Caro Dibba, ci hai preso in giro. Proprio adesso che ci eravamo abituati alla tua presenza saluti tutti e te ne vai. La notizia è di poche ore fa e ha preso alla sprovvista l’intero mondo grillino. Alessandro Di Battista, voto noto del pentastellati e frontman dei Cinque Stelle, annuncia il suo addio alle scene e lascia il Parlamento. «Quando ti nasce un figlio – spiega su Facebook – inizi a pensare moltissimo al tuo futuro, alle tue reali aspirazioni, ai tuoi sogni. E tra i miei sogni c’è la scrittura: continuare a combattere dal punto di vista politico anche attraverso la controinformazione e la scrittura».
Non si ricandiderà alla Camera, vuole dedicarsi ai libri e alla prole. E bravo Di Battista. Una scelta radicale, tanto di cappello. Intendiamoci, mica eravamo tutti dalla sua parte. Però ci aveva illuso. La sua ascesa politica sembrava quella di un vero leader. Uno dei pochi esponenti del Movimento Cinque Stelle a bucare il video. Capace di tenere un discorso a braccio nell’aula di Montecitorio e di gestire un dibattito in diretta tv. Un piacione, perché no. Dopotutto serve anche quello. Uno in grado di ammaliare le folle e riempire le piazze, e di questi tempi non è poco. Non a caso, nel giro di pochi Di Battista anni è diventato uno dei protagonisti dell’esperienza grillina. Il volto più amato dagli elettori Cinque Stelle, il più raccontato e ricercato dalla stampa. Punto di riferimento del Movimento insieme a Di Maio, il candidato premier ufficiale ma così fastidiosamente vicino al Palazzo. Ecco la sua vera forza: in questa legislatura l’immagine di Dibba ha rappresentato l’essenza stessa del grillismo, almeno nelle intenzioni delle origini. Il cittadino qualunque prestato alla politica.
Adesso, senza preavviso, saluta tutti e se ne va. Di Battista ammette che aveva maturato la decisione già da un po’ di tempo. «È una scelta di cuore – racconta – prima di entrare in Parlamento mi occupavo di cooperazione internazionale, scrivevo per il blog. È quello che voglio continuare a fare per un po’, dall’estate prossima e quindi dopo la campagna elettorale: partire e andare in alcuni luoghi del mondo per raccogliere idee, esperienze, proposte di politica innovativa».
Non si ricandiderà alla Camera, vuole dedicarsi ai libri e alla prole. E bravo Di Battista. Una scelta radicale, tanto di cappello. Intendiamoci, non eravamo tutti dalla tua parte. Però ci avevi illuso. La tua ascesa politica sembrava quella di un vero leader
Sembrava destinato a una lunga carriera da leader, invece sarà solo l’ennesima meteora della politica italiana. Al netto di ripensamenti sarà ricordato come una delle tante comete del Palazzo, luminosa e velocemente scomparsa all’orizzonte. Di carriere bruciate dopo tante aspettative ne sono pieni gli archivi. L’esempio più famoso è probabilmente Mario Monti. Il professore che doveva salvare il Paese, sparito nel giro di pochi mesi. Dopo la breve parentesi del governo tecnico, nel 2013 si era presentato alle elezioni per confermare la sua leadership con il consenso popolare. Ma gli italiani gli hanno voltato le spalle. Quante aspettative deluse…. Da Palazzo Chigi al gruppo misto del Senato, ormai di quell’esperienza se ne sono perse completamente le tracce.
La lista delle meteore è lunga e trasversale. La destra ha assistito con sorpresa all’ascesa – e al rapido declino – del progetto politico di Gianfranco Fini. Ennesimo leader rimasto senza voti dopo aver cercato di emanciparsi dal Cavaliere. A sinistra c’è una collezione di progetti tramontati a dispetto delle grandi attese. Le liste Tsipras, le Rivoluzioni civili, le liste arcobaleno. E ancora Popoli viola, arancioni, girotondi…. E poi ci sono i leader solitari. Convinti di poter conquistare da soli l’entusiasmo della gente. Partiti con il piede giusto e rapidamente scomparsi nel dimenticatoio della politica.
Roma ha assistito alla parabola di Alfio Marchini, candidato sindaco della Capitale in grado di attirare l’attenzione dei media e della politica. A un certo punto sembrava diventato l’uomo giusto per guidare il centrodestra italiano. Ma dopo due campagne elettorali da protagonista, e altrettante sconfitte, è sparito dalla scena pubblica. Corrado Passera sognava di guidare il Paese. Sfruttando l’onda lunga del montismo ha dato vita a Italia Unica, il partito che aspirava a conquistare il centrodestra. Alla fine si è arreso anche lui.
Adesso tocca a Di Battista, astro nascente già pronto a uscire di scena. A differenza degli altri non lascia dopo una sconfitta, la sua è una scelta di vita. Definitiva, chi lo sa? Nulla gli vieta di tornare in campo tra qualche anno, dopo un periodo lontano dalla ribalta. Secondo i principi del Movimento, del resto, Dibba ha dritto a un altro mandato in Parlamento. Forse è presto per immaginare il futuro. In ogni caso alle elezioni mancano alcuni mesi, il giovane deputato grillino può ancora cambiare idea. Dopotutto non sarebbe la prima volta che un leader politico annuncia il suo ritiro, salvo poi ripensarci. Vero, Matteo Renzi?