Più di un italiano su due pensa che l’economia nazionale sia peggiorata nell’ultimo anno, e quasi la metà ritiene che il futuro non riservi nulla di buono. Ciò nonostante non sogniamo di scappare dall’Unione europea e continuiamo a credere nella scienza, nella figura del Presidente della Repubblica e del Papa. Questi sono i punti della ricerca “Cosa sognano gli italiani”, realizzata dal Censis in collaborazione con Conad, ritenuti salienti dalla maggior parte dei mezzi di comunicazione e di informazione italiani. Nulla da obiettare visto che in effetti stando ai numeri, per il 55,4% del campione di cittadini italiani maggiorenni interpellato dalla società di ricerca, negli ultimi dodici mesi la situazione economica del Paese è peggiorata, per il 36,9% è rimasta uguale e solo per il 7,7% è migliorata”. E quando, soprattutto, è fortissimo il timore che il peggio debba ancora arrivare: “nei prossimi dodici mesi la situazione economica peggiorerà ancora per il 48,4% degli italiani, resterà uguale per il 34,7%, migliorerà solo per il 16,9%. Per il 40,2% peggiorerà anche la sicurezza. Dunque, io, più che insistere nel presentare quel set di dati che ci raffigurano come italiani incerti, incattiviti e sfiduciati, voglio invitarvi a riflettere su alcuni altri che ho trovato molto più significativi in quanto contengono già buona parte della soluzione, cioè la rotta.
L’indagine ci racconta che dal Dopoguerra a oggi, dalla ricostruzione al miracolo economico sino alla più recente grande crisi, il più potente motore di trasformazione sociale e quindi economica, è stato l’immaginario collettivo inteso come insieme di “miti” capaci di mobilitare i comportamenti individuali e orientarli verso la dimensione collettiva, dell’insieme. E ci dimostra che l’immaginario attuale è dominato dai miti negativi del rancore e dell’incattivimento, che sono entrambi espressione di un egoistico individualismo abituato ad alzare muri invece che a creare quei ponti utili a generare quelle energie positive di cui ha bisogno una società per costruire il proprio futuro. Ma ci mostra anche che al di là della retorica mediatica, che ha saturato l’opinione pubblica ingabbiandola nelle dicotomie buonismi contro cattivismi, politicamente corretto contro politicamente scorretto, sovranismi contro globalismi, lontano dai riflettori si muove un immaginario del noi, distinto e lontanissimo da quello del rancore e dell’io autocentrato, che si nutre di un insieme di valori e comportamenti maturi e responsabili e ne alimenta i propri territori e le proprie comunità.
Il mio auspicio è che questa parte silenziosa del Paese prenda coraggio e intervenga, ciascuno nella propria sfera di influenza, di relazioni, contaminandole e orientandole verso un nuovo modello di crescita socioculturale condiviso, sostenibile, valoriale
Sono coloro per i quali il tempo degli oggetti cult da rincorrere per “essere” è tramontato poiché preferiscono un genere di consumo che li sappia raccontare nella loro essenza, in quanto esprimono identità individuali, visione del mondo, voglia di impegnarsi per cambiarlo.
Sono coloro i quali accanto ai sogni piccoli quotidiani: il posto fisso (33,7%), la casa di proprietà (27,4%), il successo professionale e nel lavoro (24,9%), lo smartphone e i social (22,3%), nutrono quello grande della libertà individuale su tutto. Per il 52,1% degli italiani occorre dare più spazio al merito e a chi è bravo poiché chiunque sia capace e lo meriti, deve poter guadagnare e non essere penalizzato. Seguono nella scala dei valori, dopo la libertà, l’equità, la tutela, la condivisione e la generosità: non l’assistenzialismo, non il generico buonismo, ma la reale possibilità di esprimere la propria soggettività, con il giusto riconoscimento di valore economico e socioculturale.
Il mio auspicio è che questa parte silenziosa del Paese prenda coraggio e intervenga, ciascuno nella propria sfera di influenza, di relazioni, contaminandole e orientandole verso un nuovo modello di crescita socioculturale condiviso, sostenibile, valoriale. Che prenda potentemente la parola e vada a occupare tutti quegli spazi che le élite tradizionali hanno perso essendo state sfiduciate a causa della loro siderale lontananza dalla vita dei cittadini: dalla politica (fiducia nei vertici dei partiti 4%, nei parlamentari 3,2%), ai mass media (fiducia nei direttori di giornali e telegiornali 3,6%, negli opinionisti, editorialisti e opinion makers 3,8%), alla finanza (fiducia nei banchieri 1,5%). Che si muova dalla propria posizione per svilupparsi, crescere ed evolvere, passando dall’avere semplicemente una Visione, espressa in una Missione, che si incarna poi in una Strategia e in un Piano d’azione, alla necessità di individuare quale sia la propria Vocazione. Con la mia Economia Sferica propongo alle persone e alle aziende di non aspirare più ad agire per essere i migliori-DEL-mondo bensì i migliori-PER-il mondo.
BYE è una rete di professionisti che opera in tutti gli ambiti della società e dell’economia, dalla consulenza all’educazione, all’arte e cultura, affermando nelle soluzioni e nei prodotti e servizi proposti la centralità assoluta dell’Essere Umano, della sua Essenza e dei valori che intimamente lo abitano.