Elettrica, connessa, condivisa, multimodale. È questa la nuova mobilità urbana che sta prendendo piede lentamente nella Penisola, dal nord a sud Italia, per ridurre lo smog, affrontare la sfida imposta dai cambiamenti climatici, ma anche per rendere e avere città più sostenibili e vivibili. A testimoniarlo in primis i dati del primo rapporto sulla mobilità a emissioni zero in Italia dal titolo “Le città elettriche”, realizzato da Legambiente in collaborazione con MotusE e presentato in questi giorni all’ExpoMove di Firenze, che analizza i dati dei 104 capoluoghi italiani attraverso diversi indicatori: dalla disponibilità di mezzi elettrici, all’inquinamento, al tasso di motorizzazione, alla presenza di piste ciclabili, al modal share, realizzando una prima mappatura sull’offerta di mobilità a zero emissioni su tutto il territorio nazionale. Il tasso di motorizzazione cala in quasi tutte le città d’Italia e non è un caso se, ad esempio, il capoluogo lombardo in vent’anni ha perso ben 100mila auto e guadagnato altrettanti abitanti, grazie a ad ambiziose politiche locali e agli strumenti che ne conseguono, tra tutti l’attivazione dell’Area B (low emission zone) dopo il successo dell’Area C (Congestion).
Il dato interessante che emerge dal nostro report è che è in atto, dunque, una vera propria rivoluzione della mobilità urbana. Nella Penisola sempre più persone decidono di spostarsi in città con mezzi non inquinanti: in bicicletta o e-bike, con i mezzi pubblici a trazione elettrica, compresi i treni urbani o anche a piedi. E soprattutto ci si muove sempre più smart, connessi e multimodali. Tra le grandi città si distingue Milano, dove questi spostamenti rappresentano ormai più del 50% del totale, “tallonata” da Napoli che ha una buona performance soprattutto negli spostamenti green al 50% e l’accessibilità al 34%. A Bologna l’accessibilità raggiunge ad esempio il 40% e gli spostamenti a zero emissioni (elettrici, bici, a piedi) rappresentano il 39%. A Torino a fronte di un’accessibilità (Tpl + bici +sharing) del 27% gli spostamenti zero emissioni sono il 40%. Ancora, a Genova il 39% degli spostamenti è zero emissioni (accessibilità 36%); a Firenze il 17% (accessibilità 26%) e a Roma il 20% (accessibilità 27%). I dati sulla città eterna non ci stupiscono. La Capitale, che domani ospiterà la seconda edizione del Gran Premio di Formula E, vivrà solo per un giorno e intorno alla Cristoforo Colombo l’emozione di una città senza auto inquinanti. Finita la corsa, tutto tornerà come prima con una città piena di problemi, stretta nella morsa del traffico, e con una mobilità insostenibile segnata da continui ritardi, guasti e disservizi, e mezzi pubblici molto datati.
Dobbiamo convincerci del fatto che uscire dall’inquinamento che contraddistingue i nostri centri urbani è possibile e al contempo possiamo riappropriarci di piazze e strade, rendendo più vivibili e sicure le nostre città
Eppure proprio la mobilità elettrica rappresenta oggi una bella sfida per le grandi città e un tassello importante nella rivoluzione urbana in atto. Dallo scorso anno ad oggi – secondo l’elaborazione di Legambiente su dati EvWay a gennaio 2019 – si è passati da 2.368 a 5.507 prese disponibili omologate per automobili e ricariche veloci (> 11 kW) in tutta Italia e da 1.885 a 2.684 prese di ricarica per due ruote e ricariche lente (< 11 kW). I numeri, però, ci dicono che c’è un’Italia che viaggia a due velocità anche su questo fronte. In Lombardia è presente il maggior numero di prese per automobili: ben 1134, più che raddoppiate rispetto allo scorso anno (erano 519); mentre sono 499 quelle per le due ruote. In Trentino-Alto Adige troviamo 709 ricariche per auto (erano 354 nel 2018) e 200 per le due ruote. La Toscana si piazza al primo posto per le infrastrutture dedicate alle due ruote con ben 699 prese (sono 524 quelle per le auto). Anche in Veneto si è assistita a una crescita esponenziale delle infrastrutture per automobili e ricariche veloci passate in un anno da 144 a 528. Basilicata e Molise, invece, chiudono la classifica: per la prima regione appena 27 prese per auto e 7 per le due ruote, mentre nell’altra 8 e 5.
Per velocizzare questa rivoluzione della mobilità urbana e a zero emissioni è, però, fondamentale che vi siano politiche e azioni concrete capaci di far crescere gli spostamenti in bici, a piedi, il trasporto pubblico e la mobilità elettrica. Dobbiamo convincerci del fatto che uscire dall’inquinamento che contraddistingue i nostri centri urbani è possibile e al contempo possiamo riappropriarci di piazze e strade, rendendo più vivibili e sicure le nostre città. Le storie e i numeri che raccontiamo nel nostro rapporto ci dicono che sono tanti i segnali positivi, con una disponibilità crescente dei cittadini a spostarsi con mezzi non inquinanti. Per dare il via a questa rivoluzione, però, servono scelte coraggiose e di sistema, politiche nazionale che fino ad oggi sono mancate, a partire dall’abbandono delle fonti fossili, perché per ridurre l’inquinamento e rendere più vivibili le nostre città non si può lasciare tutto alla buona volontà dei sindaci. Scelte coraggiose che devono riguardare anche la micromobilità, l’attuale decreto contiene a nostro avviso troppi limiti alla circolazione dei monopattini e l’obbligo della patente per i minorenni non esiste in nessun Paese al mondo.
Il rischio è che con regole così complicate e restrittive gli stessi Comuni si trovino di fronte a un percorso assai complesso prima di aprire alla sperimentazione, e quella che potrebbe essere una opportunità di circolazione nelle nostre città, con mezzi a emissioni zero, incontri enormi barriere alla sua diffusione. Legambiente da anni si batte per permettere alla micromobilità in Italia di avere le stesse regole che sono in vigore nelle città europee, in quelle degli Stati Uniti e della Cina, che stanno consentendo di attrarre una quota degli spostamenti fino ad alcuni chilometri di lunghezza, che può essere percorsa con questi mezzi, anche attraverso le opportunità che oggi ci sono grazie ad operatori che propongono lo sharing dei monopattini. Infine per incentivare questa rivoluzione della mobilità urbana in atto, è fondamentale dirottare le risorse economiche, destinate ieri come oggi a strade e autostrade, verso gli investimenti per le aree urbane, per rilanciare la ‘cura del ferro’ del trasporto pubblico e potenziare il trasporto ferroviario per offrire un’alternativa ai pendolari.