Camillo di Christian RoccaPowell contro Bolton, torna (forse) la dialettica falchi-colombe

New York. E’ sceso in campo anche Colin Powell contro la nomina di John Bolton alla carica di ambasciatore americano all’Onu. Intorno alla scelta di inviare al Palazzo di Vetro l’ex sottosegretario al Dipartimento di Stato si sta giocando una curiosa battaglia politica che va al di là della figura di Bolton e del ruolo per il quale è stato nominato. Non è neanche una normale battaglia tra repubblicani e democratici, come giovedì sera ha detto George Bush. Dietro c’è uno scontro interno al mondo conservatore. Il presidente ha nominato Bolton perché lo considera un negoziatore tosto, un funzionario di governo esperto, un uomo intelligente e soprattutto un fedele esecutore della sua politica estera. La scelta di Bolton è sulla stessa scia della nomina di Condoleezza Rice al Dipartimento di Stato, sebbene Bolton sia più vicino al vicepresidente Dick Cheney che a Bush. Bolton è un conservatore tradizionale, non è un neocon (al contrario di quanto scrivono il Corriere e la Repubblica), non è un fanatico dell’esportazione della democrazia, ma sa che questa è la politica dell’Amministrazione di cui fa parte. Il secondo mandato di Bush diverge dal primo proprio per questo: ora l’America parla con una voce sola, quella della Casa Bianca. Non c’è più il gioco delle interpretazioni, delle mediazioni e dei fraintendimenti tra falchi bushiani e colombe di Powell.
Ma attenzione ai colpi di coda. Bolton ha lavorato con Ronald Reagan, con Bush padre, con Bush figlio e mai la sua conferma al Senato è stata un problema. Ora, improvvisamente sì. All’inizio tutto sembrava seguire la solita routine: i democratici che non contestavano Bolton, ma la scelta di inviarlo proprio alle Nazioni Unite. Gli chiedevano conto, infatti, di alcune sue ruvide dichiarazioni contro l’Onu. Bolton si è difeso spiegando che al tempo non era al governo e ricordando che da sottosegretario alle Organizzazioni internazionali ha lavorato a lungo con l’Onu, tanto da aver convinto l’Assemblea a ritirare la risoluzione del 1973 che comparava il sionismo al razzismo. Bolton, infine, ha raccontato che da privato cittadino ha lavorato gratuitamente per l’Onu, accettando l’incarico di consigliere di James Baker quando questi fu nominato inviato speciale delle Nazioni Unite per la decolonizzazione del Sahara occidentale.
A un certo punto, però, il dibattito ha preso una direzione diversa. Non si è più parlato di Onu. I senatori hanno cominciato a contestargli i metodi di lavoro, l’eccessiva durezza nei confronti dei sottoposti e anche un’accusa avanzata dalla leader delle "Mamme contro Bush". Melody Townsel sostiene di essere stata inseguita, a Mosca, nel 1994, da urla e minacce di Bolton. La donna era stata assunta da una società che forniva servizi in Asia centrale per conto dell’agenzia governativa Usaid. La mamma liberal si era lamentata con l’Usaid del suo datore di lavoro. Bolton non era al governo, faceva l’avvocato. E come tale fu inviato a Mosca a rappresentare gli interessi della società accusata dalla sua dipendente. Le altre critiche sono più serie: Bolton ha chiesto il trasferimento di due sottoposti. Secondo loro perché non condividevano le analisi di Bolton (confermate dalla Cia) sulle armi biologiche di Fidel Castro. Secondo Bolton perché i due funzionari rifiutavano di eseguire gli ordini del governo.
I repubblicani avrebbero i numeri per confermare Bolton, ma in Commissione tre senatori hanno cominciato a storcere il naso. Prima un senatore del Rhode Island in cerca di rielezione nel 2006 in uno Stato liberal. Poi Chuck Hagel, aspirante presidente nel 2008 con una piattaforma di politica estera completamente diversa da quella bushiana. Infine anche un moderato senatore dell’Ohio, il quale prima non aveva mai partecipato alle sedute. Giovedì si è scoperto che questi senatori si erano consultati con Powell. E’ stato lui a consigliare i tre, a spiegare che quel Bolton con cui aveva avuto tanti problemi al Dipartimento di Stato sarebbe una pessima scelta. Bush non arretra di un millimetro. Se ne ridiscuterà all’inizio di maggio, ma gli avversari di Bolton sanno che dal 1789 soltanto nove volte il Senato, non importa quale fosse la sua maggioranza, ha impedito a un presidente di scegliersi i suoi collaboratori.

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