Il clamore seguito alla strage di Parigi ha inevitabilmente e comprensibilmente monopolizzato l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica, facendo passare in secondo piano il parere della Commissione europea sul Documento programmatico di bilancio (Dpb) per l’anno 2016 dell’Italia.
La procedura di valutazione dei Dpb è stata istituita nel 2013 nell’ambito del cosiddetto Two-Pack, al fine di valutare la conformità dei comportamenti e delle decisioni sui conti pubblici degli stati membri in relazione alle disposizioni del Patto di stabilità e di crescita (Psc).
La commissione utilizza per il suo giudizio sui documenti di bilancio una griglia strutturata in quattro distinti categorie: conformi, sostanzialmente conformi, a rischio di non conformità e non conformi.
I titoli dei principali giornali italiani hanno sintetizzato la valutazione della Commissione in un “via libera con riserva” dell’Europa alle legge di stabilità 2016 dell’Italia.
A osservare con maggiore attenzione, però, le cose non stanno esattamente come sono state descritte.
Se è vero, infatti, che solo con il “voto” peggiore, quello di “non conformità”, la Commissione può chiedere allo Stato membro interessato di presentare un Documento programmatico di bilancio riveduto, è altrettanto indiscutibile che il giudizio di “rischio di non conformità” dato all’Italia non rappresenta certo una sufficienza piena e assomiglia a quei 5/6 oppure 6— che studenti e professori hanno spesso interpretato in maniera assai differente.
Il giudizio di “rischio di non conformità” dato all’Italia non rappresenta certo una sufficienza piena e assomiglia a quei 5/6 oppure 6— che studenti e professori hanno spesso interpretato in maniera assai differente.
Seppur in un quadro di sostanziale condivisione dei dati e delle previsioni (aspetto importante e non marginale), la Commissione «è del parere che il Dpb italiano presenti un rischio di deviazione significativa rispetto all’Obiettivo di medio termine, tanto in termini di aggiustamento strutturale quanto di riduzione del debito: uno scostamento il quale, essendo basato su fattori che non presentano caratteri di temporaneità né di imprevedibilità, necessita di misure correttive».
Per dirla con i numeri, la Commissione evidenzia come nel 2016 le entrate siano previste in calo di 18 miliardi di euro (1,1% del Pil), a fronte di una riduzione della spesa di soli 3,5 miliardi (0,2% del Pil), elencando nel dettaglio le misure a impatto negativo sul deficit: mancato incremento Iva e accise (le clausole di salvaguardia rinviate al 2017), abolizione della tassa sulla prima casa, il taglio delle tasse di proprietà per terreni e macchinari, sussidi e altre misure per combattere la povertà e l’esclusione sociale.
La Commissione evidenzia come nel 2016 le entrate siano previste in calo di 18 miliardi di euro (1,1% del Pil), a fronte di una riduzione della spesa di soli 3,5 miliardi (0,2% del Pil)
Pur non richiedendo quindi una revisione o una riformulazione del Dpb, la Commissione continua a considerare l’Italia un sorvegliato speciale, anche per quanto riguarda la corretta finalizzazione della clausola di flessibilità europea verso una politica di investimenti.
Per quanto concerne il percorso di riforme strutturali, invece, la Commissione ha dati atto all’Italia di aver fatto alcuni progressi, invitando l’autorità italiana a proseguire nel processo avviato.
https://www.youtube.com/embed/DCvvq2TGwlA/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-ITInfine, tra le criticità rimarcate – vista l’opinione più volte espressa in materia – non potevano mancare «le recenti decisioni sulla tassazione degli immobili (il riferimento è agli interventi su Imu e Tasi contenuti nella legge di stabilità 2016, ndr)» che «non appaiono in linea con l’obiettivo di raggiungere una distribuzione delle tasse più efficiente e meno gravante sui fattori produttivi», la mancata riforma del catasto e una spending review che l’Europa vorrebbe diventasse «parte integrante del processo di bilancio, a tutti i livelli».
In definitiva, dunque, i conti pubblici italiani continuano ad essere uno degli osservati speciali della Commissione europea e in particolare a preoccupare è la discesa troppo lenta del debito pubblico, nonostante le condizioni esterne particolarmente favorevoli. Una bonaccia destinata, però, a non durare all’infinito: una nuova tempesta sui mercati del debito pubblico troverebbero l’Italia ancora troppo esposta e fragile.