Mediterraneo durante le traversate e invitando a fare delle nostre comunità luoghi di accoglienza e ospitalità e dell’Europa – di cui Lampedusa è un confine – una casa comune».
Dal Vaticano, padre Gabriele Bentoglio, sottosegretario del Pontificio consiglio per i migranti e gli itineranti, parlando con Linkiesta rileva: «Quello del Papa è un gesto molto forte, la sua visita è stata sollecitata da più parti, il primo documento pubblicato sotto il suo pontificato è appunto quello sui rifugiati, è una tematica sulla quale c’è molta attenzione da parte del Papa». Ma da parte del Pontefice, spiega padre Bentoglio, non c’è una solidarietà ingenua, anzi va ricordato il grande sforzo della gente di Lampedusa, un sacrificio che spesso non viene raccontato; ora però la situazione rischia di diventare «insostenibile». Il Papa «chiederà anche risorse umane e materiali che mancano, sarà un incoraggiamento in questo senso, non proporrà un’accoglienza ingenua».
Padre Bentoglio sottolinea in modo specifico la realtà del traffico di esseri umani legato alle migrazioni. I trafficanti di persone, rileva, agiscono tuttora in Libia in modo particolare ma non solo, «non hanno nazionalità». In Libia entra gente da varie parti e proveniente da diversi Paesi, qui vengono venduti da un gruppo di trafficanti a un altro «e spesso anche dalle stesse forze di polizia che prima li imprigionano e poi li rivendono. I più fortunati riescono a tentare la traversata». Un quadro drammatico, anche se noto da tempo. Un ruolo importante in questa vicenda lo svolge anche la Primavera araba.
«Credo – afferma Bentoglio – che in particolare i giovani di questi Paesi che hanno preso parte alla Primavera araba, attraverso un nuovo accesso ai mezzi di comunicazione possano ‘vedere’ oggi l’Europa, sognare paradisi che magari non sono tali, ma in grado comunque di suscitare speranze. Altrove, dove magari sono al potere regime autoritari che limitano la libertà di comunicazione, questo problema è meno urgente. Ma di fatto – prosegue il religioso – la Primavera araba apre uno spaccato sulla democrazia nord europea, in tal modo appare una realtà anche effettiva, dove si può dire tutto, dove ci si può mettere da parte un gruzzolo e fare una vita migliore, anche se poi pure qua c’è la crisi».
Tuttavia per chi sfugga da fame, guerre e oppressioni, questo è un sogno anche se poi qui non trovano i paradisi ma la realtà, conclude il sottosegretario del dicastero dei migranti. Infine è notizia delle ultime ore che la prima enciclica di Papa Francesco, quella in realtà scritta in buona misura dal suo predecessore (l’enciclica a quattro mani sulla fede), sarà pubblicata venerdì 5 luglio e avrà per titolo: Lumen fidei.