Camillo di Christian RoccaTerri Revolution

Milano. Senza tanti fronzoli, come al solito, l’iper conservatrice Ann Coulter chiede per quale diavolo di motivo Jeb Bush non mandi la Guardia nazionale a Pinella’s Park per riattaccare i tubi a Terri Schiavo. "Ehi, voi liberal di sinistra ­ chiede provocatoriamente l’idolo delle radio conservatrici, Rush Limbaugh ­ perché volete che Terri Schiavo muoia?". In realtà, a leggere i giornali, ascoltare le radio e guardare le tv americane, la divisione tra una sinistra anti-life (pro-choice, nel caso di Terry Schiavo forse è troppo) e destra pro-life non è così netta. Qua e là si trovano anche conservatori favorevoli alle varie decisioni dei giudici di staccare la spina a Terri: Andrew Sullivan è uno di questi. Neal Boortz, un altro radio host conservatore, risponde così alla domanda di Limbaugh: "Voglio che Terri Schiavo muoia perché credo se lo sia guadagnato". Boortz è molto religioso e non crede che la morte sia la fine del viaggio dell’anima umana: "Terri non sta per essere uccisa. Le viene consentito di morire. La morte non sarà la fine di Terri Schiavo, sarà l’inizio. Finalmente le sarà consentito di reclamare il premio che tutti noi cerchiamo, un premio che si è guadagnato e che si merita". Più sorprendente la posizione di William F. Buckley, un santone del tradizionale movimento conservatore Usa, espressa sulla sua National Review. Buckley ha scritto che accusare il marito di Terri Schiavo di comportamenti "nazisti" è sbagliato, così come usare la parola omicidio: "E’ stata tenuta in vita per quindici anni, ha subito un centinaio di terapie mediche, tutte al servizio di un’astrazione, cioè del fatto che lei volesse restare in vita. Ci sono leggi contro l’alimentazione forzata e, nel caso avesse avuto i mezzi per far conoscere la sua volontà, nessuno può sapere se lei stessa avrebbe detto Basta".

Il punto è proprio questo, ha scritto Eric Cohen in un lungo articolo sul Weekly Standard, il settimanale neoconservatore che prova a fornire un’argomentazione liberale al diritto alla vita di Terri Schiavo: "La prima domanda ­ che cosa avrebbe voluto Terri Schiavo? ­ è la domanda cruciale del liberalismo moderno quando ci si deve occupare di coloro che non possono parlare per se stessi". In teoria, spiega Cohen, il liberalismo dovrebbe proteggere i disabili dalle decisioni che altre persone vorrebbero imporre. Il liberalismo, scrive Cohen, impone di "rispettare i chiari desideri della persona, se si conoscono. E di pendere dalla parte della vita, se non si conoscono", eppure si scade spesso nella mancanza di rispetto per le persone incapaci, che è tipica del liberalismo ideologico: "E’ l’idea secondo cui soltanto coloro con la capacità di esprimere la propria volontà hanno dignità, mentre tutti gli altri hanno una vita che non merita di vivere", non importa se siano "embrioni umani, malati terminali o feti con la sindrome di Down".

Ragioni liberali per tenerla in vita
Il caso Schiavo, conclude Cohen, è "l’ennesimo tradimento che il liberalismo moderno fa nei confronti delle persone vulnerabili, le stesse per le quali una volta si batteva. Invece che stare dalla parte di Terri Schiavo, una donna disabile, abbandonata dal marito e vista come un peso per la società, il liberalismo moderno solidarizza con Michael Schiavo, un uomo in salute che cerca di liberarsi del peso della moglie disabile e di realizzarsi nelle braccia di un’altra. E mentre qualcuno pensa che la soluzione ovvia sia il divorzio, in realtà questo è molto più di quanto Michael Schiavo possa sopportare, visto che richiederebbe un atto definitivo di tradimento invece che una presunta dimostrazione di lealtà ai desideri di Terri".
L’analista giuridico della Cbs News, Andrew Cohen, ieri ha scritto un editoriale per il liberal Los Angeles Times centrandolo sugli aspetti legali della vicenda, quelli che danno torto ai genitori di Terri e ragione al marito. La spiegazione è un po’ fredda. Spiega a chi vorrebbe tenere in vita la donna che non ci sono complotti contro Terri né giudici particolarmente cattivi: "I genitori hanno perso perché in tutti i casi giudiziari c’è qualcuno che deve vincere e qualcuno che deve perdere. Così funziona il nostro sistema di governo. Non è bello e qualche volta è ingiusto. Ma è la realtà".
Sull’ingerenza dei giudici nella vita degli americani è intervenuto Bill Kristol con un editoriale sul Weekly Standard in edicola questa mattina: "Bush e il Congresso dovrebbero condurre un serio dibattito nazionale per distingure l’indipendenza dei giudici dall’arroganza, e lo scrutinio dalla supremazia del potere giudiziario. Forse è arrivato il momento di sollevarci contro i nostri padroni in toga e scegliere di autogovernarci. Chiamatela Terri revolution".

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