«Esiste anche una probabilità significativamente diversa da zero che la nostra vita futura possa essere in pericolo». Come inizio non è dei migliori. Ma Riccardo Valentini, membro dell’Intergovernmental Panel on Climate Change e premio Nobel per la Pace nel 2007, può permetterselo, anche con il rischio di passare da Cassandra. Dal 2000 è professore ordinario presso l’Università degli Studi della Tuscia, dipartimento di Scienze dell’Ambiente Forestale e delle sue Risorse, di cui dal 2002 è diventato direttore. Insieme a un pool di scienziati del Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC), nel 2007 è stato insignito del premio istituito da Alfred Nobel per le ricerche relative ai cambiamenti climatici.
Il monito di Valentini non è nuovo. Il campanello d’allarme è squillato forte e chiaro: se non arginiamo emissioni e livello di inquinamento, la terra che noi tutti conosciamo è in grosso pericolo. «Un elemento fondamentale, oltre all’adozione dei protocolli internazionali – spiega a Linkiesta – è anche l’informazione ed educazione sui temi della sostenibilità, che purtroppo ancora non è così diffusa nelle scuole e nella società». Il futuro dell’ambiente passa quindi anche dalle nostre mani, e procrastinare non è più concesso. Il fermento delle ultime settimane sollevato da Greta Thunberg deve essere alimentato, in quanto, come sostiene Valentini, «la vera rivoluzione è mettere in mano ai nostri figli le chiavi del potere e della società».
Professor Valentini, definiamo la situazione: in che stato si trova attualmente il nostro pianeta?
Negli ultimi 50 anni gli uomini hanno cambiato gli ecosistemi più rapidamente ed in modo più intenso di qualunque altro periodo della storia umana. AI tempi della nascita di Gesù, cioè 2.000 anni fa, la popolazione globale contava appena 250 milioni di individui, mentre oggi abbiamo superato i sette miliardi. Il maggiore incremento demografico avviene solo a partire dal 1960, ed è la prima volta nella storia umana che la generazione degli anni 60 ha visto raddoppiare la propria popolazione. Negli ultimi 50 anni più terra è stata convertita in agricoltura di quanto non sia avvenuto nel XVIII e XIX secolo. La deforestazione tropicale avviene al ritmo di circa 13 milioni di ettari all’anno, e consideriamo che il patrimonio forestale italiano è di 10 milioni di ettari, ovvero ogni anno scompare dal pianeta una superficie forestale superiore a quella italiana. Le risorse idriche sono oggi sotto pressione. Dal 1960 si è quadruplicata la raccolta dell’acqua nei bacini idrici e se ne è raddoppiato il consumo. Ciò ha determinato una perdita sostanziale ed irreversibile di molte funzioni degli ecosistemi del nostro pianeta. All’eccessivo ed insostenibile sfruttamento delle risorse si accompagna la vulnerabilità del sistema climatico che è oggi il tema più attuale ed importante delle politiche ambientali. La concentrazione di anidride carbonica aumenta in modo inesorabile ormai da più di un secolo, passando dai 280 ppm dell’era pre-industriale ai 400 ppm di oggi, raggiungendo il valore più alto degli ultimi 800’000 anni. Un analogo ritmo di crescita si registra anche per il metano ed il protossido di azoto. L’insieme determina la miscela esplosiva che noi tutti chiamiamo “gas serra” che ha l’effetto di produrre una alterazione del bilancio energetico del pianeta, da noi spesso chiamato “effetto serra”, ovvero il riscaldamento globale. Ci sono oggi molte osservazioni che sembrano indicare che il cambiamento climatico è già in atto, si tratta ovviamente di segnali, ma la loro frequenza ed intensità puntano decisamente a prendere in seria considerazione la vulnerabilità del clima.
Con quali armi deve essere combattuta la battaglia contro il cambiamento climatico?
Ormai si parla di rischio sistemico o strutturale associato al cambiamento climatico. Una nuova economia e una nuova etica politica devono nascere per accompagnare la crescita della nostra società verso forme più sostenibili in grado di lasciare alle nuove generazioni un futuro più sicuro e accogliente. Decarbonizzare significa agire a tutti i livelli della società per limitare le emissioni di combustibili fossili. L’Europa ha elaborato le seguenti proposte normative per il 2030: 1) riduzione vincolante delle emissioni di gas serra almeno il del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 (obiettivo UE); l’obiettivo è ripartito tra settore ETS (Emission Trading Scheme) e non ETS: al primo è attribuita una riduzione del 43% e al secondo del 30% (entrambi rispetto al 2005); nel settore non ETS tutti gli Stati membri devono contribuire alla riduzione con obiettivi compresi fra lo 0% e il -40%; 2) quota dei consumi energetici coperta da rinnovabili pari almeno al 27%; questo obiettivo è vincolante a livello UE e sarà realizzato mediante i contributi degli Stati membri; 3) miglioramento dell’efficienza energetica almeno del 27% (obiettivo indicativo) a livello dell’UE. Tuttavia l’impegno non è solo quello di decarbonizzare l’energia ma anche quello di agire contemporaneamente anche in altri settori. Un esempio importante è costituito dall’agricoltura. Oggi l’agricoltura rappresenta circa il 20% delle emissioni globali, il terzo settore dopo energia e trasporti. La nostra agricoltura di qualità ed attenta all’ambiente può dare un contributo importante alla riduzione delle emissioni. La sfida della lotta al cambiamento climatico è quindi interse-settoriale e coinvolge la quasi totalità dei settori della nostra vita quotidiana. Un elemento fondamentale, oltre all’adozione dei protocolli internazionali, è anche l’informazione ed educazione sui temi della sostenibilità che purtroppo ancora non è così diffusa nelle scuole e nella società.
La vera rivoluzione è mettere in mano ai nostri figli le chiavi del potere e della società
Si tratta quindi di cambiare le nostre abitudini…
Si tratta di un lavoro immenso che coinvolge una moltitudine di gesti della vita quotidiana. Dalla nostra mobilità ancora troppo basata su energia fossile a quello che mangiamo, passando per i consumi ed il riciclo dei materiali. La mobilità elettrica è oggi una realtà affermata. La sola adozione di auto elettriche ci permette di ridurre del 50% le emissioni del trasporto automobilistico, anche se la loro fonte di energia è ancora fossile, fino ad arrivare a quasi il 100% in caso di uso di energia rinnovabile per la carica delle batterie. Quello che noi mangiamo ha un impatto sul pianeta. Uno studio della Commissione Eat-Lancet ha tracciato la via per riuscirci: per salvare noi stessi e il pianeta occorre raddoppiare a livello globale i consumi di frutta, verdura, legumi e noci e ridurre di oltre il 50% quelli di zuccheri e carni rosse entro il 2050. In Europa il cibo e il suo rapporto con la sostenibilità sta diventando un elemento centrale delle politiche del clima. SU-EATABLE LIFE (di cui sono coordinatore ) è un progetto europeo LIFE che mira a ridurre l’impatto ambientale (emissioni di CO2 e consumo di acqua) connesso alle nostre abitudini alimentari, attraverso l’adozione da parte dei cittadini europei di una dieta sana e sostenibile. Le mense (aziendali, universitarie, scolastiche) sono tra le realtà dove lo spreco alimentare è più alto, dove intervenire per facilitare il passaggio dei cittadini verso diete più sostenibili e a basso tenore di carbonio e acqua. Nella prima fase, Su-Eatable life coinvolgerà 5.000 cittadini UE in mense universitarie e mense aziendali, e attraverso piatti “sostenibili” aiuterà a risparmiare circa 5.300 tonnellate di CO2 e 2 milioni di metri cubi di acqua. Con il coinvolgimento di tutta la popolazione dell’Unione Europea, si potrebbe arrivare ad un risparmio potenziale di circa 535 milioni di tonnellate di CO2 l’anno e circa 200 miliardi di metri cubi di acqua all’anno.Cosa ha significato la giornata mondiale del clima?
È molto positivo che le nuove generazione stiamo prendendo in mano la situazione. La nostra generazione è quella che ha creato i problemi ed è quindi anche difficile che sia in grado di risolverli. È difficile far cambiare stili di vita, concezioni dell’economia e della produzione, o la riduzione degli sprechi, a chi è vissuto nell’era del boom economico e della percezione delle risorse infinite. Quindi la vera rivoluzione è mettere in mano ai nostri figli le chiavi del potere e della società.Esiste anche una probabilità significativamente diversa da zero che la nostra vita futura possa essere in pericolo
Il governo italiano sta facendo abbastanza?
Non mi sembra che questi temi siano nell’agenda del governo, ma più in generale anche nei governi precedenti. Questi temi hanno bisogno di un sistema continuo e costante di iniziative nazionali coinvolgendo più attori, partendo dai cittadini e dai consumatori, fino alle industrie ed alle istituzioni locali.Quanto è sensibile in realtà la popolazione europea alla questione ambientale?
In generale è più sensibile che in altri Paesi, tuttavia vi è una forte differenza tra i Paesi nordici, sicuramente più attenti e responsabili, rispetto a quelli mediterranei.E poi ci sono le generazioni future, le quali erediterranno un pianeta oramai compromesso…
Sicuramente un pianeta diverso, nella migliore delle ipotesi, ma esiste anche una probabilità significativamente diversa da zero che la nostra vita futura possa essere in pericolo.