Camillo di Christian RoccaLa seduta spiritica di Prodi e la Commissione Mitro

Roma. Paolo Guzzanti, senatore di Forza Italia e gran penna del giornalismo italiano, ieri mattina aveva un cruccio grande quanto una casa. Lunedì pomeriggio ha avuto davanti a sé, nella sua qualità di presidente della (nome completo) "Commissione parlamentare d’inchiesta concernente il dossier Mitrokhin e l’attività d’intelligence italiana", un testimone d’eccezione, Romano Prodi. Ma, dice Guzzanti al Foglio, "ho il rimpianto di non avergli detto che a un certo punto ha mentito sapendo di mentire. Il che mi autorizza a pensare che, forse, anche sul resto non abbia detto la verità". E’ successo questo: il presidente Prodi ha risposto alle domande dei parlamentari della (nome breve) Commissione Mitro, ed è tornata fuori la misteriosa e romanzesca vicenda che lega Prodi al caso Moro. Nei giorni del sequestro del presidente della Dc, Prodi partecipò a Bologna a una seduta spiritica con tanto di piattino, medium e sensitivi. Dall’aldilà, Prodi e la sua congrega ebbero un’indicazione sul luogo di detenzione di Moro: "Gradoli", disse lo spirito. La rivelazione fu comunicata al governo, che andò a cercare Moro appunto a Gradoli, nel viterbese. Moro, ovviamente, non c’era. Non perché la fonte consultata da Prodi nell’aldilà avesse raccontato una bufala, tutt’altro. Solo che con "Gradoli" intendeva la via, via Gradoli in Roma, luogo dove effettivamente Moro era tenuto prigioniero. L’affaire è sempre stato trattato con circospezione dai grandi giornali italiani, con imbarazzo. A maggior ragione ora che se ne è occupata la Commissione Mitro di Guzzanti, il quale se ne duole, si lamenta, si incacchia e si chiede come sia possibile che un leader europeo possa far finta di credere ai piattini e alle palle di vetro.
In effetti è surreale, come notava un illustre predecessore di Guzzanti, l’onorevole radicale Leonardo Sciascia, il quale ai tempi della Commissione su Moro non si capacitava del fatto che le istituzioni avessero dato credito all’ipotesi di uno spiritello che dall’aldilà aveva fatto muovere il tavolino e poi indicato il luogo di detenzione di Moro.
Il punto ora è che "lo spudorato Prodi", come dice Guzzanti, "non ha avuto il coraggio di pronunciare le parole seduta spiritica, piattino o tazzina". A tutte le domande di Enzo Fragalà, di An, Prodi ha risposto con una frase standard: "Confermo tutto quello che ho detto all’autorità giudiziaria". "Per Prodi è stata una disfatta", ricorda Guzzanti, il quale dice di essere stato "umanamente a disagio per i balbettii, i ‘non ricordo’ e gli incartapecorimenti" del presidente della Commissione europea.
Cosa c’entrino il caso Moro e Prodi con la Commissione di indagine sugli agenti sovietici operativi in Italia durante la Guerra fredda è presto spiegato da Guzzanti, che della Commissione Mitro non è soltanto il presidente ma anche l’ispiratore e il motore e il cronista e l’unico cantore. C’è il sospetto, corroborato da parecchi indizi, che il Kgb, il servizio segreto sovietico, se non proprio nella cabina di regia del sequestro Moro fosse quantomeno nei pressi. A Prodi, spiega Guzzanti, l’onorevole Fragalà ha ricordato un articolo del settimanale di estrema sinistra Avvenimenti secondo cui l’informativa ai Prodi boys su Gradoli non arrivò da un fantasmino, ma dal Kgb. Secondo Avvenimenti, Giuliana Conforto, figlia di Giorgio Conforto, agente del Kgb con nome in codice Dario, aveva ospitato Valerio Morucci e Adriana Faranda, brigatisti contrari al sequestro di Moro. Un’amica di Conforto, Luciana Bozzi, aveva affittato la casa di via Gradoli al commando delle Br. Secondo questa tesi, riascoltata lunedì in Commissione e non commentata da Prodi, fu il Kgb a far sapere del covo di via Gradoli. La messinscena della seduta spiritica fu organizzata per coprire la vera fonte. Guzzanti vorrebbe sapere da Prodi anche qualcos’altro: perché il governo da lui presieduto non fece, come fecero i governi del resto del mondo, le indagini sulle 261 schede di agenti sovietici consegnate all’Italia dai servizi britannici su indicazione del funzionario russo Vasili Mitrokhin. In realtà la prima consegna, per quanto se ne sa, avvenne durante la presidenza Dini, ma quello che secondo Guzzanti si può definire "insabbiamento" si è consumato negli anni di Prodi, fino alla presidenza D’Alema, il quale affidò le carte alla magistratura. Nonostante siano pochi, anche nel centrodestra, quelli che riconoscono l’importanza del suo lavoro, Guzzanti spiega come l’indagine della Mitro sia il sogno di un cronista: "Sembra un romanzo di Le Carré, possiamo convocare i Servizi e chiedergli di farci vedere rapporti e documenti. E’ la prima volta che una Commissione ha questo potere". La Mitro indaga anche sull’uso o, meglio, sul "non uso" del dossier Mitrokhin fatto dai servizi italiani.
La Mitro, dice Guzzanti, sta indagando a Londra sui misteriosi rapporti, confermati dalle reticenze di Prodi, tra gli inglesi e le autorità italiane che tra il 1995 e il 1998 ricevettero le informative sugli agenti sovietici in Italia. Sul fronte delle attività del Kgb emergono, spiega Guzzanti, rapporti con gli stragisti neonazisti, con i palestinesi e con i fondamentalisti di al Qaida. Il terrorista Abu Abbas, dirottatore dell’Achille Lauro, era del Kgb ed è stato arrestato a Baghdad. Tutto si tiene, dice Guzzanti. Avesse anche lui uno spiritello a cui chiedere le prove, sarebbe tutto molto più facile.

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