Una volta era un grande torrente, ora è solo un piccolo corso. Il Giordano si è ridotto e, al tempo stesso, si è riempito di scarichi di fogna e rifiuti agricoli. Il 95% della sua portata viene utilizzato per l’agricoltura, e perfino la sua fonte principale, cioè il Lago di Tiberiade, è stato chiuso da dighe per anni (per evitare che sparisse). Insomma, del fiume in cui Gesù venne battezzato, non è rimasto quasi niente. Quel poco che c’è ancora, è inquinato.
Da un lato il cambiamento climatico, dall’altro il sovrasfruttamento, le guerre e la cattiva gestione. È così i simboli fondamentali per le tre religioni monoteiste, come appunto il Giordano e il Lago di Tiberiade, rischiano di scomparire.
Quest’ultimo, per esempio, dopo cinque anni di siccità, ha visto il livello della sua superficie diminuire di 100 metri (con conseguenze impreviste, come ad esempio la comparsa di nuove isole), avvicinandosi alla soglia della “linea nera”, cioè quella in cui l’acqua smette di essere considerata dolce e diventa salata. Una situazione nera, in cui sparisce la vita e l’acqua smette di essere utilizzabile per l’agricoltura: diventerebbe come il Mar Morto. È un fatto grave perché la salinizzazione delle acque non è reversibile.
Che fare? Per ora l’unico rimedio messo in campo è quello (dai contorni quasi biblici) di invertire la tendenza, prendendo acqua dal mare, desalinizzarla e poi riversarla nel lago. È poco, ma meglio che niente. Il problema è che tutta l’operazione costa tantissimo ed è impegnativa. Una volta che il livello del lago sarà più alto, allora si potrà intervenire e aprire le dighe che stanno condannando il fiume Giordano.
Nel frattempo, i fedeli che vogliono battezzarsi nel luogo della tradizione, quello in cui – per capirsi – fu battezzato anche Gesù Cristo – sono costretti a spostarsi più a nord. Un po’ a causa dei conflitti, un po’ per trovarsi in una situazione più pulita dal punto di vista ambientale. Più simile, per capirsi, a quella di 2000 anni fa.