FORO No Budget: se lavorare non costa niente

Modi irriverenti a autolesionisti di affrontare la questione del lavoro non pagato

«GRATIS» è una parola che attira e, nella maggior parte dei casi, è una leva motivazionale che funziona. Andremmo gratis a concerti di band che ci piacciono così-così, se “tanto è gratis” dedicheremmo un paio d’ore a film per i quali non saremmo mai disposti a pagare il biglietto del cinema, per una prima corsa/consegna/copia gratuita siamo pronti a riempire formulari e cedere nuove briciole della nostra privacy, per assaggini e gadget gratis ci mettiamo ben volentieri in coda.

In maniera che si può definire uguale e contraria, «GRATIS» è un concetto che si sposa malissimo con la nostra voglia di mettere a disposizione il nostro tempo e le nostre energie per una qualsiasi attività che non rappresenti al 100% uno svago, eppure, nel mondo del lavoro culturale e delle produzioni creative, spesso lavorare gratis è considerato la normalità. La premessa «non paghiamo», spesso accompagnata da «però, guadagnerai molto in termini di visibilità…» è una pillola tanto indigesta quanto ormai fin troppo comune da ingerire per chi lavora in alcuni settori, incluso quello dell’editoria, che sta particolarmente a cuore a me e probabilmente anche a te che stai leggendo Finzioni.

In un settore ormai saturo, l’equilibrio tra quelle che le riviste di business americane chiamano purpose e money, ovvero le due più grandi leve motivazionali che fanno alzare dal letto i lavoratori di tutto il mondo, pende drammaticamente dalla parte del purpose: i professionisti formatisi per diventare editor, giornalisti, scrittori, designer o illustratori accettano salari minimi e contratti ridicoli per portare avanti quello che per loro, oltre che un lavoro, rappresenta una passione, ed uno scopo: quello di poter continuare a raccontare il mondo. Dalla testardaggine (e un po’ anche dal masochismo) e dalla convinzione di poter comunque dar vita a progetti editoriali di qualità, nascono – online ma non solo – riviste, blog e associazioni culturali la cui esistenza si basa solo ed esclusivamente sulle energie di chi le crea.

È andata così anche la genesi di FORO – Un altro progetto NO BUDGET, di cui recentemente ho avuto occasione di leggere il primo numero. Si tratta di una rivista autoprodotta, che ha le sembianze di un flyer e l’obiettivo di raccontare il precariato «dal punto di vista di chi lo vive da dentro», attraverso formati creativi: racconti e illustrazioni. Il progetto andrà avanti fino all’inverno con l’uscita di quattro numeri.

La cosa che mi ha colpito di più di FORO No Budget è il modo allo stesso tempo irriverente e autolesionista di affrontare la questione: nel settore della cultura non ci sono soldi per fare cose? Benissimo, noi ve lo spiattelliamo davanti mettendo in piedi un nuovo progetto che esiste soltanto grazie alle nostre energie e alla nostra passione. È una sorta di riedizione necessaria del motto «Get rich or die tryin’», e forse rispecchia il modo di pensare di tutti i precari impiegati in questo settore, o di quelli che proprio per questo scelgono di avere un altro “lavoro vero” e di investire poi il proprio tempo libero su progetti a finanziamenti zero come riviste letterarie, blog e simili.

Ho chiesto un commento in proposito a Claudia Oldani, direttrice editoriale della rivista, e lei mi ha spiegato che FORO No Budget è nato con un approccio ironico. «Lavoriamo gratis, ma non c’è niente di amatoriale, ci siamo assunti da soli. Selezioniamo professionalità complesse e ben formate e le raccontiamo in un prodotto che dice: su di noi vale la pena investire.»

La rivista è stata presentata in anteprima durante la Milano Design Week dello scorso aprile, ed è un progetto curato dallo studio di architettura e design FORO Studio, sotto la direzione editoriale di Claudia, accompagnata dall’editing di Federica Riccardi. La collaborazione appare curiosa, ma Salvatore Ponzo, architetto ed exhibition designer per FORO Studio, ci ha parlato del legame tra editoria ed architettura: «Il design, la grafica e i prodotti editoriali sono aree distinte e che richiedono competenze specifiche – però capita lavorino spalla a spalla, su uno stesso progetto. FORO Studio offre gli strumenti e i modi di questa intersezione.»

Per il primo numero, sono state scelte illustrazioni di Chiara Ghigliazza, Claudia Bernardi, Anna Magni, Michelangelo Nigra e Astrid Wolff, mentre il racconto di Noemi Milani, che parla di una coppia alle prese con una decisione difficile, rappresenta appieno il manifesto della rivista, cioè il desiderio, sentito come una necessità, di parlare della quotidianità dei lavoratori precari.

Individuare gli autori giusti, creare i contenuti più adatti e arrivare ad un risultato curato e dal formato accattivante come quello di FORO No Budget non è semplice, richiede dedizione e massima concentrazione sul proprio lavoro. In questa fase, per quello che a tutti gli effetti è un lavoro, anche se sorretto dalla passione, il peso del concetto di gratuità sotteso ad ogni singola attività può pesare enormemente sulla qualità di ciò che si fa. Ma se il magazine di cui stiamo parlando nasce consapevolmente come un prodotto no budget, in ogni transizione lavorativa sapere di non essere retribuiti o quasi per lavorare ad un progetto può compromettere la qualità del progetto stesso. Quanti saranno gli autori e gli illustratori disposti a prendere parte a un progetto sapendo che non toccheranno un soldo o che saranno retribuiti male e oltre le scadenze pattuite? L’autore designato avrà voglia di fare quella revisione in più? Secondo l’editor Federica Riccardi basta mettere essere trasparenti fin da subito e remare verso l’obiettivo comune: «I tempi di un lavoro “no budget” sono lunghi, quindi ci organizziamo di conseguenza. I termini delle collaborazioni sono chiari dal principio; quando si lavora insieme l’atmosfera è positiva. Le revisioni sono faticose, ma l’obiettivo comune è quello di un magazine estremamente curato.»

Eppure, ironicamente, quando si mette in piedi un progetto come FORO No Budget ci si sente, da un certo punto di vista, ancora più motivati ad andare fino in fondo, non solo dal punto di vista della qualità del lavoro sul quale si appone la propria firma, ma anche dal punto di vista del desiderio di permettere al messaggio di arrivare il più lontano possibile, il che, per un progetto che resta ancora molto legato alla carta e al passaparola, si traduce innanzitutto in una distribuzione che, partendo da alcune librerie milanesi, si sta proponendo di diventare sempre più capillare, avendo già toccato Venezia e presto Genova, oltre ad essere finita un po’ ovunque grazie alla box delle meraviglie Hoppìpolla nel mese di maggio. E poi, naturalmente, si fa l’equivalente di ciò che nelle proteste (e in tutte le occasioni in cui si vuole dar voce alle proprie idee) è lo scendere in piazza, ovvero, si discute del progetto con il pubblico, come il team di FORO No Budget ha fatto ad esempio lo scorso maggio durante l’evento Questo Libro Me lo Bevo, al Salone OFF di Torino, e a Milano Dentro/Fuori alla Gogol & Company di Milano. Sempre Claudia Oldani ci dice: «Siamo una rivista giovanissima, quando ci invitano agli eventi ci sentiamo chiamati alla lavagna. Chi ci legge si identifica nel messaggio, ma anche nel duro lavoro che ci sta dietro. Spiegarci dal vivo, andare oltre il magazine è un’opportunità e una sfida inaspettata.»

A fronte di tutte le energie spese per creare e portare avanti FORO No Budget, mi viene in mente una citazione che lo stesso team di FORO riporta nel presentare la rivista: «[è giusto che non vi paghi, perché] tanto voi vi divertite a fare questa roba». Su questo mantra si basa la giustificazione per tutto: i contratti precari, gli stipendi risicati, la promessa di visibilità anziché di un compenso. Questo modo di pensare sottintende un messaggio chiaro «il vostro non è un lavoro, ma è ciò che vi divertite a fare». Eppure, se la seconda cosa può esser vera, la prima senz’altro non lo è, e se è chiaro che, soprattutto nel mondo del lavoro attuale, si può essere disposti ad accettare qualche compromesso per poter fare il lavoro “dei sogni”, il troppo stroppia e diventa abuso.

Forse dovremmo tutti fermarci un attimo e pensare, io e anche tu che stai leggendo Finzioni, a quanti euro saremmo disposti a spendere per ognuno dei prodotti editoriali di cui usufruiamo gratis, online e non, o quanti soldi abbiamo speso negli ultimi 2-3 anni per riviste “di nicchia” o libri di case editrici indipendenti che non avevano il vantaggio del prezzo “da edizione tascabile” o “da cesta del supermercato” ma, grazie al modo in cui erano editati e presentati, avevano qualcosa in più. Anche se la vostra risposta non sarà il battito d’ali di farfalla che rivoluzionerà il mondo dell’editoria, questo è il modo più immediato per riflettere su quanto saremmo in realtà disposti a retribuire in maniera migliore il lavoro culturale fatto bene.

Mentre pensate alla vostra risposta a questa domanda, il team di FORO ha messo online il primo numero della rivista e sta ultimando il numero estivo, che conterrà un racconto di Marco Pinnavaia che ha a che fare con una carta da parati stravagante ed una mistica banconota. A Milano e Venezia continuerete a trovare FORO No Budget in queste librerie:

– Gogol & Company (via Savona 101, MI)

– Spazio B**K (via Porro Lambertenghi 20, MI)

– OPEN (viale Monte Nero 6, MI)

– Mare Culturale Urbano (via Gabetti 15, MI)

– Corraini 121 (via Savona 17, MI)

– Libreria Marco Polo (Sestiere Dorsoduro 2899, VENEZIA)

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