New York. Chi è il nuovo Papa? "E’ il Cheney del Vaticano", ha scritto il New York Observer. Secondo il settimanale liberal, Joseph Ratzinger, come il vicepresidente americano, è stato il braccio destro di Giovanni Paolo II e, come Cheney, è un uomo "sprovvisto di carisma, almeno in pubblico, e con una reputazione di feroce guardiano del dogma, mai caldo, mai titubante ma sempre a suo agio all’interno della gerarchia vaticana". L’Observer però ha commentato con molta durezza l’elezione di Benedetto XVI. "Un Papa con un passato" era il titolo dell’editoriale. La tesi era questa: Papa Wojtyla da giovane si oppose ai nazisti che occupavano la Polonia, mentre il giovane Ratzinger "ha fatto una scelta diversa: quando aveva 14 anni è entrato nel movimento giovanile di Hitler". L’Observer non ha però spiegato che in Germania l’adesione alla gioventù nazista era obbligatoria, anzi ha lasciato intendere che sia stata una "scelta" volontaria quella del quattordicenne Ratzinger, al punto che nell’editoriale ha accusato i cardinali del Conclave di non essersi affatto "imbarazzati" a eleggere un ex nazista. L’editoriale si conclude così: "Hanno scelto un Papa con un passato. E ora dovranno affrontarne le conseguenze".
I commenti dei giornali americani sull’elezione di Ratzinger però sono generalmente positivi o comunque cauti, attendisti, bilanciati. Quasi tutti hanno notato con una punta di dispiacere che non sia stato scelto un cardinale del Terzo mondo, cioè di uno di quei paesi dove la Chiesa cattolica cresce con più facilità. Quasi tutti hanno riconosciuto che Ratzinger è comunque la figura intellettuale più forte della Chiesa cattolica d’oggi nonché il vero braccio destro di Wojtyla. Il giudizio del New York Times è favorevole, al contrario di quanto si potesse attendere dal più influente organo di stampa liberal del mondo. L’analisi di prima pagina di Laurie Goodstein, per esempio, è fin dal titolo di segno opposto rispetto a quella data in Italia dai quotidiani di sinistra. L’editoriale di Ezio Mauro su Repubblica, infatti, s’intitola "Un guerriero per sfidare la modernità", mentre la "news analysis" del New York Times dà un’interpretazione opposta: "Un evangelizzatore di destra con un occhio al futuro".
"Il gemello teologico di Giovanni Paolo II"
Il lungo ritratto del nuovo Papa pubblicato dal New York Times, dal titolo "Un accademico di primo piano e un visionario teologico con radici nella Germania ai tempi della guerra", ha raccontato al contrario dell’Observer che il padre di Ratzinger era un antinazista. Una notizia sfuggita a Maureen Dowd, ma non è una novità per la reginetta radical chic del New York Times. Nella sua rubrica e con il solito tono da "signora mia", Dowd ha definito il cardinale Ratzinger "un arciconservatore che guidava l’ufficio un tempo noto come l’Inquisizione e che una volta faceva parte della gioventù nazista". In un altro articolo, più accurato, Ian Fisher ha scritto che i cardinali hanno scelto "il gemello teologico di Giovanni Paolo II, ma anche il suo opposto quanto a presenza e personalità". Il Times ha svelato che almeno un cardinale, il belga Godfried Danneels, uno dei più liberal del Conclave, non è felicissimo della scelta, tanto da aver limitato le congratulazioni di rito a una "certa speranza" che il nome di Benedetto XVI, in onore del Papa che si oppose alla Prima guerra mondiale, possa significare qualcosa.
L’editoriale del Times, dal semplice titolo "Il nuovo Papa", ha spiegato come la differenza tra Wojtyla e Ratzinger potrebbe evidenziarsi nel rapporto con l’Islam. Giovanni Paolo II era un conservatore, ma anche un uomo noto per tendere la mano alle altre religioni.
Nella pagina delle opinioni, sempre del New York Times, ieri c’era anche un commento di Michael Novak, il teologo neocon dell’American Enterprise. Ratzinger è un conservatore radicale, ha scritto Novak. Nessuno più di lui era vicino a Wojtyla e quindi una scelta migliore il Conclave non poteva fare. Novak ha provato a confutare le caricature di Ratzinger, considerato dai giornali liberal un "autoritario", un "cane da guardia" o un "neoconservatore". Novak ha scritto che "il nuovo Papa non sarà un clone del vecchio". E’ un uomo timido, tranquillo, più simile a un "pastore di provincia o a un professore che a un attore" alla Wojtyla. Le sue idee sulla Chiesa "sono più radicali di quelle di Giovanni Paolo II". Secondo Novak, Ratzinger vuole una Chiesa fedele al Verbo anche a costo di perdere praticanti. Non crede sia giusto modernizzarla, sacrificando la parola di Gesù per tentare di conquistare nuovi fedeli. Anche perché, alla lunga, le chiese che si aprono alla modernità perdono fedeli, mentre sono quelle più conservatrici, come accade in Africa e in Asia, a crescere più rapidamente. Secondo Novak, Ratzinger non è un nemico del liberalismo anzi spesso sembra muoversi dentro la stessa cornice di Tocqueville, Lord Acton e James Madison. E’, piuttosto, un feroce avversario del socialismo, dello statalismo, dell’autoritarismo, ma allo stesso tempo si preoccupa che la democrazia possa essere eccessivamente vulnerabile di fronte alla "dittatura della maggioranza", e si batte perché la libertà non sia libertà di fare qualsiasi cosa si voglia fare. Ratzinger teme che l’Europa, come è successo col nazismo e col leninismo, non abbia più voglia di riconoscere che cosa sia il male e che cosa sia il bene. Il papato di Benedetto, secondo Novak, sarà centrato su una domanda: "Qual è la cultura necessaria a proteggere le società libere dai pericoli che si annidano al suo stesso interno?".
"Un geniale e tosto intellettuale"
L’altro teologo neocon George Weigel (il cui ultimo libro ieri è stato recensito dal Foglio) è stato intervistato dal New York Times, mentre la sua tesi della "cristianofobia" che colpisce l’Europa è stata citata nell’editoriale del Washington Post di Anne Applebaum. Secondo la saggista inglese, il papato di Ratzinger è da seguire con attenzione perché farà capire la direzione di marcia dell’Europa. "Non avendo scelto un Papa da una parte del mondo dove la Chiesa oggi cresce, i cardinali hanno mostrato di non avere in alcun modo dato per perso il continente dove il papato è effettivamente nato. Forse vedono qualche tendenza a noi invisibile. Forse scommettono che l’enorme crescita della popolazione musulmana in Europa, con tutte le domande che pone sull’identità nazionale di paesi come l’Olanda o la Francia, possa ricondurre gli europei, se non direttamente a tornare alla religione, almeno a riconoscere che la Chiesa ha un ruolo nella vita pubblica o, quantomeno, nei libri di storia". Per questo compito, secondo Applebaum, non c’è uomo più adatto di Ratzinger.
Un altro editorialista del Washington Post, E. J. Dionne Jr., due giorni fa aveva descritto Ratzinger come "un geniale e tosto intellettuale che, come molti neoconservatori americani, ha iniziato la sua carriera da posizioni moderatamente liberal fino a sviluppare una sfiducia nella sinistra a causa delle rivolte studentesche degli anni Sessanta". Ieri ha scritto che il nuovo Papa è uno che non ha paura di essere impopolare. Secondo Dionne jr., Ratzinger sostiene che sia dovere dei cristiani "ritrovare la capacità di non essere conformisti", perché "se il mondo, o almeno la sua parte benestante e istruita, va in una direzione questo non significa necessariamente che la Chiesa debba seguirlo. Al contrario Ratzinger è convinto che la chiave per la sopravvivenza dei cattolici di fronte all’islam militante e al cristianesimo evangelico sia quella di offrire un’alternativa che senza imbarazzi si autodichiari come il vero cammino per raggiungere Dio". Questo, secondo l’editorialista del Post, vuol dire che dentro la Chiesa si sta spegnendo la speranza progressista attizzata dal Concilio Vaticano II.
"Il cane da guardia gentile"
"Il cane da guardia gentile", ha titolato il Los Angeles Times provando ad attenuare gli stereotipi sul Papa tedesco, ma nell’editoriale il giornale losangelino è stato scettico, quasi sarcastico: "Possiamo soltanto sperare che gli attacchi di Benedetto XVI al relativismo morale gli facciano prendere una posizione più forte di quella presa da Giovanni Paolo II contro le molestie sessuali dei preti americani". Molto più preoccupati i commenti degli editorialisti liberal del Boston Globe ("La chiesa si è allontanata dal XXI secolo"), di Slate ("E’ una scelta perfetta se la Chiesa vuole aderire a una dottrina retrograda, far allontanare ancora di più i suoi fedeli e perdere influenza nel mondo in via di sviluppo") e di molti altri che hanno puntato sull’estremo conservatorismo, specie sulle questioni sociali, del nuovo Papa. Andrew Sullivan, un conservatore liberale e paladino dei diritti dei gay, ha scritto di essere "scioccato" da questa scelta e ha inondato il suo seguitissimo blog di considerazioni negative sul "Grande Inquisitore". Entusiasta, invece, il New York Post ("Un difensore della fede"). Sullo stesso giornale, John O’Sullivan ha scritto che le preoccupazioni dei liberal intorno ai contraccettivi, al matrimonio gay e all’ingresso delle donne nella gerarchia sono "parrocchiali" in un mondo che deve fare i conti con la sfida dell’islam, la crescita del cristianesimo protestante e la persecuzione di parecchie comunità cattoliche". Jonah Goldberg, su National Review, si è stupito dello stupore della scelta: "L’idea che potessero eleggere un Papa pronto a cambiare la politica della Chiesa sull’aborto è una fantasia inventata dai giornalisti di sinistra". Secondo Maurice Timothy Reidy di New Republic, "è una vittoria del centralismo del Vaticano. Ed è un problema perché non ammette diversità sul piano locale".