I problemi generano problemi, e la mancanza di metodo nel risolverli genera ancora più problemi
Philip B. Crosby
So che la parola metodo non piace a molti. Richiama i concetti di fissità, standardizzazione, determinismo. Se aggiungiamo poi l’italica propensione all’improvvisazione, la parola metodo trova ancora meno calorosa accoglienza. Eppure anche chi ha grande talento non è alieno da un grande lavoro su se stesso fatto per acquisire metodo: per evitare che il proprio talento si esaurisca nell’estemporaneità.
Un metodo crea tre benefici: consapevolezza, controllo, risparmio di tempo.
Consapevolezza: la sintesi di un’esperienza fantozziana
Tempo fa proposi a mia figlia di insegnarle a guidare per la patente. Ero convinta che i miei oltre 25 anni di guida e la mia lunga esperienza mi avrebbero reso un’ottima insegnante. Domenica mattina, parcheggio di un centro commerciale, ore 7. Salimmo in macchina, mia figlia al posto di guida e io, calata nel mio ruolo di istruttore, seduta a fianco.
Iniziai a darle istruzioni in modo, a mio avviso, puntuale e preciso. Mia figlia mi guardava perplessa e ben presto la sua perplessità si trasformò in titubanza, fino ad uno scomposto smarrimento. Non riusciva a mettere in pratica le mie istruzioni, per lei incomprensibili, confuse e impraticabili. Ci sfinimmo reciprocamente: mia figlia mi chiese con evidente sarcasmo dove avessi rubato la patente! Bel risultato per dieci minuti di insegnamento! Tant’è: lei si sentiva frustrata nel suo ruolo di discente e io nel mio ruolo di docente, pagammo una scuola guida ed in poche lezioni si chiuse la cosa.
Fu lei ad illuminarmi nel dirmi: «Non ti offendere sai, ma il ragazzo della scuola guida (ragazzo??? Cioè più giovane di me e con meno esperienza…ecco la prima bordata a detrimento della mia autorevolezza) è stato capace di spiegarmi poche cose in modo semplice e ordinato, insomma con metodo».
Aveva perfettamente ragione: con metodo. Io penso di sapere guidare, ma lo faccio da tanti anni e oramai la mia è una forma di conoscenza inconsapevole: faccio, ma non saprei dire come. Io non ho mai razionalizzato la mia conoscenza di autista. Salgo in macchina e, grazie ad un automatismo, agisco di conseguenza, senza pensare troppo a come fare le cose, semplicemente le faccio.
I 3 danni della mancanza di consapevolezza
Nel guidare, e in altre cose, mi affido all’esperienza. L’assenza di consapevolezza, che solo la disponibilità di un metodo offre, mi ha fatto perdere autorevolezza verso mia figlia, ho fatto una figura da presuntuosa, ho sprecato tempo e denaro, avendo dovuto ovviamente poi pagare la scuola guida.
In più credo che l’assenza di un metodo e quindi di consapevolezza nella guida mi privino dell’opportunità di migliorare, mancando io di parametri oggettivi alla luce dei quali rileggere le mie azioni quando guido.
Ultimo aspetto non trascurabile: la consapevolezza che ci regala un metodo è uno strumento per attivare la crescita non solo personale, ma di coloro dei quali, da manager, si ha la responsabilità.
Fare qualcosa bene non significa essere capaci anche di trasmetterla costruttivamente e compiutamente agli altri.
Sarà capitato a tutti penso di avere insegnanti profondi conoscitori della loro materia, ma poco capaci di trasmetterla agli studenti. Ci sono bravissimi ex giocatori spesso ingaggiati come allenatori: ma le due cose non vanno necessariamente di pari passo.
Un navigatore per gestire le emozioni
Non dico che si debba sempre e comunque avere controllo su tutto, ma questo non contravviene all’idea che se decidiamo di avere controllo è bene disporre dei necessari strumenti.
Chi di noi sente la necessità di usare un navigatore per fare ogni giorno la stessa strada da casa all’ufficio e viceversa? Penso nessuno.
Se un giorno tuttavia accadesse un impedimento che ci distogliesse dal tragitto abituale e ci obbligasse ad uscire dalla nostra zona di confort, perdendo ogni riferimento, a quel punto disporre di un navigatore non ci tornerebbe utile?
Penso di sì, almeno per consentirci di non ritardare oltre l’arrivo a destinazione. Molti fattori possono farci smarrire la strada e un metodo può costituire, senza pretese di esaustività, un valido supporto per gestire al meglio gli imprevisti, conservando lucidità e controllo delle dinamiche relazionali.
Il tempo vola e noi siamo i piloti
Ho letto questa frase, ma non so di chi sia. E’ verissima comunque. Un metodo aiuta a gestire al meglio il tempo, della cui scarsità ci lamentiamo tutti sempre. Se ogni sera, quando torno a casa e preparo la cena, dovessi reinventare le ricette dei miei piatti, sarebbe un’impresa improba. Almeno per me!
Ricorriamo alle nostre ricette e nulla toglie che tutte le volte che vogliamo le si possa arricchire proprio grazie al nostro istinto, al nostro talento e alla nostra esperienza.
Un metodo cresce e migliora grazie all’esperienza appena vissuta e così via nel ciclo infinito della vita, dove ogni momento può costituire un’opportunità di consapevolezza dei nostri limiti e del loro superamento in un’ottica di crescita costante.
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Quanto a livello manageriale e nelle organizzazioni si misurano gli effetti dell’abuso del tempo e specularmente si utilizzano degli strumenti per ottimizzarlo nel quotidiano?
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Quanto ci costano accordi chiusi frettolosamente, invocando il bisogno di non buttare via quel tempo che noi stessi abbiano sprecato con mesi di trattative estenuanti ed inutilmente dilatate? Il tempo risparmiato non potrebbe essere dedicato per creare altre opportunità e chiudere altri accordi?
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Quante riunioni inutili, mail sproloquio, report ridondanti e tempo perso per tutto questo?