Camillo di Christian RoccaGli americani hanno perso. No, hanno vinto. Caos nei giornali

L’altra volta avevano stravinto gli islamici, portatori di sharia, ma ieri l’Unità ha cambiato cavallo: "Tonfo del partito americano". Qualora Allawi avesse vinto, la Padania Rossa avrebbe titolato: "Guarda un po’ che combinazione: vince il lacché degli americani".
"I veri vincitori delle elezioni, gli americani". Così, invece, Vittorio Zucconi su Repubblica. Il giornale di Largo Fochetti minimizza il ruolo degli iracheni nel processo democratico, ma con Bernardo Valli spiega che il risultato è così "straordinario" ed "eccezionale" da "sembrare ritagliato su misura per favorire un preciso progetto politico". Brogli? No, "non sto insinuando che i risultati ufficiali siano abilmente limati, adeguati alla tragica situazione, da chi a Baghdad dispone di quasi tutti gli strumenti del potere".
Domenica Rep. ha bucato la notizia di Kofi Annan, che invece era sul Corriere della Sera. Il segretario generale aveva scritto che a) l’Onu in Iraq c’è e chi afferma il contrario dice una cosa sbagliata; b) che un mandato esiste già; c) che proprio chi non ha condiviso la guerra ora dovrebbe impegnarsi in Iraq. Rep. ha rimediato ieri con due pagine. In uno degli articoli, Andrea Tarquini ha scritto: "E’ una legittimazione indiretta ma molto forte della presenza militare delle forze della coalizione in Iraq quella che Annan, con una svolta politica senza precedenti, ha annunciato ieri". Indiretta? Evidentemente Tarquini non ha mai letto le quattro risoluzioni Onu. Ecco le ultime due: la 1.511 del 16 ottobre 2003 "autorizza una forza multinazionale" e stabilisce il calendario elettorale; la 1.546 dell’8 giugno 2004 "riafferma l’autorizzazione alla forza multinazionale".
E’ sceso in campo Eugenio Scalfari, domenica. "Pongo qui una domanda di non secondaria importanza". Bene, qual è? Eccola: "Se nella primavera del 2003 Bush avesse chiesto al suo paese e al Congresso di autorizzare la guerra irachena con l’obiettivo di abbattere il regime saddamista, sarebbe stato autorizzato a marciare? La risposta del Congresso sarebbe stata quasi certamente negativa". Ora, a parte che nella primavera del 2003 la guerra era già finita, Scalfari non sa che la risoluzione sull’uso della forza (del settembre 2002) contro Saddam si basava su quattro motivi: le armi; il rapporto con il terrorismo; la minaccia ai paesi vicini; la democrazia. Leggere il testo talvolta "non è di secondaria importanza": "La politica degli Stati Uniti deve essere quella di sostenere gli sforzi per rimuovere dal potere l’attuale regime iracheno e promuovere la nascita di un governo democratico che rimpiazzi quel regime".
Toni Fontana sull’Unità: "Degli equilibri garantiti per decenni da Saddam (più con il bastone che con la carota) non vi è più traccia ed il voto certifica una pericolosa spaccatura". Si stava meglio quando si stava peggio. Dopo aver premesso che "in Iraq, purtroppo, le cose non sono andate proprio bene", Luigi Bonanate parla di un "supremo disprezzo che la classe dirigente statunitense prova per gli iracheni" e bacchetta "qualche provvido e disinformato ministro italiano" per aver detto che l’Assemblea avrebbe scelto un governo. Bonanate, prof di Relazioni internazionali, non sa che la costituzione provvisoria (art. 38) prevede che l’Assemblea elegga un Consiglio di presidenza che poi nomina un premier, il quale deve ottenere la fiducia dell’Assemblea.
"Fonti di Bruxelles bene informate" avevano detto al Riformista di un’affluenza al 45%. Forse è la stessa che il 3 novembre suggerì la vittoria di Kerry e il titolo: "Downing Street ha contattato il transition team di JFK".

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