Se volete trovare qualcuno che smentisca l’idea che internet, il digitale e più in generale l’innovazione non siano cose per il piccolo commercio e per le botteghe di prossimità, andate a Pordenone e cercate Antonio Follador. Professione panificatore, Antonio rappresenta la seconda generazione dello storico panificio del capoluogo friulano. Uno che ha capito, soprattutto, che la panificazione tradizionale stava perdendo smalto e che sarebbe stato necessario un cambio di passo. E che, per l’appunto, tecnologia e tradizione potevano camminare a braccetto per rivoluzionare uno dei settori più tradizionali che esistono.
Una rivoluzione che inizia dal prodotto, non dai servizi: «Se volevamo cambiare marcia era necessario iniziare cambiando il pane che producevamo, lasciando spazio a nuovi sistemi per ottenere prodotti più funzionali e più vicini ai bisogni del consumatore», racconta Follador. Nuovi grani e nuove farine, quindi, molto più ricercati e costosi – fino a dieci volte tanto – rispetto a quelli del pane industriali e nuovi (e antichi) metodi di macinazione a pietra e lievitazione naturale, «necessari per differenziare il prodotto, per esaltarne le caratteristiche e la digeribilità».
Tutto giusto. Soprattutto, tutto necessario per sfidare l’ultimo tabù della panetteria tradizionale, l’idea che il pane debba necessariamente durare al massimo ventiquattro ore prima di diventare vecchio: «Ormai nessuno ha più tempo di andare tutte le mattine in panetteria, se non gli anziani – spiega Follador – e questo cambiamento dei costumi e delle abitudini sta relegando il pane da panetteria in una nicchia ridotta e difficile. Soprattutto perché se fai il pane col lievito di birra sei obbligato a svegliarti tutte le notti per produrlo». Ecco la soluzione, quindi: pagnotte da un chilo, un chilo e mezzo, fatte col lievito madre, che durano sette o otto giorni: «Tu non devi uscire tutti i gironi per comprarlo, io non mi devo alzare di notte a farlo», afferma Follador.
«Ormai nessuno ha più tempo di andare tutte le mattine in panetteria, se non gli anziani – spiega Follador – e questo cambiamento dei costumi e delle abitudini sta relegando il pane da panetteria in una nicchia ridotta e difficile. Soprattutto perché se fai il pane col lievito di birra sei obbligato a svegliarti tutte le notti per produrlo»
La rivoluzione non finisce qui. Anzi, è qui che l’innovazione digitale inizia a fare la sua parte: «Grazie all’aiuto di Botteghe Digitali e ai consigli dei suoi specialisti stiamo lanciando un’iniziativa che si chiama Pane in Cassett@ – spiega Follador -. Funziona così: tu ordini dal nostro sito e ti arriva a casa, direttamente nella cassetta della posta, un kit personalizzato di prodotti appena sfornati, consegnato direttamente a domicilio e contenente ciò che desideri». Un’attività, questa, che ha l’obiettivo di migliorare il servizio, di educare il cliente alla consapevolezza di ciò che mangia e di fargli vivere un’esperienza nuova, come quella di ricevere a casa il pane attraverso l’ecommerce, come se fosse un paio di scarpe. Lo stesso principio, a bene vedere, alla base dell’idea di invitare due cliente a settimana a fare il pane con i panettieri che lavorano da Follador.
La prossima sfida? La più difficile. Ampliare il mercato, provando a travalicare le frontiere della dimensione locale di Pordenone e dintorni. La partecipazione a fiere come Goàrmandia, Golosaria e soprattutto Seeds & Chips – a Milano, quella dove ha presenziato come oratore pure Barack Obama – sono il primo passo verso questa nuova proiezione: «Da Botteghe Digitali stiamo imparando soprattutto che se applichi metodo e procedure ai tuoi sogni, nessun risultato è precluso», chiosa Antonio Follador. Nemmeno quello di diventare panificatori digitali.
Botteghe Digitali è il progetto di Banca IFIS dedicato al Made in Italy 4.0