Cambiamento climatico Attenta, Italia: i tornado adesso possono nascere nel Mediterraneo (e la colpa è solo nostra)

Il mare anche nella vita di un tornado conta, e parecchio. La temperatura delle acque è direttamente proporzionale alla potenza distruttrice del tornado: un mare più caldo intensifica la pericolosità. Ecco perché l'aumento della temperatura del Mediterraneo dovrebbe preoccupare anche l'Italia

Questo articolo è frutto della collaborazione tra Linkiesta e One Ocean Fundation, realtà promotrice della Charta Smeralda, un codice etico per condividere i principi e azioni a tutela dei mari stilato per sensibilizzare l’opinione pubblica, gli operatori e tutti gli stakeholder. Contributo realizzato con il contributo di M.M. Miglietta (CNR-ISAC)

Alla parola tornado siamo soliti associare territori lontani, come la Florida e la Louisiana, per esempio. Colpa di Hollywood e dei suoi apocalyptic moovies, ma anche, purtroppo, della distruzione che in più occasioni ha assalito queste zone. Eppure, sempre di più i tornado interessano anche il nostro Paese. Un recente studio, pubblicato dalla rivista International Journal of Climatology della Royal Meteorological Society, ha analizzato, tra il 2007 e il 2016, 10 anni di trombe d’aria e trombe marine che hanno interessato l’Italia.

I risultati sono stati sorprendenti: in alcune aree, come la Liguria, la costa laziale, il Salento e la Pianura Padano-Veneta, la frequenza dei tornado è risultata pienamente confrontabile con quella degli stati USA più soggetti a questi fenomeni. E non si tratta solo di deboli trombe marine che si dissolvono poche centinaia di metri dopo aver toccato terra; nei 10 anni di analisi sono stati anche registrati 25 casi che hanno provocato danni significativi.

Sono i tornado che appartengono al Livello 2, 3 o 4 della “scala Fujita”, utilizzata per stimare l’intensità del fenomeno a partire dai danni causati sul territorio.
Tra questi ultimi, ricordiamo quello di intensità 3 che ha attraversato lo stabilimento ILVA di Taranto nel mattino del 28 novembre 2012, causando danni per oltre 60 milioni di euro e, soprattutto, uccidendo una persona.

Perché il mare, anche nella vita di un tornado come quello sopra descritto, conta, e anche parecchio

Come è successo? La “supercella” – termine che indica i violenti temporali che danno origine ai tornado – che ha generato questa tromba d’aria così disastrosa si è formata per il sollevamento indotto dalle montagne della Sila, e ha preso progressivamente energia spostandosi sul mar Ionio, in quel periodo decisamente più caldo rispetto al suo valore medio.

Perché il mare, anche nella vita di un tornado come quello sopra descritto, conta, e anche parecchio. La temperatura delle acque è direttamente proporzionale alla potenza distruttrice del tornado: un mare più caldo intensifica la supercella che ha generato il tornado, aumentandone la pericolosità. Ecco quindi che la temperatura del mare Mediterraneo, che sta progressivamente aumentando in seguito al riscaldamento globale del Pianeta, e la comparsa di eventuali fronti “inediti” di temperatura marina, possono influenzare notevolmente la formazione e la potenza delle trombe d’aria.

Atmosfera, oceano e onde si “parlano tra loro”, in un fitto e continuo dialogo di azioni e reazioni. In attesa di (auspicati) tempi in cui gli oceani saranno meno caldi, risulta così fondamentale, provare a prevedere l’insorgere di tornado. Come farlo? Abbandonare ogni approccio riduzionistico, e iniziare al più presto a adottare modelli numerici di ultima generazione, che sappiano “accoppiare” cielo e mare.

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