Attenzione, scoop. La direzione di questo giornale sapeva in anticipo dell’attacco di al Qaida a New York e a Washington e non ha mosso un dito, anzi ha vistato e stampato. L’11 settembre del 2001, mentre il mondo dormiva e quasi non aveva mai sentito parlare di Osama bin Laden né dei talebani, il Foglio è uscito con un articolo di prima pagina, scritto ovviamente il giorno prima, cioè il 10 settembre, nel quale lo sceicco del terrore veniva accostato al regime fondamentalista afghano. Il titolo dell’articolo, non di un memorandum per il presidente Bush, uscito in prima pagina la stessa mattina dell’attacco all’America, era: "Gli scudieri di bin Laden influenzano sempre più il regime dei Talebani". Di più, lo stesso articolo che parlava di Osama e dei talebani, pubblicato nel giorno in cui il mondo è cambiato, si concludeva con queste parole, ci crediate o no: "Nell’attentato delle Torri gemelle di New York". Punto, fine. L’autore era Fausto Biloslavo, non il capo dell’antiterrorismo Richard Clarke, e ovviamente si riferiva al precedente attentato alle Torri gemelle, quello del 1993.
C’è un’aggravante, che dimostra quanto qui si sapesse e non si sia fatto niente. Altro che le sottovalutazioni imputate a Condoleezza Rice. Un anno prima dell’11 settembre, era il 3 settembre del 2000, il Foglio dei ritratti ha pubblicato un articolo scritto da Sukumar Periwal, nostro collaboratore indiano, su bin Laden. Nell’articolo si spiegava, cito da uno dei titoli, che per il capo di al Qaida "uccidere gli americani e i loro alleati è preciso dovere individuale per ogni musulmano che possa farlo in ogni paese in cui sia possibile farlo". Più preciso di così si muore, altro che memorandum della Cia.
Scrisse Periwal sul Foglio che "l’America è sconvolta dall’esplosione al World Trade Center di New York. L’inconcepibile è accaduto: un attacco terroristico sul territorio americano, il più fiero simbolo della maggiore città d’America sventrato". Sapevamo, dunque. Abbiamo scritto di Osama e dei talebani, dell’attentato alle Torri e dell’attacco al suolo americano: l’inconcepibile era già accaduto. Trovammo, un anno prima dell’11 settembre, anche il legame con l’Iraq: "La guerra privata di bin Laden contro gli Stati Uniti è giunta al culmine nell’estate del 1998. Il 7 agosto, ottavo anniversario delle sanzioni dell’Onu contro l’Iraq, due esplosioni simultanee devastano le ambasciate americane di Nairobi e di Dar es Salaam, uccidendo più di duecentoventi persone". Bill Clinton, ricorderete, rispose bombardando senza autorizzazioni Onu i campi di addestramento in Afghanistan e una fabbrica di armi chimiche in Sudan, ma le armi non c’erano (ricorda qualcosa?). Bin Laden rimase vivo e vegeto e, scrisse Il Foglio, fece sapere che "la guerra è appena cominciata". Anche il grido di battaglia dei fascisti islamici, diventato noto un anno dopo, apparve sul Foglio un anno prima: "Noi amiamo questa morte, la morte per la causa di Allah, tanto quanto voi amate la vita". Quel giorno del 2000, quando Il Foglio pubblicò queste frasi, al governo c’era Giuliano Amato. Perché il presidente Amato non si mosse? Perché non inviò un memo all’amico Bill Clinton? Non era un memorandum segreto, il nostro. Era un articolo di giornale, pubblico per definizione. Era tutto chiaro, c’era scritto tutto. Eppure nessuno fece niente. Ragionassi come chi non ragiona direi che è colpa di Amato e di Clinton, che è colpa di chi vide, lesse e si girò dall’altra parte. E’ così? Ovviamente non è così. Nessuno, neanche qui dove queste cose sono state pubblicate, poteva immaginare quello che poi è successo.
L’11 settembre è un difetto di immaginazione. Sostenere che una nota dei servizi segreti, che peraltro avrebbe dovuto restare segreta, avesse avvertito della pericolosità di Osama è una boiata pazzesca. Osama aveva fatto un paio di conferenze stampa per annunciarlo, aveva emanato due fatwe per comunicarcelo in modo tutt’altro che segreto. Aveva già attaccato quattro o cinque volte obiettivi americani, aveva già ucciso qualche centinaio di americani prima dell’11 settembre 2001. Non c’era bisogno di nessun rapporto segreto, sarebbe stata necessaria una maggiore risolutezza della Casa Bianca. Ma quando Clinton sparacchiò i Cruise, alcuni dei quali finirono su Baghdad, gli stessi che oggi accusano Bush di non aver agito per tempo, dissero che Clinton l’aveva fatto per distogliere l’attenzione dallo scandalo di Monica Lewinsky. E se il 7 agosto 2001, proprio sulla base del memo dei servizi del giorno precedente, Bush avesse attaccato i talebani, la potenza mediatica che oggi lo accusa di non aver fatto niente, ci avrebbe dottamente spiegato che Bush era un criminale di guerra.
14 Aprile 2004