Camillo di Christian RoccaBuonanotte Onu

New York. E’ una settimana mica male, questa, per le Nazioni Unite e per il suo claudicante segretario generale. Due messaggi di posta elettronica, scoperti per caso in un archivio di Ginevra, hanno messo Kofi Annan nei guai, al punto che la Commissione indipendente d’inchiesta su Oil for food ha subito comunicato che riaprirà “urgentemente” il caso. Contemporaneamente, ieri, una task force bipartisan creata dal Congresso americano ha presentato un progetto di riforma dell’Onu, sostenendo che “le Nazioni Unite hanno bisogno di riforme e di un rafforzamento, viceversa rischiano il declino di credibilità e il loro futuro sarà a rischio”. Oggi, poi, il Congresso voterà una proposta di legge, già approvata in Commissione, che blocca automaticamente fino a metà dei finanziamenti americani al Palazzo di Vetro, se non saranno approvate un mucchio di radicali riforme. In settimana, infine, dovrebbe finire l’ostruzionismo del Partito democratico nei confronti di John Bolton, l’ambasciatore all’Onu nominato da George Bush e ancora in attesa di conferma del Senato.

smentita la difesa del segretario
La notizia è comparsa due giorni fa in un breve articolo di Judith Miller sulle pagine interne del New York Times, e il giorno dopo è stata ripresa con scarso rilievo dai giornali italiani. Eppure è clamorosa, perché smentisce tutta la linea difensiva di Annan nello scandalo Oil for food, il programma petrolio-in-cambio-di-cibo gestito dall’Onu fino alla caduta del regime di Saddam. Oil for food avrebbe dovuto sfamare la popolazione irachena, vendendo una parte del petrolio di Saddam bloccato dall’embargo Onu, ma in pratica ha rafforzato il regime e ha creato il più grande giro di corruzione e di contrabbando della storia (21 miliardi di dollari). La società che avrebbe dovuto controllare il corretto funzionamento della parte alimentare del programma, la Cotecna, pagava regolarmente il figlio di Annan, Kojo. I due Annan in un primo momento hanno negato i pagamenti, poi le inchieste hanno provato che Kojo ha ricevuto uno stipendio fino a pochi mesi fa, in teoria per non fare niente. Il dubbio che si trattasse di una contropartita per l’assegnazione dell’appalto è diventato molto forte quando si è scoperto che la Cotecna vinse l’appalto perché la sua offerta era meno onerosa di quella dei concorrenti, salvo però aumentarla, fino allo stesso prezzo degli sconfitti, pochi giorni dopo la firma del contratto. Kofi Annan si è difeso dicendo di non aver mai saputo dell’interesse di Cotecna per l’Iraq, anzi di averlo appreso soltanto ad appalto assegnato. La Commissione indipendente presieduta da Paul Volcker gli ha creduto, cioè non ha trovato prove di corruzione di Annan, al punto che il segretario ha detto di essere stato “assolto” dalle accuse. I membri della Commissione hanno dovuto precisare che no, non è stato affatto del tutto esonerato e un giornalista di Al Jazeera, alla conferenza stampa di presentazione del Rapporto Volcker, ha chiesto: “Come pensate possa essere credibile che padre e figlio non abbiano mai parlato di un affare multimilionario in cui erano entrambi coinvolti e da cui dipendeva la vita di 25 milioni di persone?”. Ora sono comparse queste due e-mail a smentire Annan. Sono state trovate negli archivi della Cotecna da una delle cinque inchieste federali americane che indaga su Oil for Food. Sono state scritte da un dirigente di Cotecna e indirizzate ai vertici della società una settimana prima della gara d’appalto. L’anno è il 1998. Il dirigente è Michael Wilson, ghanese come il segretario, grande amico di famiglia degli Annan e d’infanzia di Kojo. Wilson chiama Kofi Annan “zio”. Nella prima e-mail, Wilson ha scritto ai suoi capi di aver incontrato il segretario generale e il suo staff a Parigi, e questi gli hanno dato consigli sulla gara e la rassicurazione di “poter contare sul loro sostegno”. Un portavoce Onu ha confermato che quel giorno Annan si trovava a Parigi, ma ha detto che il segretario non si ricorda di quell’incontro avvenuto una settimana prima che la Cotecna ottenesse il contratto.

senza svolta, stop ai soldi
Una task force bipartisan, guidata dagli ex leader repubblicani e democratici Newt Gingrich e George Mitchell, ha presentato un rapporto con le proposte di riforma delle Nazioni Unite, un organismo giudicato “fossilizzato” e incapace di autoriformarsi con l’attuale leadership. Tra le raccomandazioni contenute nelle 154 pagine del rapporto ci sono l’istituzione di una forza di intervento rapido per prevenire genocidi, stragi e gravi violazioni dei diritti umani; una commissione indipendente di controllo dei conti; un sistema di votazione che sulle questioni finanziarie dia più potere alle nazioni che contribuiscono maggiormente al bilancio. La task force ha suggerito di far partecipare soltanto le democrazie ai lavori della Commissione sui diritti umani e ha chiesto alla Casa Bianca di nominare un ambasciatore ad hoc per organizzare il gruppo delle democrazie dentro l’Onu e quindi promuovere i diritti democratici dentro i paesi membri. Oggi, infine, il Congresso voterà la “U.N. Reform Act of 2005” che, se approvata, introdurrà riforme finanziarie e strutturali nel sistema Onu. Se almeno 32 delle 39 riforme Onu suggerite dalla legge non saranno approvate, gli Stati Uniti ritireranno automaticamente metà della propria quota annuale che, nel 2006, sarà di 439 milioni di dollari.

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