Il Vocabolario della Scrittura: C come Cura
“C” come Cura. La tentazione di associare la lettera “C” alla parola Chiarezza è stata forte. Poi, ha attirato la mia attenzione un articolo su Oriana Fallaci http://bit.ly/2cv1AF3 che ricorda la sua maniacale cura per la scrittura. Un’attenzione tale da indurla a riscrivere più volte anche semplici biglietti di ringraziamento.
“Scrivi da ubriaco e correggi da sobrio”, pare dicesse Ernest Hemingway. Ora, al di là del noto interesse per l’alcool da parte dello scrittore americano, il consiglio è molto valido.
Come durante una corsa, anche quando si scrive non ci si deve fermare. Si deve vincere la tentazione di interrompere per correggere qualsiasi tipo di errore. Riprendere è più difficile. Se proprio dobbiamo farlo, non cadiamo nell’inganno del “finisco la frase”. Lasciamola a metà: riprendere il filo dei pensieri sarà più facile, contrariamente a quanto si possa pensare.
Come durante una corsa, anche quando si scrive non ci si deve fermare. Si deve vincere la tentazione di interrompere per correggere qualsiasi tipo di errore. Riprendere è più difficile. Se proprio dobbiamo farlo, non cadiamo nell’inganno del “finisco la frase”. Lasciamola a metà: riprendere il filo dei pensieri sarà più facile, contrariamente a quanto si possa pensare.
Terminata la stesura del testo, dedichiamo tempo alla sua rilettura e correzione. Senza diventare ossessivi: non elimineremo mai tutti gli errori e troveremo sempre critici e detrattori. Che ci guidi però un pensiero: correggere con cura. È un esercizio di empatia e una forma di grande rispetto verso il nostro lettore.
Questo vocabolario parla di scrittura sul lavoro, che richiede velocità, per noi e per gli altri. Noi abbiamo poco tempo per scrivere e gli altri per leggere.
Se proprio non riuscissimo a rileggerci e correggere, non dimentichiamo di fare almeno una cosa: dare una veste grafica gradevole al nostro scritto.
Oggi leggiamo attraverso uno schermo che stimola la parte celebrale destra, quella più creativa del nostro cervello. Aiutiamo chi ci legge a non perdersi in una selva di parole e di paragrafi tutti attaccati.
Anche l’occhio vuole la sua parte e lo scritto reclama i suoi spazi.
Tre suggerimenti:
• non abusare degli elenchi puntati;
• non ricorrere eccessivamente al grassetto;
• non fare elenchi numerici se non li si riprende poi nel testo.
Non è necessario che la cura diventi un’ossessione e neppure l’affanno di foscoliana memoria – “[…] Sento gli avversi numi, e le secrete / cure che al viver tuo furon tempesta […]”, Ugo Foscolo, In morte del fratello Giovanni –, ma è bene ricordare che ogni attività di scrittura è una richiesta di attenzione che facciamo agli altri. Laddove mancasse la cura, se ne accorgerebbero subito.
Per chiudere, come diceva Pulitzer, con una perfetta sintesi “Esprimi il tuo pensiero in modo conciso perché sia letto, in modo chiaro perché sia capito, in modo pittoresco perché sia ricordato e, soprattutto, in modo esatto perché i lettori siano guidati dalla sua luce”.
Mettiamo cura nei nostri scritti e diffonderemo luce.A presto, con la lettera D.