Camillo di Christian RoccaI neo neocon

E’ cambiato il vento, sono arrivati i neo-neocon, gli antibushiani aggrediti dalla realtà del medio oriente. E’ stato sufficiente un solo mese, quello di febbraio, peraltro il più corto dell’anno, a far cambiare idea a molte persone scettiche sulla politica americana post 11 settembre. A frotte sono arrivati ripensamenti e revisionismi, in Europa e in America, di fronte agli accadimenti rivoluzionari in medio oriente originati dalla caduta di Saddam Hussein. Dal 30 gennaio, giorno in cui 8 milioni e mezzo di iracheni sono andati a votare a completamento del trittico elettorale cui hanno partecipato prima gli afghani e poi i palestinesi, fino alla clamorosa svolta democratica in Egitto, alla rivoluzione dei cedri in Libano e ora agli scricchiolii in Siria è ormai chiaro a (quasi) tutti come la strada scelta da Bush pur ancora lunga e difficile fosse quella giusta.
"Questo fin qui è stato un anno di appassionanti sorprese ­ ciascuna delle quali importanti ma prese insieme davvero incredibili. L’Amministrazione Bush ha diritto a reclamare un robusto credito per molte di queste novità. Ha sfacciatamente proclamato le ragioni della democrazia in medio oriente in un momento in cui poche persone in occidente pensavano che avessero alcuna realistica possibilità". (Editoriale del New York Times dal titolo "Un cambiamento di clima in medio oriente", pubblicato ieri 1 marzo)
"E’ strano che sia io a dirlo, ma questo cambiamento è cominciato a causa dell’invasione americana dell’Iraq"; "Ero scettico sull’Iraq. Ma quando ho visto gli iracheni votare, tre settimane fa, in 8 milioni, ho capito che era l’inizio di un nuovo mondo arabo. Il popolo siriano, quello egiziano, tutti danno segno che qualcosa sta cambiando. E’ caduto il muro di Berlino. Il fatto è sotto i nostri occhi". (Walid Jumblatt, leader druso libanese, a David Ignatius, Washington Post, 23 febbraio)
"Come migliaia di arabi hanno manifestato per la libertà e la democrazia a Beirut e al Cairo, e i dittatori disperati di Siria ed Egitto si sono dimenati in seguito a pressioni interne e internazionali, è difficile non credere che sia cominciata quella trasformazione regionale che l’Amministrazione Bush sperava si avviasse dall’invasione dell’Iraq". (Jackson Diehl, editoriale sul Washington Post, 28 febbraio)
"Ora, con la nuova Amministrazione Bush, avvertiamo una più forte determinazione nel liberare il Libano e nel promuovere la democrazia in medio oriente". (Amin Gemayel, ex presidente libanese, intervista a Time magazine, 1 marzo)
"Non nascondo che per chi ­ come me ­ crede che la democrazia sia un valore universale è difficile negare che ci sia persino un certo fascino avventuroso nell’ideologia neoconservatrice". (Massimo D’Alema, La Stampa 16 febbraio)

Se perfino il Guardian e Libération
"Senza dubbio (la guerra, ndr) ha portato un risultato desiderabile che non sarebbe stato ottenuto per niente, o così velocemente, con i mezzi suggeriti dai suoi critici". (Martin Kettle, The Guardian, 22 febbraio)
"Winston Churchill, un neocon?". (Titolo sul New York Times del 27 febbraio)
"Una semplice idea per la vecchia Europa: Bush potrebbe aver ragione come Reagan". (Claus Christian Malzahn, sullo Spiegel del 23 febbraio)
"Il successo delle elezioni irachene ha persuaso completamente gli europei più anti Bush, a cominciare dai francesi, che il loro boicottaggio del processo in corso era sterile". (Libération, febbraio 2005)
"United we stand". (Striscione mostrato da libanesi musulmani e cristiani in piazza dei Martiri, a Beirut, il 28 febbraio)

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