L’Italia con un aumento del solo 4,8% dell’occupazione femminile può crescere fino al 7% in più. È quanto emerge da uno degli ultimi report della Banca d’Italia, secondo cui l’effetto sul Pil sarebbe addirittura “automatico”. L’Italia, in quanto alla partecipazione femminile al mercato del lavoro, è tra i peggiori d’Europa: un timido 55,2%, che ci pone davanti solo a Macedonia (50,8%) e Turchia (36,2%). Un quadro sconsolante, aggravato dal gap presente anche nella creazione di imprese: quelle create da donne sono solo 1,3 milioni, poco più del 20% del totale. Interessante, però, è notare la specializzazione delle imprese “in rosa” in settori specifici: più del 50% è legato ai servizi della persona, il 38% nella sanità (soprattutto nell’assistenza sociale residenziale e non residenziale) e poco più di un quarto tra noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese.
L’iniziativa imprenditoriale femminile è, fra l’altro, anche una risposta al difficile contesto occupazionale che le donne devono fronteggiare. Trovare offerte di lavoro retribuite in maniera equa è sempre più difficile per le donne, che per ovviare a questa difficoltà si “rifugiano” nell’imprenditoria. La loro iniziativa è spesso mirata in alcuni settori specifici, legati soprattutto al Made in Italy: secondo gli ultimi dati Unioncamere, ad esempio, quasi il 43% delle attività a conduzione femminile riguarda il confezionamento degli articoli di abbigliamento, attività tipicamente italiana. Le “imprese rosa”, inoltre, sembrano avere un’attenzione maggiore rispetto a quelle a conduzione maschile sui fattori immateriali chiave, come innovazione, marketing ed internazionalizzazione.
’Italia, in quanto alla partecipazione femminile al mercato del lavoro, è tra i peggiori d’Europa: un timido 55,2%, che ci pone davanti solo a Macedonia (50,8%) e Turchia (36,2%). Un quadro sconsolante, aggravato dal gap presente anche nella creazione di imprese: quelle create da donne sono solo 1,3 milioni, poco più del 20% del totale. Ma le “imprese rosa”, inoltre, sembrano avere un’attenzione maggiore rispetto a quelle a conduzione maschile sui fattori immateriali chiave, come innovazione, marketing ed internazionalizzazione
Porre le donne al centro del proprio business, dunque, può rivelarsi un asset per gli imprenditori. In questo senso vanno le esperienze di Vetrya SpA e Pegaso Srl, entrambe fresche vincitrici del premio Woman Value Company 2017, categoria speciale della “Mela d’oro”, premio Marisa Bellisario, promosso da Intesa San Paolo. Le due imprese, per conquistare la vittoria del premio, hanno mostrato di aver attuato politiche concrete ed innovative per incoraggiare la parità di genere.
Vetrya è un’impresa impegnata nello sviluppo di servizi innovativi per reti di telecomunicazioni a banda larga, la cui sede ad Orvieto rimanda ad un campus in pieno stile Silicon Valley. È stata premiata per l’approccio alla diversità- sia essa di genere, di razza o di religione- considerata una grandissima risorsa. Pegaso, guidata da due sorelle, è invece composta al 90% da lavoratrici. Produce integratori alimentari, con un occhio di riguardo alla salute delle donne: il loro claim è, infatti, “C’è un altro modo di stare bene”. In un contesto povero di iniziative che sponsorizzino la parità di genere, storie di questo tipo sono di vitale importanza. La parità di genere, infatti, deve essere un obiettivo politico serio, non solo per motivi etici, ma anche pratici e costituzionali: da una maggiore partecipazione femminile l’Italia non può che guadagnarci.