Salvini, il Sud è ancora lontano

Il leader leghista conferma la linea, via il Nord dal simbolo per conquistare la guida del governo con un messaggio nazionale. La sua agenda al Sud è fittissima, diversi parlamentari meridionali lo appoggiano. Ma i numeri dicono che la strada è ancora in salita

La linea è confermata, non ci sono ripensamenti. Matteo Salvini considera il suo partito una forza politica nazionale. Nel simbolo elettorale che lo accompagnerà alle Politiche della prossima primavera accanto al nome Lega non comparirà più la parola Nord. In questo modo il segretario conta di raccogliere quanti più voti possibile per quello che è ormai il suo unico progetto elettorale: se stesso. Il marchio Salvini, o Salvini premier, è l’offerta politica della nuova Lega, che ha deciso di innestare nelle sue salde radici al Nord (le uniche che ha per il momento) un messaggio che parli anche al resto d’Italia. Sud compreso. Un messaggio che fa presa sulle identità calpestate dalla globalizzazione e che prende di mira l’immigrazione, i grandi gruppi economici, l’Europa. Qualcosa di più vago di una precisa rivendicazione territoriale, come ai tempi di Umberto Bossi. Che infatti lo contesta, insieme a una minoranza di dirigenti che vaticina: così facendo la Lega perderà voti al Nord.

Salvini tira dritto per la sua strada. Corre da più di tre anni su e giù per l’Italia in maniera ossessiva: non pochi, anche fra i suoi stessi compagni di partito, hanno notato che durante la recente campagna per i referendum sull’autonomia di Lombardia e Veneto, il segretario leghista è rimasto molto più concentrato sulle elezioni regionali della Sicilia che sulle sorti di quella che un tempo, in via Bellerio, avrebbero chiamato Padania. Salvini si è speso più a Catania che a Milano: ma questo suo sforzo nel conquistare le simpatie del Sud sta davvero pagando? In termini mediatici, sì. Con il suo marchio politico, il segretario calca la scena nazionale quotidianamente. Se un tempo si fiondava con bandiere e megafono a denunciare un fattaccio di cronaca o a sostenere una protesta o a fare propaganda per qualche suo candidato, lo faceva soprattutto in quella che è stata la circoscrizione elettorale che lo ha più volte eletto all’Europarlamento: il vecchio triangolo Milano-Torino-Genova. Ora questi confini non esistono più. E non esiste più solo la Lega: quando si parla del Sud, si parla di un movimento politico gemello che è presieduto da Salvini ma non dipende dalle gerarchie leghiste. Si chiama “Noi con Salvini”, e dalla fine del 2014 ha uffici in Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.

Salvini tira dritto per la sua strada. Corre da più di tre anni su e giù per l’Italia in maniera ossessiva: qualcuno ha notato che durante la recente campagna per i referendum sull’autonomia di Lombardia e Veneto, il segretario leghista è rimasto più concentrato sulle regionali in Sicilia che sulle sorti di quella che un tempo, in via Bellerio, avrebbero chiamato Padania. Salvini si è speso più a Catania che a Milano

L’agenda del segretario è fitta. Salvini è stato in Puglia alla fine di settembre, nelle prossime settimane ci tornerà per un vertice con gli amministratori locali che hanno aderito al suo progetto. Il 25 novembre sarà a Cagliari per la prima manifestazione di piazza “leghista”. Pochi giorni dopo volerà in Campania, per un incontro coi sostenitori nel Casertano. Entro Natale, è stata annunciata anche una visita in Calabria. Va avanti così da tre anni. E poi c’è Roma, la capitale un tempo tanto vituperata: Salvini è di casa, ormai. Non solo perché lì ci vive la nuova compagna, Elisa Isoardi. Numerose sono anche le conferenze stampa a Montecitorio. E le visite nelle periferie a rischio: risale appena all’altro giorno l’ultima diretta Facebook del segretario leghista, in collegamento dal campo rom a via di Salone (le forze dell’ordine avevano appena concluso una decina di arresti).

I numeri però dicono che a questo attivismo mediatico – che serve nella competizione interna al centrodestra con Silvio Berlusconi, per decidere chi sarà il leader della coalizione – non corrisponde ancora una consistente forza elettorale di Salvini al Sud. Dopo i tiepidi risultati ottenuti nelle regioni meridionali alle amministrative del 2016 (Noi con Salvini ha per esempio preso il 2,7 per cento a Roma e l’1,9 per cento a Caserta), il Carroccio si è appena misurato alle Regionali in Sicilia. Il segretario ha voluto giocare la campagna elettorale in prima persona, girando in lungo e in largo l’isola nell’ultima settimana prima del voto. Ma i risultati ottenuti non sono di facile lettura. La lista schierata a sostegno di Nello Musumeci – dove insieme a Noi con Salvini c’era Fratelli d’Italia – ha raccolto in tutta l’isola 108mila voti. Un 5,6 pr cento dove il peso degli alleati di destra può essere stato preponderante, anche per ragioni di radicamento territoriale. In cinque province la lista salvinian-meloniana non è neppure riuscita a superare la soglia di sbarramento del 5 per cento. Spiccano, in negativo, il 2,1 per cento ottenuto a Trapani e il 2,3 per cento di Agrigento. Per valutare la scommessa di Salvini, dunque, può essere utile un paragone con il passato. Alle ultime Europee, nelle regioni del Sud la Lega aveva raccolto davvero poco, pur non avendo ancora fondato Noi con Salvini. In Sicilia solo 14.648 preferenze, pari allo 0,99 per cento. Peggio ancora era andate alle politiche del 2008. Chi conosce la storia del Carroccio, però, volge lo sguardo ancora più indietro. Si scopre così che i migliori risultati in terra sicula li ottenne, ormai dieci anni fa, proprio Bossi. Alle Politiche del 2006 la Lega Nord si era infatti presentata insieme al Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo. E le percentuali di quella tornata elettorale raccontano un mezzo successo. Quattro eletti tra Camera e Senato, con un picco di 99.618 voti nella sola circoscrizione Sicilia 2, pari al 6,54 per cento (il 4,10 al Senato).

I numeri però dicono che a questo attivismo mediatico – che serve nella competizione interna al centrodestra con Silvio Berlusconi, per decidere chi sarà il leader della coalizione – non corrisponde ancora una consistente forza elettorale di Salvini al Sud. Dopo i tiepidi risultati ottenuti nelle regioni meridionali alle amministrative del 2016, il Carroccio si è appena misurato alle Regionali in Sicilia

La strada per Salvini al Sud è, dunque, ancora in gran parte da esplorare. La sua convinzione è che queste percentuali saranno ben diverse alle Politiche, dove più che questioni amministrative conterà l’abilità del leader nel mobilitare il voto di opinione. In attesa di verificarlo, il leader leghista è stato molto attivo in questi mesi nell’arruolare nuove truppe. Molto si è mosso, per esempio, nel gruppo parlamentare della Camera, guidato dal friulano Massimiliano Fedriga. Ormai da mesi proseguono gli ingressi di nuovi deputati arruolati alla causa nazionale. Tra i vicepresidenti del gruppo c’è Barbara Saltamartini, storica esponente della destra romana. Eletta con il Popolo della libertà – con un successivo, breve passaggio con Angelino Alfano – la parlamentare un tempo vicina a Gianni Alemanno è una dei leghisti più attivi a Montecitorio. Poi c’è il catanese Angelo Attaguile, uno dei primi deputati meridionali a raccogliere la sfida di Salvini. Non l’unico siciliano: Alessandro Pagano, coordinatore per le province occidentali dell’isola, ha aderito al gruppo un anno fa, anche lui dopo un breve passaggio con Area Popolare. Tra gli ultimi ingressi spicca il messinese Carmelo Lo Monte, deputato alla terza legislatura. Mentre nel maggio del 2016 è entrata a far parte del gruppo parlamentare leghista anche la napoletana Giuseppina Castiello, eletta nel centrodestra. Sicilia, Lazio, Campania.

Gli ultimi arrivi risalgono a pochi giorni fa e riguardano due deputati pugliesi. Sono il barese Nuccio Altieri e il brindisino Roberto Marti. Entrambi erano fedelissimi di Raffaele Fitto, prima di essere folgorati sulla via del leghismo. A celebrare il passaggio nel Carroccio, con una breve conferenza stampa alla Camera, c’era anche Andrea Caroppo, già esponente di Forza Italia che ha portato lo spadone di Alberto da Giussano nel Consiglio regionale pugliese. Avanguardie leghiste nel tacco d’Italia.

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