Assange, un rifugiato politico da 12 milioni di euro

Assange, un rifugiato politico da 12 milioni di euro

Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, vive rinchiuso nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra dal 20 giugno 2012: due anni, sette mesi e sedici giorni fa, quando decise di chiedere asilo nell’elegante palazzina del centro di Londra, proprio dietro i famosi grandi magazzini Harrods, inseguito da un mandato di arresto internazionale emesso in Svezia con l’accusa di violenza sessuale.

Da allora, la polizia metropolitana di Londra ha mantenuto 24 ore su 24 la sorveglianza fuori dalla struttura, pronta ad arrestarlo non appena metta piede sul suolo britannico. La radio britannica LBC ha ottenuto e pubblicato pochi giorni fa le cifre del costo di quella sorveglianza: 9 milioni di sterline – 12 milioni di euro – fino alla fine di ottobre, e tenendo conto che da allora sono passati oltre tre mesi i media britannici stimano che il totale abbia ormai superato i 10 milioni (13,3 milioni di euro), oltre 14 mila euro al giorno.

L’Ecuador considera Assange un rifugiato politico. Assange non intende consegnarsi alle autorità britanniche perché ritiene che l’estradizione in Svezia sia solo una prima mossa verso una sua consegna agli Stati Uniti, motivata dalla pubblicazione di un’enorme quantità di documenti riservati sul sito di WikiLeaks a partire dal 2010. Gli Stati Uniti non hanno finora avanzato alcuna richiesta di estradizione, né presentato pubblicamente cause legali contro di lui.

Il portavoce di WikiLeaks Kristinn Hrafnsson ha commentato la notizia dicendo che «è imbarazzante vedere il governo britannico spendere di più per la sorveglianza e la detenzione di un rifugiato politico incensurato che per la sua indagine sulla guerra in Iraq, che ha ucciso centinaia di migliaia di persone».

Da parte sua, il vicepremier britannico Nick Clegg ha detto ieri che la situazione è diventata «frustrante» per i cittadini inglesi e per il governo svedese, aggiungendo che Assange dovrebbe «affrontare la giustizia» in Svezia, «un paese con impeccabili credenziali democratiche».

In una conferenza stampa dello scorso agosto, Assange è comparso a fianco del ministro degli Esteri Ricardo Matiño e ha detto: «lascerò presto l’ambasciata», negando però le indiscrezioni che circolavano allora, secondo cui stesse per consegnarsi alle autorità britanniche. Hrafnsson ha detto in quella occasione che Assange «è pronto a partire immediatamente, non appena il ridicolo assedio là fuori sarà finito e gli sarà offerto un passaggio sicuro», aggiungendo che «i suoi bagagli sono pronti».

Da allora, però, la situazione è rimasta ancora bloccata. Il 20 novembre 2014 un tribunale svedese ha respinto un appello contro la richiesta di Assange. L’uomo, che ha cittadinanza australiana, ha detto di essere disponibile a incontrare i giudici svedesi a Londra o a rispondere delle accuse via video, ma quelle richieste sono sempre state respinte perché non sono la normale procedura legale, scrive il quotidiano svedese in lingua inglese The Local. La difesa di Assange, aggiunge, intende portare il caso davanti alla Corte suprema svedese.

Nel 2010 l’organizzazione guidata da Assange diventò famosa in tutto il mondo con la pubblicazione di oltre 250 mila comunicazioni diplomatiche americane e di 500 mila documenti militari riservati, che riguardano le relazioni internazionali USA e le guerre in Iraq e in Afghanistan.

Formalmente, Assange non è ancora imputato in una causa: la Svezia ha emesso il mandato di arresto nel 2010 per interrogarlo in una causa per reati sessuali mossagli da due donne dopo una sua visita nel paese in quello stesso anno. Assange respinge le accuse e ha fatto ricorso più volte presso i tribunali britannici, che hanno definitivamente valutato la richiesta svedese come legale nel 2012. Questo ha causato la fuga di Assange nell’ambasciata dell’Ecuador, dove si trova tuttora.