La
prima pagina di Repubblica (Rep.) di ieri, 23 maggio, Settimana
III della Nuova Era Parte Civile, Parte Insabbiata e Parte Archiviata,
si apriva con "Pisanu: via dalle moschee i profeti di violenza".
Sembra il Papa, ma non è il Papa. Wojtyla, grande alleato
nella battaglia pacifista contro Bush, è più sotto,
in piccolo. E perché così piccolo? Forse perché
fa il Papa e dunque chiede "subito la legge sui figli in
provetta". No, non può essere per questo. E per quale
motivo, dunque, improvvisamente il Papa viene rilegato a pagina
25 (venticinque, mica bruscolini)? Dal titolo non si capisce,
poi leggendo l’articolo si capisce e si capisce in fretta. Il
Papa ha detto che "l’aborto mette in pericolo la pace nel
mondo". I republicones sono in difficoltà: o rinunciano
a difendere l’aborto oppure finiscono embedded con Rumsfeld e
Wolfowitz col rischio che qualcuno poi li chiami neo-republicones.
Meglio a pagina 25. Pensate allora che Rep. abbia fatto un titolone
sulla marcia indietro & capo cosparso di cenere di Francia
e Germania? No, un richiamino piccino piccino, e un editorialone
di Bernardo Valli dal titolo inequivocabilmente nun-ce-vonno-sta:
"Il realismo dell’Europa davanti a Bush il vincitore".
Ampio spazio, invece, alle ragioni padronali, al caso Sme, insomma.
Titolone e difesa d’ufficio di Massimo Azzeccagarbugli Giannini.
Anche lo strapagato umoralista di Rep, Michele Serra, affronta
i temi della giustizia, e oplà, è diventato garantista
su Brusca: "Lo Stato è civiltà, la mafia è
barbarie". Quindi vai con gli arresti domiciliari, in fondo
sono così chic specie ora con la bella stagione. Se condannassero
il Cav., sia chiaro, questo suo articolo non gli si potrà
rinfacciare qualora il medesimo Cav. chiedesse i domiciliari
e lo strapagato Serra si indignasse tintinnando le manette a
braccetto con Marcolino Travaglio: del resto il Cav. è
più mafia che Stato, no?
Rep., si sa, è un giornale un po’ blairista (da Jayson,
non da Tony), ma se fosse più New York Times che giornale-azienda,
non darebbe mezza pagina a uno che dice di Piero-l’Onu-in-Kosovo-non-c’è-Fassino:
"Si può dire che la cicogna è diventata un
airone". Eppure il titolo blairista di Rep. è: "All’esame
di comunicazione Fassino batte Silvio e Rutelli", parola
di Alessandro Amadori. A proposito di cose blairiste, una cicogna
o forse un airone, comunque un militante dei diritti umani di
cui Red. Corr. si fida, ci segnala che un reportage dalla Cina
di Marco Lupis è a rischio. Il 17 maggio, Lupis inizia
così il suo articolo: "Le pesanti porte del Centro
di Riabilitazione di Kaigeng, nella provincia dello Henan, si
aprono davanti a noi con un rumore sordo". Non è
tanto che la città non è Kaigeng ma Kaifeng con
la effe, il punto è che nel carcere visitato da Lupis
non è affatto vero che "sono rinchiusi da un freddo
pomeriggio di gennaio del 2001, due dei tre seguaci della Falun
Gong, sopravvissuti al rogo di Piazza Tienanmen in cui si immolarono
per protesta cinque adepti della setta religiosa". Non è
vero e non è possibile che l’inviato di Rep. lì
abbia incontrato "faccia a faccia due militanti sopravvisuti"
ora "sepolti vivi". Per un semplice motivo: i due militanti
sopravvissuti non sono stati mai condannati alla galera, sono
stati costretti al pentimento in tv e poi considerati vittime
della setta (furono arrestati gli organizzatori, non i due sopravvissuti).
La cicogna o l’airone, insomma l’informatore di Red. Corr., sostiene
che il Lupis non solo avrebbe sbagliato città, carcere
e condannati, ma anche il nome di uno e il sesso di un altro.
Scrive Lupis: "Chen Guo e sua madre, He Huijun, qui a Kaigeng
hanno il privilegio di stare nella stessa stanza, in quanto madre
e figlio". La madre si chiama Hao Huijun (non He Huijun),
mentre Chen Guo non è figlio maschio, ma figlia femmina.
(La foto della ragazza è su questo sito Internet).
Lupis scrive che "la madre ci mostra una fotografia di Chen
da ragazzo, prima che il fuoco lo sfigurasse". Ma al punto
da farlo diventare uomo, sembra sfiguratura eccessiva. Di più.
Pare difficile che la madre abbia potuto mostrare la fotografia
a Lupis ovunque Lupis sia andato, perché pare che abbia
perso completamente la vista a causa delle ustioni. Ancora. Lupis
dice di aver visto nella loro cella un ritratto di Mao (Mao,
in effetti, fa sempre la sua porca figura) ma che i cinesi abbiano
permesso ai due militanti di attaccare un poster di Li Hongzhi,
il santone della setta, sembra pura fiction. Scoop o bufala republairista?
A Lupis e a Rep. ampio spazio di replica. (continua)
24 Maggio 2003