Ada Lovelace, la madre dei computer

Ada Lovelace, la madre dei computer

Negli ultimi anni i computer e l’informatica sono diventati sempre più un pilastro delle nostre vite. Ogni giorno diventa più difficile fare parte della società senza avere un’indirizzo email, un account su WhatsApp, una pagina Facebook. Siti, computer e applicazioni cambiano le nostre vite ogni giorno, permettendoci di essere più efficaci, connessi, veloci e offrendoci soluzioni a problemi che non sapevamo nemmeno di avere. Ovviamente, le persone dietro a questi strumenti, nel bene e nel male rivoluzionari, sono diventati eroi dei nostri giorni. Mark Zuckerberg soltanto vent’anni fa sarebbe stato visto come un nerd senza pari. Oggi, per molti, è un mito da imitare.

È stata una donna a inventare alcuni dei contatti fondamentali ora usati dai nostri computer

La maggior parte di questi eroi dell’informatica — da Bill Gates a Steve Jobs, da Sergey Brin allo stesso Zuckerberg — sono maschi. E quello dell’informatica è un mondo ancora dominato dagli uomini e noto per essere molto ostile nei confronti delle donne che cercano di entrarci e di lavorarci. Quello che molti non sanno, però, è che se torniamo indietro e guardiamo all’alba dell’era dei computer, è una donna che dobbiamo ringraziare per aver inventato alcuni dei concetti fondamentali che oggi definiscono cosa i nostri computer possono fare. Il suo nome è Ada Lovelace.

Ada Lovelace è la figlia di George Gordon Byron e Anne Isabella Milbanke, più noti come Lord Byron, famosissimo poeta romantico inglese, e Lady Byron, sua moglie. I due sposano dopo una lunga (e all’epoca molto chiacchierata) relazione nel 1815 ma solo un anno dopo, pochi mesi dopo la nascita di Ada, Lady Byron prende la figlia e si allontana dal marito. Alcuni dicono per via di un tradimento, altri per allontanare Ada dalle «dannose e potenzialmente distruttive influenze dei Byron» e dagli eccessi poetici del padre.

Lady Byron è una donna atipica per i tempi. Siamo all’inizio del 1800, Londra è la città più grande d’Europa e la rivoluzione industriale stava iniziando a cambiarne il volto, coprendola di fumi e attirando migliaia di persone alla ricerca di lavoro. Londra è anche una città di nobili e ricchi, e Lady Byron fa decisamente parte di questo gruppo. Dimostrandosi molto brillante fin da bambina, è cresciuta seguendo gli insegnamenti di un laureato di Cambridge — cosa rara per i tempi, soprattutto per una donna — e diventata un personaggio molto attivo nella scena intellettuale inglese, dedicandosi soprattutto alla matematica. Lord Byron la chiamava la “principessa dei parallelogrammi”.

La piccola Ada viene istruita esattamente allo stesso modo, dimostrando la stessa brillante intelligenza della madre e una uguale passione per le scienze, la logica e la matematica.

A 17 anni, il 5 giugno 1833, Ada fa il suo debutto in società ad una festa e incontra l’uomo che le cambierà la vita. Non è il suo amante né il suo futuro marito, ma quello che presto diventerà il suo mentore. Si chiama Charles Babbage ed è un 42enne scontroso che sta lavorando a un nuovo, strano, congegno chiamato difference engine. Babbage mostra ad Ada come funziona una piccola parte del suo congegno e la giovane ragazza ne rimane completamente affascinata.

La traduzione ufficiale dello strumento di Babbage è “macchina differenziale” ma quella letterale — motore differenziale — rende molto meglio l’idea. Babbage stava lavorando a un marchingegno meccanico molto simile a un orologio e capace di… fare calcoli automaticamente. Metti dei numeri da una parte, giri degli ingranaggi e dall’altra parte trovi il risultato. La macchina di Babbage può calcolare in automatico somme e sottrazioni e — per quanto con gli occhi di oggi non sembri nulla di straordinario — nel 1833 era un’invenzione incredibile. Il primo telegrafo nascerà solamente quattro anni dopo, la prima macchina da cucire undici anni dopo, le prime fotografie a colori oltre vent’anni dopo.

Dopo la festa, la madre di Ada la porta a casa di Babbage dove il matematico mostra alla ragazza un prototipo della sua macchina. È l’inizio di una lunga amicizia e di un rapporto di lavoro che li porterà a diventare il padre e la madre dei computer che conosciamo oggi.

Se la mamma di Ada era la “Principessa dei parallelogrammi”, lei era una “incantatrice di numeri”.

Esattamente come Lady Byron, Ada Lovelace era una bestia strana. All’inizio del 1800 non esistevano scienziati professionisti in Europa (la parola stessa, scienziato, fu inventata solamente nel 1836 da William Whewell) e la partecipazione di una nobildonna all’ambiente intellettuale era tutt’altro che incoraggiata. Ma Babbage vide qualcosa in lei. Nel 1839 le scrive in una lettera che crede «sia doveroso assecondare la tua predisposizione per la matematica». Qualche anno dopo le dà un titolo che corrisponde esattamente a quello inventato per sua madre da Lord Byron. Se la mamma di Ada era la “Principessa dei parallelogrammi”, lei era una “incantatrice di numeri”.

In quegli anni Ada e Babbage lavorano insieme al progetto della macchina differenziale. Dal prototipo visto da Ada nel 1833, la macchina diventa sempre più grande: l’ultimo progetto della macchina differenziale che conosciamo è così e complicato che ci voleva un motore a vapore per azionarlo. O, meglio, ci sarebbe voluto un motore a vapore per azionarlo. Perché la macchina differenziale — seppur concettualmente valida — era troppo complicata e troppo costosa per essere costruita veramente e né Babbage né Ada la videro mai realizzata. Il governo britannico, che aveva commissionato il progetto a Babbage, smise di finanziarlo nel 1842 dopo aver investito senza risultati concreti oltre 17mila sterline. Ma a quel punto i lavori di Ada e Charles erano già andati oltre: i due sognavano macchine ancora più grandi e potenti.

Dopo la macchina differenziale, in grado di fare solamente somme e addizioni, infatti, arriva la macchina analitica. Un calcolatore in grado di fare somme, sottrazioni, moltiplicazioni, divisioni, comparazioni e radici quadrate. La macchina analitica è ancora più complicata della macchina differenziale e, anticipando lo scetticismo inglese, Babbage cerca fondi per realizzarla altrove. Nel 1940, Babbage viene in Italia, a Torino, e presenta ad una conferenza il progetto per la macchina analitica. La speranza è di Babbage è di riuscire a dimostrare l’interesse di altri Paesi per la sua macchina e di convincere così il governo britannico a finanziarlo ancora.

A Torino, Babbage incontra un giovane matematico italiano, Luigi Federico Menabrea (se avete già sentito il nome da qualche parte è perché Menabrea diventerà Presidente del Consiglio del Regno d’Italia dal 1867 al 1869) che promette a Babbage di pubblicare un documento con una descrizione del suo progetto.

Perché far pubblicare a un italiano una descrizione della macchina analitica? In parte per ingelosite il governo britannico e in parte perché Babbage, scontroso e irascibile, era poco propenso a pubblicare in prima persona materiale sulle sue ricerche. A spingerlo in quella direzione era invece Ada, che riconosceva l’importanza di comunicare cosa era — e cosa poteva essere — la macchina analitica e promuoverne lo sviluppo. Perché Menabrea pubblichi il suo resoconto ci vogliono quasi due anni. E non solo: il documento viene pubblicato in francese, col titolo di Notions sur la machine analytique de Charles Babbage e su una rivista svizzera, la Bibliothèque Universelle de Genève. A questo punto, Ada, si mette in gioco in prima persona. Convince Babbage dell’importanza di pubblicare in inglese il documento sulle sue ricerche e il matematico la invita a tradurre il testo di Menabrea, aggiungendo qualche nota personale.

Ada capisce trasforma la macchina analitica da calcolatore a computatore

Nell’anno successivo Ada traduce e annota l’articolo, intuendo qualcosa che nemmeno Babbage aveva capito della macchina che i due avevano sognato insieme. La macchina analitica dal punto di vista formale era molto simile a un attuale computer: aveva un sistema di input per inserire dei dati, un sistema per l’elaborazione dei dati e un meccanismo di output per restituire dei dati trasformati. Ma una cosa lo differenziava dai computer: poteva manipolare solamente numeri.

Ada capisce che la macchina analitica può fare molto di più: manipolare numeri che rappresentano simboli. Che cosa sono questi simboli? Lettere dell’alfabeto, note musicali, informazioni. Grazie alle note di Ada e alle aggiunte al documento di Menabrea, da calcolatore, la macchina analitica si trasforma in un computatore: una macchina in grado di manipolare simboli seguendo delle regole. Una macchina in grado di essere programmata. Una macchina in grado di eseguire qualsiasi programma. È il più antico antenato dei nostri computer.

Il testo originale pubblicato da Menabrea era lungo 8mila parole, quello annotato da Ada supera le 20mila e viene pubblicato nel 1843 nella rivista britannica Taylor’s Scientific Memoirs, è firmato solamente con le iniziali AAL, ma tutti sanno per che cosa stanno: Augusta Ada Lovelace. Nell’articolo, Ada spiega con chiarezza il funzionamento della macchina analitica e trova spazio anche per un pizzico di quella poesia da cui la madre aveva tanto cercato di allontanarla. Per descrivere il funzionamento della macchina, scrive che:

The Analytical Engine weaves algebraic patterns just as the Jacquard loom weaves flowers and leaves («la macchina analitica tesse pattern algebrici esattamente come il telaio Jacquard [uno dei primi telai automatici della storia] tesse fiori e foglie»)

Il contributo di Ada Lovelace e Charles Babbage alla storia dei computer è straordinario ma anche incredibilmente in anticipo. Immaginarono il comportamento formale dei computer molto prima che esistesse la tecnologia in grado di realizzarli: esattamente come per la macchina differenziale, infatti, né Babbage né Ada vedranno mai la macchina analitica costruita veramente. Ci vorranno almeno altri cento anni perché il primo vero computer prenda forma e i pionieri dell’informatica degli anni Quaranta reinventeranno tutti i principi definiti da Babbage e Ada per dare vita ai primi computer elettronici. Questi computer saranno sostanzialmente dei potenti calcolatori, molto più simili alla macchina differenziale che alla macchina analitica, usati soprattutto per i calcoli balistici durante la Seconda guerra mondiale. Ci vorrà Alan Turing — che conosceva le note sulla macchina analitica di Ada Lovelace — perché i computer scoprano di poter tessere pattern algebrici, capiscano che i numeri non sono solo numeri ma rappresentazioni di qualcos’altro e realizzino il sogno nato oltre cento anni prima di Charles Babbage e Ada Lovelace.

Il pionieristico contributo di Ada Lovelace all’informatica è stato per molto tempo sottovalutato, ma negli ultimi decenni le cose sono cambiate parecchio. Dal 2009 ogni ottobre si festeggia l’Ada Lovelace Day, una giornata che vuole promuovere la partecipazione delle donne «nel mondo delle scienze, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica». Il più grande tributo al lavoro di Ada viene forse dal Dipartimento della Difesa statunitense. Nel 1977 un gruppo di programmatori furono incaricati di creare un nuovo linguaggio di programmazione che servisse da ponte tra le centinaia di linguaggi usati dal dipartimento. Nei sei anni successivi, il team creò DOD–1 (Department of Defence 1) che ben presto prese un altro nome, meno tecnico e più poetico: Ada.

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