New York. Negli Stati Uniti si discute di matrimonio, non solo di matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma dell’istituto stesso, ormai diventato uno dei temi della campagna elettorale 2004. George Bush, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, ha parlato esplicitamente di "santità" dell’istituto matrimoniale e ha ripreso un’antica battaglia di Bill Clinton, il presidente che nel 1996 fece approvare il Defense of Marriage Act, una legge federale che ha definito i confini del matrimonio come l’unione legale tra un uomo e una donna. Su questo punto anche i candidati democratici impegnati in questi giorni nelle primarie sono d’accordo. Altra cosa, invece, sono i diritti da riconoscere alle coppie di fatto, eterosessuali o no.
Il movimento per i diritti dei gay, invece, si batte per accedere al matrimonio. Qualche mese fa una Corte del Massachusetts ha legalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ed è ricominciato un interessante e ricco dibattito culturale. Bush s’è limitato a criticare i giudici che, "per mezzo di sentenza di tribunale e senza alcun riguardo per la volontà del popolo e dei suoi rappresentanti eletti, hanno voluto ridefinire i contorni del matrimonio". Sembra il Cav., ma su un tema come questo, ha spiegato Bush, "bisogna ascoltare la voce del popolo". Se i giudici continuassero "a voler imporre la propria arbitraria volontà ha ribadito la sola alternativa che rimane è quella di ricorrere a un procedimento costituzionale".
Il punto politico è esattamente questo. La destra religiosa e i conservatori tradizionali chiedono che il Congresso approvi un emendamento costituzionale che vieti il matrimonio tra gay e impedisca quindi ai giudici di intervenire sulla materia. I democratici e molti repubblicani non sono d’accordo sull’intervento costituzionale, ma tra loro sono divisi tra chi è favorevole al matrimonio gay e chi preferirebbe limitarsi a regolamentare le unioni civili. Bush, fin qui, è sembrato cercare una terza via, proprio per non scontentare nessuno (nel 2000 ha avuto oltre un milione di voti gay). Così, su suggerimento di Dick Cheney, mantiene ferma la linea secondo cui il matrimonio è esclusivamente eterosessuale ma, al contempo, resta una materia che può essere regolata esclusivamente dai singoli Stati. Andrew Sullivan, conservatore e pro gay, spera che Bush tenga il punto, anche qualora i giudici continuassero a metterci becco come in Massachusetts. Piuttosto si limiti, ha scritto sul Washington Post, ad appoggiare un emendamento costituzionale che reiteri il Defense of Marriage Act di Clinton in modo da essere certi che i tribunali non possano forzare gli Stati a riconoscere i matrimoni gay. Fare di più, consegnarsi alla destra religiosa, potrebbe essere pericoloso. Sulle riviste che ospitano le tesi dei neoconservatori, come il Weekly Standard, si leggono opinioni diverse. C’è chi crede che per salvaguardare il matrimonio si debbano tenere alla larga i gay, concedendo però loro la piena parificazione giuridica attraverso le unioni civili, e chi, come Stanley Kurtz, spiega che anche le unioni civili minano le fondamenta dell’istituto che sta alla base della famiglia.
Kurtz è un conservatore, ma si considera un liberal che soffre del radicale spostamento a sinistra del liberalismo, tanto che con il Foglio si definisce "un liberal laico che ora vede nel conservatorismo la migliore difesa del liberalismo classico". Il matrimonio è sacro anche per le persone che non sono religiose, dice Kurtz. "Il matrimonio riguarda promesse di fedeltà che vengono percepite come sacre. La parola ‘fedele’, anche nell’accezione laica, ha una ovvia dimensione religiosa. Il matrimonio, soprattutto, è un’istituzione importante che protegge i bambini. Questo obiettivo ha in sé qualcosa di sacro, anche per chi non è formalmente religioso. Il matrimonio e la famiglia ci danno un obiettivo e un significato che vanno oltre le nostre individualità". Secondo Kurtz, la vita moderna è concentrata sull’individuo e tende a smontare tutto ciò che è sacro. Non è detto che questo sia un bene, secondo il ricercatore alla Hoover Institution. "Il matrimonio è quel che resta della società tradizionale dentro la società moderna. Questo dibattito serve a capire se qualcosa di sacro, qualcosa che davvero tenga l’individuo fuori da se stesso, possa esistere in una società moderna", spiega al Foglio Kurtz. "Io credo che il matrimonio sia importante anche in una società moderna, perché lega gli individui agli altri. Poi c’è la questione dei bambini, che sono individui che per crescere hanno bisogno di genitori e di una continuità familiare". Secondo Kurtz, tutto ciò c’entra con il matrimonio tra omosessuali perché, se lo consentissimo, porterebbe "alla dissoluzione del matrimonio stesso". Per dimostrarlo, Kurtz ha scritto un lunghissimo articolo sul Weekly Standard in edicola, dove spiega come nei paesi scandinavi, a causa della legalizzazione del matrimonio gay, l’idea di matrimonio stia morendo. Il pericolo principale, dice Kurtz, non è soltanto che il matrimonio tra gay possa aprire la via alla legalizzazione della poligamia e ai diritti dei single ma, soprattutto, la separazione del matrimonio dal concetto di paternità: "I bambini hanno bisogno di una famiglia stabile. Se si separano matrimonio e paternità, le famiglie si dissolvono e i bambini soffrono". Kurtz non crede che negando loro il diritto al matrimonio i gay diventino cittadini di serie B: "Be’, secondo questa logica, allora anche i single o i poligami dovrebbero sentirsi cittadini di seconda classe e dovrebbero cominciare a invocare diritti e privilegi oggi accordati alle coppie sposate. Il movimento gay cerca di usare il matrimonio per mettere fine alle difficoltà che i gay incontrano nella società. Ma il matrimonio non può farlo, non è stato ideato per questo. Usarlo per un obiettivo diverso, non farà altro che distruggere l’istituto stesso, senza peraltro cambiare veramente la condizione degli omosessuali".
28 Gennaio 2004