Il ragazzo che ricicla i giubbetti di salvataggio dei migranti

Achilleas Souras, 15 anni di Barcellona, ha scritto al sindaco di Lesbo e si è fatto inviare 30 giubbetti di salvataggio inservibili. Li ha assemblati e ha realizzato un rifugio di accoglienza mobile. Per ora è l’opera starà al museo ma potrebbe essere un prototipo per future realizzazioni in serie

Quando pensiamo ai teenager di oggi ci vengono in mente subito gli youtuber, ragazzi fra i dodici ed i sedici anni che, armati di un cellulare o poco più, utilizzano le tecnologie per esprimersi, spesso creando contenuti banali ma che riscuotono milioni di visualizzazioni sui social media. Abbiamo la sensazione che i teenager vivano nel proprio mondo, anche perché non utilizzano più i normali canali d’informazione, hanno i loro strumenti e il loro pubblico. Ma questo non è un ritratto completo dei ragazzi di oggi. Poco tempo fa mi sono imbattuto nella storia di un quindicenne di nome Achilleas Souras che vive a Barcellona, nato in Inghilterra da madre austriaca e padre metà inglese e metà greco.

Questo ragazzo fin da bambino si appassiona non ai videogames ma ai Lego. Adora Star Wars e come tanti ragazzi della sua età costruisce le navi spaziali con i noti mattoncini. Ama il basket ma è appassionato di architettura, gli piace costruire, creare e ri(creare) ovvero ridare vita alle cose dopo che hanno fatto il loro corso.

Un giorno rimane particolarmente colpito dalla tragedia dell’ennesimo barcone pieno di profughi sbarcato sull’isola di Lesbo in Grecia, donne e bambini bagnati e infreddoliti con addosso solo i giubbetti di salvataggio. In quel momento si fa una domanda semplice: cosa ne sarà di tutti quei giubbetti? Verranno buttati via? Oppure si potrebbe trovare un modo per riciclarli? Achilleas decide di mettersi in contatto con il sindaco di Lesbo con l’idea di recuperare i giubbetti di salvataggio per dar loro una nuova vita. Grazie anche a una scuola superiore di Barcellona, riesce a farsene spedire una trentina di quelli utilizzati durante le fasi di soccorso in mare e gettati poi sulle spiagge. Achilleas ricorda il giorno che ha ricevuto il materiale: «quando ho preso in mano quei giubbetti, improvvisamente dei numeri sentiti al telegiornale si sono trasformati in esseri umani. Ho cercato di capire come erano stati utilizzati, sapevo di avere fra le mani storie di tante persone, è stato molto toccante».

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Achilleas ha l’idea di costruire un igloo utilizzando quei trenta giubbetti di salvataggio arancioni. Si arma di pochi strumenti, una pistola a cera liquida, una mini struttura, degli adesivi a strappo. Realizza così un “rifugio di prima accoglienza” dove i migranti potrebbero ripararsi appena sbarcati

Achilleas ha l’idea di costruire un igloo utilizzando quei trenta giubbetti di salvataggio arancioni. Si arma di pochi strumenti, una pistola a cera liquida, una mini struttura, degli adesivi a strappo. Realizza così un “rifugio di prima accoglienza” dove i migranti potrebbero ripararsi appena sbarcati. Non sa bene perché sta facendo tutto questo, non ha in mente di commercializzare un prodotto, anche se è consapevole che è una semplice idea che potrebbe andare a supporto di molte organizzazioni umanitarie. Achilleas preferisce che la sua opera di riciclo – che battezza Save Our Souls – serva più a comunicare un messaggio di speranza, l’igloo rappresenta una nuova vita per quegli oggetti che sono stati utilizzati per qualcosa di tragico, metaforicamente possono anche rappresentare la costruzione di un nuovo inizio di vita per tante persone.

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