Il 10 settembre partirà su Sky Uno la nona edizione di X-Factor, il talent show per eccellenza. Cambiano i giudici (a Fedez e Mika si aggiungono Elio e Skin), viene introdotta la grande novità delle band:dopo il successo dei The Kolors ad Amici, anche la corazzata figlia di Simon Cowell si apre alle formazioni live. Se vogliamo, un atteggiamento vintage, alla ricerca di una musica più essenziale. Attesa, quanto dirompente, la defezione di Morgan, pregevole la conferma di Mara Maionchi al timone di Xtra Factor, una sorta di Dopo Festival del nuovo millennio: la discografica bolognese, impegnata come opinionista a Il Processo del Lunedì, analizza con noi il nuovo fenomeno delle band – o il fenomeno delle nuove band, fate vobis – e confessa di preferire un ruolo diverso rispetto a quello del giudice. L’annunciato anno sabbatico degli One Direction è il pretesto per ricordare, in parallelo, gloriosi gruppi italiani del passato e per ammettere che se avesse potuto, Mara, avrebbe lanciato i Rolling Stones…
Argomento band: a volte ritornano. Forse si è capito che discograficamente funzionano meglio dei cantautori?
Era tanto che le band non avevano così tanto lustro. Ogni artista ha un valore intrinseco, l’importante è che abbia qualcosa da raccontare, tanto nel canto, quanto nel modo di suonare, interpretare e arrangiare i propri pezzi. Sai, i gruppi sono più autonomi rispetto ai singoli che invece necessitano di qualcuno che gli ’copra le spalle’ durante i concerti.
The Kolors: che idea si è fatta? Sono davvero adatti per il mercato italiano, oppure si tratta di una band cover-dipendente?
Li adoro, loro sono adatti a qualsiasi mercato. Creano empatia, hanno belle idee, risultano sempre piacevoli. Ora aspetto anche che cantino in italiano, perché la lingua inglese aiuta parecchio a costruire e rendere fluido il ritmo di una canzone.
Cosa si aspetta dalla band che lancerà X-Factor 9?
La verità è che bisogna capire cosa scrivono. È una regola aurea che vale per cantautori e band: qualsiasi espressione artistica priva di buone canzoni sarebbe assolutamente impensabile.
X-Factor, tuttavia, è il trionfo di cover e interpreti…
È successo anche ad Amici con i The Kolors. Però quando è arrivato il momento di uscire con un proprio progetto hanno saputo fare bella figura, questo perché avevano già tanta gavetta alle spalle fatta di concerti in giro per l’Italia, quell’Italia fatta di cantine e locali, vero e indispensabile serbatoio della musica di ogni epoca.
Ci sono le band effettive, ma ci sono anche quelle create ad hoc dal giovane cantautore di turno che decide di costruire un progetto con loro. Distinguiamo?
La band deve essere un insieme, non un insieme di musicisti che suona per o con un artista. È un accostamento complicato, perché così anche Mick Jagger potrebbe essere definito esclusivamente un front-man, invece è qualcosa di più, di diverso. È una band. Inoltre, se guardiamo all’estetica musicale, non vanno sottovalutati i gusti di base della band che accompagna l’artista-cantante, questi devono collimare, devono potersi sposare. Altrimenti il concetto di “insieme” va a farsi benedire…
In tutto questo gli One Direction non potranno essere un modello, perché non sono mai stati una vera band “all’italiana”. O sbaglio?
È la classica band anglosassone, come loro ce ne sono stati e ce ne saranno tanti: non fraintendermi, ma a mio avviso rappresentano un coro meraviglioso, perché riescono come pochi ad armonizzare pezzi e voci. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, merito anche dell’essere diventati in fretta grossi personaggi, oltre che artisti. Non guasta.
Ora hanno deciso di prendersi un anno sabbatico: scelta commerciale, oppure scontata deriva di chi fa musica per troppo tempo in maniera collettiva?
Di commerciale credo ci sia ben poco. Se la mettiamo così, allora anche i Pink Floyd sono stati commerciali: 14 anni in classifica con un disco è davvero tanta roba. In questi casi è difficile dare un giudizio in anticipo, concordo sull’intenzione di respirare, di ragionare ognuno per conto proprio. Magari sarà l’occasione per maturare e per inventarsi qualcosa di nuovo, anche se quando una macchina funziona è difficile che si decida di incendiarla. Più probabile che abbiano pensato di metterla in garage…
Del resto, tantissimi artisti italiani hanno optato in carriera per il cosiddetto anno sabbatico.
L’anno sabbatico che ricordo con maggiore interesse è quello legato a Lucio Battisti, quando decise di divorziare da Mogol, in modo da mutare il proprio modo di esprimersi e di fare canzoni. Fu un gesto coraggioso, segno di elevata intelligenza.
Andiamo nel futuro: credi che tra 30 anni gli One Direction potranno essere celebrati come i Beatles del nuovo millennio?
Dubito. Per una ragione semplicissima: l’autore lascia una traccia, sempre. E gli OneD non hanno praticamente mai scritto i loro pezzi. La critica musicale li potrà studiare e inserire nei libri di storia, potrà celebrarne il fenomeno, ma il pubblico avrà difficoltà a ricordarne le singole canzoni. Quelle che, come ti ho detto in testa, costituiscono il nucleo di qualsiasi espressione artistica.
Torniamo in Italia. Recente la scomparsa di Giancarlo Golzi, anima dei Matia Bazar. Le band italiane, oggi, peccano di creatività se paragonate a quelle del passato?
Ho appreso con ritardo quella triste notizia, provando sentimenti di tristezza e malinconia. Rispondo alla tua domanda citando la Pfm, l’Equipe 84, i Nomadi, i Pooh e gli stessi Matia Bazar. Spero possa ripetersi la storia di quelle band, ognuna con la propria identità, il proprio vissuto. Ti davano l’idea dell’insieme: mi soffermo su questo concetto, perché rappresenta e rappresenterà sempre l’essenza di un gruppo.
Xtra Factor e X-Factor: le spiace non essere al banco dei giudici in un’edizione del genere? Guardando la cosa da un punto di vista discografico…
Sono sincera, neanche a me dispiace l’idea dell’anno sabbatico (ride), preferisco stare a Xtra Factor, perché mi diverte moltissimo e soprattutto perché, musicalmente, vedo e ascolto tante cose che non mi piacciono e – in tutto il mondo – riscontro una scarsa propensione al rinnovamento. O, forse, sono invecchiata io, chissà. Stando così le cose, meglio stare un po’ defilata e fare da spettatrice divertita di quello che comunque resta un grandissimo spettacolo televisivo.
Una banalità a bruciapelo: quale band, italiana o internazionale, avrebbe voluto scoprire prima degli altri?
I Rolling Stones, senza dubbio. Ed è una risposta dettata dal valore sociale che quella band ha avuto in quel particolare contesto storico. Non sapevano solo fare canzoni o stare sopra un palcoscenico, ma s’inserivano alla perfezione in un’epoca che necessitava di simboli così forti, così luminosi.
A proposito di sociale: puntare sulle band, oggi, può essere una scelta dettata dalla voglia di riscoprire lo stare insieme nelle cantine, con quattro amici che si riuniscono spinti dal grande amore per la musica?
Non posso dissentire, del resto negli ultimi anni siamo stati abituati ai singoli interpreti, risultato comunque di un clamoroso lavoro di squadra. Anche i Beatles erano ’quattro amici’, come li definisci tu, ma senza uno come George Martin al seguito, difficilmente avrebbero ottenuto quei risultati: lui è stato quello che ha dato l’eternità al gruppo, miscelando abilmente diversi generi musicali.
Quanto mancherà Morgan a X-Factor?
Moltissimo. Nessuna difficoltà ad ammetterlo. Ci mancherà l’uomo spiritoso, capace di uscire fuori dagli schemi. L’uomo colto, quello che parlava un italiano perfetto e che sapeva coinvolgere tanto il pubblico giovane quanto quello più adulto e strutturato. D’altro canto, era chiaro già da tempo che la sua intenzione fosse quella di farla finita con X-Factor. Si era stufato, la produzione ne ha preso atto ed è finita lì.