Facebook compie vent’anni. Il 4 febbraio 2004, l’allora ventenne Mark Zuckerberg lanciò TheFacebook.com dal suo dormitorio di Harvard. Ma è una storia nota, già raccontata egregiamente nel film The Social Network, uscito nel 2010, in cui vedevamo il nostro alle prese con le donne, la società, i primi investitori (tra tutti Peter Thiel) e Justin Timberlake nei panni di Sean Parker, con quella sua celebre frase: «Un milione di dollari non è cool. Lo sai che cos’è cool? Un miliardo di dollari». A vent’anni dalla sua nascita, parlare oggi di Facebook risulta riduttivo e probabilmente fuorviante. Da molti punti di vista, infatti, quel social network non esiste più; in compenso, dalle sue ceneri è nato Meta, gruppo che racchiude Instagram (e quindi anche Threads), WhatsApp, Oculus e altre realtà. Il vero capolavoro di Zuckerberg – e il segreto della sua longevità – è stata la disponibilità a superare Facebook nel momento più opportuno, garantendo lunga vita al suo impero. I risultati si sono visti questa settimana, quando il CEO ha annunciato un aumento del venticinque per cento delle entrate trimestrali rispetto all’anno precedente nell’ultimo trimestre del 2023, e la triplicazione dei profitti (da 4,6 a quattordici miliardi di dollari).
Il tutto, a un anno dai pesanti tagli con cui Meta – in linea con le altre aziende Big Tech – ha licenziato undicimila dipendenti. Era la fine del 2022. Il periodo di incredibile crescita pandemica stava finendo e a tramontare era anche il metaverso, il sogno su Zuckerberg aveva investito (e perso) miliardi di dollari. In quei mesi di crisi, in cui gli NFT scoppiavano, Bitcoin crollava e l’idea di vivere in un cyberspazio pieno di pubblicità di Meta svaniva, il gruppo tagliava e correva ai ripari. Sembrava una crisi strutturale, acuita dall’ascesa di TikTok, che aveva già cominciato a influenzare pesantemente gli altri social network, tra cui Instagram. E invece no. Oggi il piano sembra avere funzionato alla grande: Meta è ancora più ricca di prima, Instagram ha retto all’attacco di TikTok e la figura di Zuck ne ha addirittura guadagnato in popolarità.
Sembra incredibile, ma il miliardario che qualche anno prima era finito sulla copertina di Wired col volto tumefatto, oggi pare godere di una maggiore simpatia popolare. Certo, ad aiutarlo ci ha pensato Elon Musk, che nel frattempo ha deciso di demolire l’allure quasi messianico che aveva costruito in molti anni, spolpando Twitter e diventando una nuova icona per la destra globale. Come cambiano le cose in pochi anni – e figuriamoci quindi nei vent’anni che ci separano da thefacebook.com. All’epoca Steve Jobs era vivo e doveva ancora presentare al mondo iPhone: internet era un affare da dispositivi fissi, un rito da ufficio o da “stanza del computer” nelle case di milioni di persone. Avevamo da poco cominciato a usare il nostro nome online ma presto Facebook ci avrebbe convinto ad aggiungere cognome, indirizzo, lavoro, foto e video, in un’erosione lenta ma continua della privacy personale su cui Zuckerberg ha fondato il suo impero.
Visto il ventennale della fondazione possiamo quindi azzardare un’analisi storica, indivuando il momento in cui Facebook ha saputo rinnovarsi (dover per “rinnovarsi” intendiamo sempre “comprare un’altra azienda”) per poi arrivare intatta e potentissima a oggi. Nel 2013 Zuckerberg decise d’acquisire Onavo, Inc, una startup israeliana tuttora sconosciuta ai più il cui contributo è stato però impareggiabile: grazie a Onavo, infatti, Facebook ha potuto analizzare il mercato digitale individuando i principali competitor, tra cui Instagram, che il social network comprò l’anno successivo per un miliardo di dollari in quello che è forse la più fruttuosa e importante acquisizione tecnologica del XXI secolo. Sempre nel 2014, Facebook ha preso il controllo di WhatsApp, sborsando questa 19 miliardi di dollari (notare la sproporzione tra questa cifra e quella versata per Instagram). È a questo punto, dieci anni fa, nel 2014, che Facebook ha gettato le basi del suo fururo. Due operazioni enormi che hanno avuto ripercussioni ancora percepibili e sono da allora al centro degli incubi dei regolatori di mezzo mondo.