Non è una novità che le nuove generazioni, ciclicamente, vengano travolte da un’onda. Perché più sensibili, malleabili, volubili. Nuovi non sono neppure termini come anoressia e bulimia, purtroppo. Ma diventano innovativi se trattati in maniera inusuale, attraverso un sapiente mix di musica e parole: l’incontro con Samuel Romano (classe 1972, leader dei Subsonica) arriva in seguito alla pubblicazione di un disco pensato e strutturato, Una Nave In Una Foresta, in mezzo ad un tour roboante (prossime tappe a Cagliari il 28 ed Empoli il 30) e a ridosso di un Dvd che alla band torinese mancava da quasi 10 anni. Ogni brano contenuto nell’album ha un suo significato, una sua storia, ma è proprio Specchio il cuore della tracklist e il focus della nostra chiacchierata: rock ed elettronica nel delicato ambiente dei disturbi alimentari, perché “il corpo è un biglietto da visita”, perché “ad essere unici e irripetibili a volte ci si sente soli”. Samuel e i suoi (Max, Boosta, Ninja e Vicio), manco a farlo apposta, hanno costruito un disco che è lo specchio di un paese dove i giovani non si sentono rappresentati, dove la cultura viene costantemente svilita e dove Roma appare sempre più come “una donna violentata”.
Lo scorso 7 agosto avete partecipato a Festambiente, in Maremma. Una band sempre più ‘impegnata’?
L’idea di fondo è sempre stata quella di raccontare l’umanità, di noi inseriti nel mondo. E narrare significa dar conto a entrambi i lati degli esseri umani, il bianco e il nero. L’impegno sta nel comprendere problematiche da difendere e, insieme, da proteggere: penso alla salvaguardia dell’ambiente, penso all’ossessione del corpo, ad una gioventù sempre più ossessionata dalla ricerca della perfezione.
Specchio è il risultato di tutto questo?
Abbiamo dato voce, suoni, musica ad un tema delicato: negli ultimi anni, forse, non si è dato il giusto peso al forte legame tra disturbi alimentari e gravi malattie. L’ossessività di cui parlavo più sopra è l’anticamera di disfunzioni nutrizionali portatrici, spesso, di conseguenze terrificanti sul corpo. Giovani donne che non possono avere figli, l’anoressia genera anche drammi di questo genere.
«Abbiamo dato voce, suoni, musica ad un tema delicato: negli ultimi anni, forse, non si è dato il giusto peso al forte legame tra disturbi alimentari e gravi malattie»
Canzone nata quasi in maniera casuale?
Siamo soliti scrivere istintivamente delle melodie che, magneticamente, attirano parole precise. Nel caso specifico, il termine ‘specchio’ risuonava spesso e bene, così abbiamo deciso di approfondirne sul web i significati più reconditi. Individuato il tema, ci siamo rivolti ad alcuni amici che avevano avuto a che fare con disturbi come anoressia e bulimia, riscoprendo persone che non sapevamo avessero combattuto battaglie come queste.
“Il corpo è un biglietto da visita, il corpo è un campo di battaglia”. Torniamo un attimo su questi concetti?
Entrambi i concetti richiamano un male del nostro tempo, il non sentirsi mai adeguati, perfetti. Questo ci conduce a seguire strade impervie, portandoci nella direzione opposta a quella di partenza. Credo sia un problema psicologico, ancor prima che fisico ed estetico: tocca essere quadrati e decisi sin dall’inizio, avere delle coordinate da seguire, un percorso di vita ben definito. Al giorno d’oggi mancano strade sicure, soprattutto vengono spesso meno figure e punti di riferimento, non solo a livello familiare. E, alla lunga, chi è fragile rischia di cadere in questa trappola…
“Specchio questa mattina quanti anni mi dai…?”. Non vorrei correggere il tiro, ma questo fa pensare anche ad alcuni tuoi colleghi che badano più alla forma e all’immagine e meno alla sostanza.
Ogni forma di progresso porta con sé una buona dose di regresso, anche se ritengo che l’elemento ‘glam’ abbia sempre avuto un peso consistente. Negli ultimi anni tutto questo è stato amplificato da uno smodato (e non sempre corretto) uso del web e dall’universo dei talent show. Qui continuano a nascere progetti artistici estremamente legati all’immagine, andando incontro alle esigenze e alle richieste dei giovanissimi.
«Al giorno d’oggi mancano strade sicure, soprattutto vengono spesso meno figure e punti di riferimento, non solo a livello familiare. E, alla lunga, chi è fragile rischia di cadere in questa trappola…»
…i Subsonica sono più vecchio stampo?
I Subsonica hanno sempre pensato che fosse più giusto raccontare qualcosa, tenendo conto dell’immagine, ma rappresentando al meglio il periodo storico, contestualizzando dischi, tour e canzoni.
Abitudini alimentari: un tour tende spesso a modificarle, vero?
Recentemente ho perso un po’ di chili e così ho deciso di andare da un nutrizionista, proprio perché consapevole dell’importanza dell’alimentazione. I concerti sono favolosi quanto massacranti e se non bevi e mangi in maniera corretta, oltre che sana, rischi di pagarne le conseguenze. Ricordo le nostre prime tournée, allora regnava il disordine: al pomeriggio c’era poca fame, perché ci si svegliava molto tardi, alla sera ci si alimentava poco e male. Oggi sono cambiate parecchie cose, molti di noi hanno una famiglia, ci è richiesta una certa regolarità.
Con Specchio avete toccato un tema caldo, delicato. È finita qui…?
Non credo e non spero. Potrebbero esserci presto delle iniziative collaterali, eventi e incontri nelle scuole e nelle Università. Anoressia e bulimia sono ‘virus’ che colpiscono molto presto, l’informazione deve essere mirata alle fasce più giovani. Noi ci siamo.
“Ad essere unici ed irripetibili a volte ci si sente soli…”. Ci si sente soli o si viene lasciati soli?
Come spesso accade, è la singola persona che deve essere brava a darsi una spinta, un colpo di reni. Fondamentale è la ricerca dell’equilibrio interiore, è non farsi rapire dalla strada peggiore, quella calamita che ti porta al mare, col rischio di annegare. Il primo stadio della ‘cura’ è fare un viaggio nel proprio intimo, stare da soli, leccarsi le ferite.
Un anno fa hai collaborato al rifacimento di Voglio Una Pelle Splendida, brano degli Afterhours: punti di contatto con la vostra Specchio?
Manuel (Agnelli, ndr) è abilissimo a scrivere, unico per certi versi. Sa mettere insieme immagini apparentemente dissonanti. Nel complesso sono d’accordo, ci sono almeno due o tre immagini del suo pezzo che si possono sovrapporre a quelle di Specchio.
Sempre su Specchio: tanto il videoclip, quanto il brano stesso hanno rappresentato un trionfo di suoni e di colori. Insomma, un tema delicato trattato in maniera tutt’altro che ‘delicata’.
Era quello che volevamo, la nostra personale ricerca dell’originalità. Specchio è permeato da una musicalità che tende quasi all’allegro, rifuggendo qualsiasi tono dimesso e autocommiserante. Cambiando impostazione, tra l’altro, avremmo rischiato di perdere di vista la nostra identità. Pensa al documentario: anche quello è stato scritto accanto ad una persona che aveva vissuto quel tipo di sofferenza…
Ti riferisci alla rabbia della protagonista?
Sì, la ragazza era colma di rabbia come tutti coloro che sono vittima di questi disturbi. Il desiderio di queste persone è quello di combattere il mondo da soli, in preda alla più elevata spavalderia. Questo atteggiamento è il meno scontato, proprio come il nostro nel costruire la canzone.
«Non sono io a scoprirlo, è sotto gli occhi di tutti e da un bel po’ di tempo. Ho poco più di quarant’anni e davanti agli occhi uno scenario desolante, con giovani e giovanissimi che non sono rappresentati, ma abbandonati»
Una Nave In Una Foresta è il titolo del disco ed è un modo di dire tipico delle vostre parti. Secondo me ricalca la situazione del nostro Paese, sei d’accordo?
Non sono io a scoprirlo, è sotto gli occhi di tutti e da un bel po’ di tempo. Ho poco più di quarant’anni e davanti agli occhi uno scenario desolante, con giovani e giovanissimi che non sono rappresentati, ma abbandonati. Non c’è lavoro, non ci sono prospettive: l’Italia è un’immensa potenza culturale, purtroppo svilita, lasciata andare. Il tutto a favore di una mai troppo comprensibile ‘ricerca economica’ priva di frutti concreti, tangibili.
Due cose prima di chiudere. Recentemente Subsonica ospiti di Umbria Jazz: bel segnale per la musica che rifiuta etichette e classificazioni di generi.
L’ho sempre sostenuto, non esistono i generi musicali, sono un’invenzione dei critici. Per noi essere su quel palco è stato un esperimento riuscito solo a metà, soprattutto per via del tempo a disposizione: complice il tour, abbiamo potuto preparare solo pochi pezzi, tra questi la splendida Up Patriots To Arms. Ho sempre guardato a Battiato come un esempio. Mi piacerebbe maturare con la sua stessa capacità di cogliere sempre una via d’analisi parallela, e mai tradizionale, agli eventi della vita.
Torino ha tratto benefici dalle Olimpiadi invernali del 2006. Oggi Roma si batte per ospitare quelle del 2024: potrebbe essere un punto di ripartenza per la città?
Prima delle Olimpiadi, Torino non ostentava le proprie ricchezze culturali, non si esponeva, non lasciava comprendere ai turisti, ricorrenti o occasionali, le proprie potenzialità. Una città, tra l’altro, dotata di un rilevante sottobosco musicale. Dopo il 2006, i fiori sono sbocciati. Il degrado della Capitale nasce da un’amministrazione scriteriata, oggi agli occhi del mondo Roma appare come una donna violentata. Ma ogni violenza ferisce il corpo, non sempre il cuore: la città ha un cuore che batte fortissimo, lo dimostrano piccoli e grandi eventi culturali che vengono organizzati ogni sera. Auspico un risorgimento, magari anche prima del 2024.