Mercoledì 28 gennaio un missile anticarro ha colpito un veicolo dell’esercito israeliano vicino al confine con il Libano, uccidendo due soldati israeliani e ferendone altri sette. Colpi di mortaio sono caduti nell’area circostante, in una serie di attacchi che il ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman ha attribuito al movimento politico-militare di Hezbollah e che il gruppo sciita libanese ha rivendicato.
L’episodio, scrive l’agenzia di stampa Reuters, è il più grave dal breve conflitto del 2006, durante il quale l’esercito israeliano invase il territorio libanese e vi rimase per circa un mese per colpire le forze paramilitari di Hezbollah. Si teme che l’attacco di oggi porti a un simile intervento su larga scala dell’esercito israeliano.
L’esercito israeliano ha risposto con fuoco di artiglieria contro posizioni nel Libano meridionale, uccidendo un soldato di nazionalità spagnola della forza internazionale Unifil. Il militare, riporta El Mundo, si chiamava Francisco Javier Soria Toledo ed era originario di Málaga. L’ambasciatore israeliano in Spagna ha presentato le sue «condoglianze e scuse» al ministro degli Esteri spagnolo. La missione internazionale Unifil, che conta oltre 10 mila caschi blu, si trova in Libano fin dal 1978, anno in cui l’esercito israeliano invase il paese e ne occupò tutta la parte meridionale (il ritiro definitivo è avvenuto nel 2000).
Lieberman, che si trovava a Pechino per incontrare la sua controparte cinese, ha detto che la risposta di Israele sarà «potente e sproporzionata», secondo quanto scrive Haaretz, come farebbero in casi simili gli Stati Uniti e la Cina. La situazione nell’area al confine tra Israele, Libano e Siria è molto tesa da mesi ed è peggiorata negli ultimi giorni. Alcune ore prima dell’attacco, l’esercito israeliano aveva lanciato colpito posizioni dell’esercito siriano da cui martedì sono partiti quattro razzi contro il territorio di Israele, due dei quali erano caduti sulle alture del Golan. Nel conflitto siriano, Hezbollah combatte a fianco delle forze che sostengono il regime di Bashar al-Assad.