C’è che scrive libri e chi riforme, chi si occupa di letteratura e chi di politica. Almeno nelle intenzioni. Storia di qualche giorno fa l’accesa – ma non troppo – querelle tra il presidente del consiglio Matteo Renzi che ha esortato gli italiani a farla finita con i piagnistei sul Meridione, e lo scrittore Roberto Saviano che si è detto addolorato nel sapere che per il premier la tragedia del sud è solo un piagnisteo. Sulla questione, e su tutto il resto, Luca Persico, leader dei 99 Posse meglio noto come Zulù, simbolo della Napoli e del meridione antagonista, invita invece a riflettere sui danni arrecati al paese da uno sciagurato modello di sviluppo, indica negli incontri reali il primo passo verso una piccola rivoluzione politico-culturale e prende le distanze dai grillini e dal loro modus operandi: «C’è bisogno di chiarezza sugli orizzonti – dice – credo che il web sia il posto peggiore per provare ad immaginare orizzonti comuni»
Renzi litiga con Saviano, che ne pensi?
Che la litigatina con Saviano lascia il tempo che trova. Sono due personaggi pubblici che ogni volta che parlano – come me in questo momento d’altra parte – vendono anche se stessi. Non essendo interessato al prodotto di nessuno dei due, direi di entrare nel merito: quando Saviano parla di questione meridionale, non dice nulla di sbagliato, ma denuncia un fatto oggettivo. Tra l’altro, è una questione antica quanto l’unità d’Italia e da essa non si esce certo se Renzi e Saviano fanno pace o trovano un accordo. La soluzione sta da un’altra parte.
«La questione meridionale è antica quanto l’unità d’Italia e da essa non si esce certo se Renzi e Saviano fanno pace o trovano un accordo. La soluzione sta da un’altra parte»
Dove?
Tassando i grandi capitali, bloccando le ingerenze delle banche e delle holding nei governi nazionali e negli organismi internazionali cui decidono di aderire, cambiando il modello di sviluppo. Non si va da nessuna parte se in Italia ci sono persone che guadagnano centinaia di migliaia di euro all’anno e chi non arriva a fine mese. Ed è pura demagogia, anzi, fumo negli occhi, attaccarsi al fatto che ogni immigrato costi 40-45 Euro agli istituti di accoglienza, come fossero queste le spese pazze e scriteriate.
Se Renzi avesse ascoltato la vostra “Stato d’emergenza”, l’avrebbe definita un piagnisteo?
Solitamente non mi pongo il problema di cosa penserà Renzi della mia musica. Con quel pezzo abbiamo provato ad immaginare che fossimo noi, il popolo, noi uomini della strada a dichiarare lo ‘stato di emergenza’… E’ una provocazione, un modo per denunciare le iniquità di un sistema sbagliato, corrotto, che prima si scrive le regole e, quando gli stanno strette, le sospende e ne approfitta per farci pure qualche discreto affare.
I 99 Posse sono costantemente in tour: quali sono le impressioni che cogli nelle piazze?
Tanta rabbia, ma anche tanta gioia, tante differenze, tanti colori, tanta voglia di essere visti, ascoltati, compresi. Ma noto anche tanta confusione e tanta superficialità. Non saprei fare le proporzioni: l’impressione che colgo è che il parlare chiaro, l’essere sinceri e convinti senza però diventare professori o giudici di nessuno, è una cosa che la gente avverte ed apprezza, e se inserisci il tutto nel suo contesto, che è la musica, il cerchio si chiude.
«I social network sono un ammortizzatore sociale, ma la sostanza sta nel modo di immaginare il proprio futuro: i giovani hanno smesso di sognare»
È cambiato qualcosa rispetto ai “vostri” anni novanta?
Praticamente tutto, e in parte lo abbiamo cambiato anche noi. Purtroppo il grosso lo hanno cambiato loro, tocca ammetterlo: negli ultimi 20 anni sono riusciti a “neanderthalizzare” il livello del linguaggio e dell’agire della politica, dello spettacolo, della comunicazione e di conseguenza, anche dell’uomo comune. Una frattura profonda sta attraversando il paese e c’è chi crede di cavarne piccoli grandi spazi di agibilità politica.
Una frattura che è sempre più marcata tra Nord e Sud…
Quella tra Nord e Sud è un’altra frattura: se le metti insieme dividono il paese in quattro.
Perché il cittadino non si ribella?
Si ribella, eccome. E’ da quando è nata la Repubblica che lo fa. Ahimè, il modello di sviluppo è stato pensato e costruito a tavolino per lucrare su tutto: ecco la difficoltà, rendere le lotte sempre più popolari.
C’è chi dice: «Se non ci fossero stati Internet e i social, i giovani avrebbero già fatto la rivoluzione?»
I social network sono un ammortizzatore sociale, ma la sostanza sta nel modo di immaginare il proprio futuro: i giovani hanno smesso di sognare. Internet è un’oasi di riparo e, semmai, rappresenta una conseguenza naturale di un complesso di cose. Trenta o quarant’anni fa si stava ore ed ore nelle piazze, ora si chiacchiera online. La differenza è che, stando davanti ad un monitor, rabbia e noia raggiungono vette assai più elevate.
«Ho sempre preferito un buon agriturismo ai 5 Stelle, sono troppo rigidi e compartimentati, troppo seriosi e regolari per i miei gusti»
Torniamo al Sud ed ai (presunti) piagnistei di Saviano: tu da dove ripartiresti per ricostruire?
Il mio mestiere è un altro, tuttavia credo che il mezzogiorno sia pieno di risorse, di forza-lavoro, di creatività. Non si può non ripartire da questo. Del resto, sono circa 150 anni che noi meridionali sopravviviamo a stretto contatto con crisi e povertà, lottando duramente per ottenere la brutta copia di cose che altrove sono garantite. E non certo perché non siamo consapevoli della ricchezza della nostra terra e del nostro ingegno, e nemmeno perché ci piace soffrire. È il risultato di 150 anni di subalternità economica, politica e culturale e non di abbandono da parte dello stato, attenzione, ma di una scelta precisa da parte dello Stato, delle grandi aziende e della mafia. Mi fa sorridere Renzi quando pontifica: «Abbiamo un piano per il sud» Sapesse il piano che ha il Sud per lui…
Sorrentino, Garrone, Camilleri, Saviano, Battiato, Rodotà. Se questi, e altri intellettuali si mettessero insieme, potrebbe uscire fuori un manifesto programmatico per il Sud?
Certo che potrebbero. Ma che se ne farebbe il sud? Non ho mai creduto agli incontri organizzati di intellettuali ed ai manifesti che ne conseguono. Gli intellettuali dovrebbero stimolare la gente a farsi domande, a riflettere: le vere rivoluzioni partono dai comitati di quartiere, non dai salotti.
Oggi le rivoluzioni che partono dal basso fanno pensare al Movimento 5 Stelle…
Ho sempre preferito un buon agriturismo ai 5 Stelle, sono troppo rigidi e compartimentati, troppo seriosi e regolari per i miei gusti. I movimenti esistono da quando Grillo faceva il comico, e da allora si confrontano, si riuniscono in assemblee e nei cortei, ma anche nei posti liberati e nelle occasioni di stimolo culturale. Lottano e praticano l’illegalità, l’autodifesa, e la riappropriazione degli spazi, tutte cose che riguardano la vita reale, non il web, e che si affrontano nella vita reale, dove per camminare insieme serve un collante un po’ più forte della volontà. Che, nei fatti, diventa assoluta incapacità.