Lo Yemen in bilico

Lo Yemen in bilico

Martedì 20 gennaio i miliziani del movimento ribelle Houthi hanno preso il controllo del palazzo presidenziale di Sana’a’, capitale dello Yemen. Il leader ribelle Abdel Malik Al-Houthi ha detto in un discorso televisivo che l’attacco è solo «un avvertimento» al presidente Abdu Rabbu Mansur Hadi – la cui residenza è stata bombardata – perché questi avvii i necessari cambiamenti politici.

Hadi, hanno detto gli stessi Houthi, non è in pericolo di vita. Dall’inizio dell’attacco non ha rilasciato dichiarazioni e Associated Press ha riportato nella tarda mattinata di mercoledì che, secondo alcuni collaboratori di Hadi, il presidente si trova «prigioniero» dei ribelli Houthi e non può lasciare la sua residenza. Almeno otto persone sono morte negli scontri degli ultimi giorni.

Nelle ultime settimane il paese sta attraversando uno dei periodi più difficili degli ultimi anni: gli attacchi armati dei ribelli Houthi mostrano la grande debolezza del governo centrale, che da tempo non ha il controllo di ampie zone del paese ed è minacciato dalle rivendicazioni dei ribelli Houthi e dalla presenza di Al-Qaida (due formazioni tra loro nemiche).

I guerriglieri Houthi, infatti, combattono per il territorio contro miliziani sunniti e le stesse forze di Al-Qaida nella Penisola Araba (Aqap), mentre portano avanti rivendicazioni politiche e chiedono maggior condivisione del potere con il governo centrale.

Nella capitale San’a’ si è verificata una serie di sanguinosi attentati, prima degli eventi degli ultimi giorni: l’8 gennaio un’autobomba è esplosa fuori da un’accademia di polizia uccidendo 38 persone e ferendone novanta.

L’attuale presidente, Abdu Rabbu Mansur Hadi, è salito al potere con il sostegno dei paesi occidentali e dei paesi arabi del Golfo dopo essere stato il vicepresidente di Ali Abdullah Saleh, che aveva dominato il paese per trent’anni. Il piano per la transizione politica, faticosamente negoziato con la mediazione internazionale dopo la deposizione di Saleh, non sembra in grado di stabilizzare la situazione nel paese.

Chi sono gli Houthi

Gli Houthi – dal nome dell’ex leader Hussein Badreddin al-Houthi, fratello dell’attuale, che avviò una prima insurrezione armata contro Saleh nel 2004 – sono un gruppo ribelle che proviene dalle regioni settentrionali e in particolare da quella nordoccidentale di Saada. È formato in larga parte da appartenenti a un’antica setta sciita, lo zaydismo. Oggi lo zaydismo è diffuso solo in Yemen e vi si riconosce circa un terzo della popolazione, che si sente discriminata dal governo centrale (la maggioranza del paese è sunnita).

Gli Houthi sono attivamente combattuti dall’Arabia Saudita, l’influente vicino settentrionale dello Yemen, che li accusa di essere sostenuti dall’Iran e ha lanciato attacchi contro di loro lungo il confine yemenita negli scorsi anni.

Sono malvisti anche dagli Stati Uniti, che supportano il presidente Hadi (gli Houthi, per parte loro, hanno tra i loro slogan «Dio è grande, morte all’America, morte a Israele, maledetti gli Ebrei, vittoria all’Islam»). La prima serie di violenti conflitti armati con il governo centrale, cominciata nel 2004, si interruppe con un precario accordo di cessate il fuoco nel 2010.

Alla fine di settembre del 2014 i ribelli Houthi avevano già preso il controllo della capitale, incontrando sulla loro strada poca resistenza. Avevano occupato diversi ministeri e costretto alle dimissioni il governo di Hadi, ma si erano dovuti ritirare dopo una serie di attacchi orchestrati da Al-Qaida, il movimento estremista sunnita.

Il sostegno agli Houthi, inizialmente un’organizzazione studentesca nata nel primi anni Novanta, è cresciuto negli ultimi anni nella speranza che essi siano in grado di rispondere alle drammatiche emergenze del paese sul fronte economico e sociale, e oggi appaiono il gruppo più forte di opposizione al governo centrale. Il braccio politico del gruppo si chiama Ansar Allah (“Partigiani di Dio”).

La situazione nello Yemen

Il periodo di grande instabilità yemenita è cominciato dopo le proteste del 2011, che posero fine ai trent’anni di dominio del paese da parte di Ali Abdullah Saleh. Gli Houthi appoggiarono la protesta. Dopo mesi di agitazione, a giugno del 2011 il palazzo presidenziale di Sana’a’ venne bombardato e Saleh rimase ferito gravemente. Alla fine dell’anno, Saleh lasciò il potere al suo vicepresidente dopo aver firmato un accordo per la transizione sotto l’egida dei paesi del Golfo.

Lo Yemen è anche uno dei “fronti” della guerra al terrorismo internazionale messa in atto dagli Stati Uniti, vista la presenza di basi e installazioni nel paese di Al-Qaida.

Nel settembre 2011, ad esempio, gli Stati Uniti hanno ucciso in un attacco con i droni l’imam Anwar al-Awlaki, nato e cresciuto negli Usa, che si era rifugiato nel paese dopo la sua radicalizzazione e dopo aver cominciato a lanciare appelli al jihad che hanno avuto un largo seguito tra i terroristi anche dopo la sua morte.

Gli attentatori di Parigi, i fratelli Kouachi, avevano fatto riferimento a lui come ispiratore, così come il ragazzo di 20 anni arrestato pochi giorni fa in Ohio con l’accusa di organizzare un attentato al Congresso.

Nel frattempo, la situazione umanitaria del paese – il più povero del Medio Oriente – è drammatica, specialmente nelle zone rurali. Circa due milioni di bambini, su una popolazione di 24 milioni di persone, soffre di malnutrizione cronica, e il paese dipende pesantemente dagli aiuti internazionali.

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