Se c’è una cosa che in questi anni di globalizzazione transnazionale ha funzionato alla perfezione, questa è Internet, cioè il formidabile strumento di comunicazione, commercio e trasferimento dati inventato dal Pentagono e poi messo liberamente a disposizione di chiunque nel mondo avesse voluto utilizzarlo. Grazie alla supervisione tecnologica e amministrativa degli Stati Uniti, la Rete è diventata il luogo di libertà per eccellenza, in certi casi la valvola di sfogo della dissidenza politica, spesso l’unica oasi che consentisse ai singoli individui di scrollarsi di dosso la presenza protettiva e oppressiva dello Stato. Internet è libero come il Far West, ed è proprio la sua libertà la chiave del successo planetario. Ebbene, questa libertà potrebbe venire meno.
L’ideona è venuta all’Onu (e a chi se no?). L’Organizzazione guidata da Kofi Annan, non contenta di aver trasformato in disastro qualsiasi cosa abbia toccato, ha convocato per il 16 novembre, a Tunisi, il World Summit on the Information Society con l’obiettivo esplicito di togliere agli americani la gestione di Internet e di consegnarla ai burocrati del Palazzo di Vetro. Il progetto prevede di delegare all’Onu il governo e il controllo di Internet, oggi in mano a varie società private americane che lo esercitano in modo così liberale e aperto che nessuno si è mai accorto della loro esistenza. Un brivido corre già lungo la schiena di qualunque utente della Rete. Ma c’è di peggio. L’Onu vuole espropriare agli americani la loro tecnologia, fissare linee guida ben precise, gestire l’assegnazione dei domini, controllare il traffico sui siti, regolamentare il commercio e finanche i contenuti, in base al principio che Internet è “una risorsa globale”. A spingere per mettere Internet sotto tutela, guarda caso, ci sono i paesi Onu più minacciati dalla libertà globale che gli americani garantiscono agli utenti, ovvero le dittature d’Iran e di Cina. E con loro Russia, Arabia Saudita, Algeria, Cuba, Egitto, Pakistan, Tunisia. L’Unione europea, per non smentirsi, s’è schierata con loro, mentre il Dipartimento di Stato ovviamente non considera nemmeno per un secondo l’ipotesi di cedere la sovranità a un club di burocrati corrotti. Un problema globale di Internet esiste, specie in ambiti commerciali e di proprietà intellettuale. La via migliore per risolverlo è non toccare nulla, oppure affidarsi alle regole libertarie del paese che l’ha creato. La via peggiore è rivolgersi all’Onu e alla sua allegra congrega di dittatori.
11 Ottobre 2005