La concorrenza fa bene. E dirlo in un Paese dove si fa fatica a liberalizzare i mercati è una sorpresa positiva. Da quando due importanti operatori esteri sono entrati nel mercato delle autolinee extraurbane il fatturato complessivo delle aziende coinvolte è cresciuto significativamente, è cresciuta la domanda ma i prezzi non sono aumentati vertiginosamente. E il servizio è migliorato. La prima ad arrivare nel mercato italiano è stata la compagnia Megabus nel giugno 2015 collegando inizialmente 13 città, tra cui diverse nel nord e fino a Napoli al sud. Un mese dopo Flixbus che solo un anno dopo ingloba Megabus e spinge gli altri gruppi a rinnovare il parco mezzi, espandere la rete dei servizi, a fare fusioni e aggregazioni, ma non solo. L’arrivo di una compagnia di vettori lowcost non ha scatenato una guerra dei prezzi ma ha aumentato l’offerta: sono nati nuovi marchi per estendere la rete e costruire un nuovo prodotto. Ovvero l’offerta che crea la domanda dei consumatori. Nel 2017 le 14 aziende considerate, compresa Flixbus,sono risultate positive per oltre 350 mila euro. I risultati operativi e gli utili sono ovviamente calati, la prova evidente che la concorrenza è reale.
A rivelarlo è l’inedito primo studio in Italia sul mercato delle autolinee a lunga percorrenza realizzato dal professor Paolo Beria del Politecnico di Milano presentato il 18 giugno al Talent Garden di via Calabiana, a Milano. L’appuntamento “Autobus, strategie e investimenti per viaggiare sicuri” è una delle tante tappe del Mobility Innovation Tour 2019, una rassegna di convegni in varie città italiane organizzata dalla rivista specializzata AUTOBUS e dedicata a raccontare l’evoluzione del mondo del trasporto persone attraverso la lente dell’innovazione. In teoria già dal 2007 il mercato delle autolinee di competenza statale (tre o più Regioni servite) è stato liberalizzato, ma come sempre accade in Italia è stato applicato solo dal dicembre del 2013.
Appena sei incidenti su mille, tra quelli che provocano feriti, coinvolgono un autobus turistico. E nella metà dei casi la dinamica vede l’autobus incolpevole. Le principali cause sono eccesso di velocità e sbandamento, ma il nemico numero uno è la nebbia
Più concorrenza, più veicoli in autostrada, più incidenti? No. Per nulla. Anzi, secondo la ricerca appena sei incidenti su mille, tra quelli che provocano feriti, coinvolgono un autobus turistico. E nella metà dei casi la dinamica vede l’autobus incolpevole. Le principali cause sono eccesso di velocità e sbandamento, ma il nemico numero uno è la nebbia. C’è un modo per prevenire gli incidenti che dipendono dal fattore umano? Secondo lo studio esistono tre modo: monitorare le condizioni dei percorsi, garantire una centrale operativa che supportare i conducenti e soprattutto permettere a chi guida di fare delle pause, soprattutto di notte e quando c’è traffico. «L’autobus è un mezzo di trasporto sicuro, oltre che ecologico, economico, flessibile e confortevole, e i risultati dello studio ne costituiscono l’ennesima conferma. L’autobus offre una soluzione di spostamento che risponde pienamente ai parametri di identificazione della mobilità sostenibile e smart che tutti gli indirizzi nazionali e internazionali di politica dei trasporti raccomandano di promuovere, spiega Giuseppe Vinella, presidente di Anav, l’associazione nazionale autotrasporto viaggiatori. Non mancano però i problemi. «Esiste ancora un immotivato gap di percezione da parte delle Amministrazioni, soprattutto locali, che non incentivano fino in fondo questa modalità di trasporto collettivo e anzi spesso la sottopongono a misure di restrizione della circolazione e a tassazione impropria. È quindi necessario continuare a lavorare, anche nei riguardi dell’opinione pubblica, e ridurre questo gap tra percezione e realtà in quanto l’autobus rappresenta la soluzione, anziché costituire il problema».
Sei incidenti su mille è un buon dato, ma si pul sempre fare di più. Secondo Primo Mastrantoni, segretario nazionale dell’Aduc, l’Associazione per i diritti degli utenti e consumatori, non bisogna sottostimare l’obbligo di allacciare le cinture di sicurezza a bordo: «Spesso la norma è ignorata, perchè intesa come semplice invito. Non si aggiunge la notizia della sanzione che, in caso di inottemperanza, può arrivare a 323 euro per passeggero. Sarebbe interessante conoscere quali e quanti controlli sono stati effettuati dalle forze di polizia e il numero e l’entità delle sanzioni irrogate». Ma cosa fanno le compagnie private su questo tema? «In oltre sei anni di lavoro abbiamo sviluppato il nostro FlixSafety Concept che guarda, contemporaneamente, ai nostri autisti e ai passeggeri, per la sicurezza complessiva del viaggio in bus», chiarisce Andrea Incondi, managing director di FlixBus. «Se noi, come aziende, investiamo e continueremo a investire quotidianamente in sicurezza, ci aspettiamo che altrettanto si faccia sulle infrastrutture dove ogni giorno sostano e circolano i nostri mezzi trasportando milioni di passeggeri. Su questo fronte ancora tanto deve essere fatto».