C’è una notizia importante, anzi ce ne sono tre, per i neoconvertiti a una politica seria (e di sinistra) sull’Iraq, cioè per Prodi e Fassino. I due leader hanno infine annunciato urbi et orbi che, una volta al governo, non abbandoneranno il popolo di Nassiriyah alle squadracce islamo-fasciste di Zarqawi e ai nostalgici del dittatore, al contrario di quanto fece Josè Luis Zapatero. La nuova linea autunno-inverno 2005 è questa: l’Unione concorderà con gli alleati americani e iracheni il piano di ritiro. Il centrosinistra di governo si è così liberato di quella retorica da centrosinistra di piazza che, con qualche eccezione tra i rutelliani, è stata il collante della coalizione oggi all’opposizione. Ottimo. Ma ecco, però, le tre notizie che inchioderanno l’Italia in Iraq per molto tempo, se solo le dichiarazioni di Prodi e Fassino hanno un senso.
La prima notizia: il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha trovato l’accordo su una risoluzione che estende fino al 31 dicembre 2006 il mandato in Iraq della coalizione militare guidata dagli Stati Uniti. Questo vuol dire che il primo alleato da consultare, la tanto invocata Onu, chiede ai paesi presenti in Iraq di mantenere le truppe almeno un anno oltre la scadenza delle elezioni del mese prossimo. La risoluzione è stata presentata da Stati Uniti, Gran Bretagna, Romania e Danimarca, e può contare su un accordo con francesi e russi, in un primo momento favorevoli a un’estensione di soli sei mesi. E’ stata approvata all’unanimità.
La seconda notizia: la richiesta ufficiale all’Onu di rimanere in Iraq è del 27 ottobre e proviene dal premier iracheno Ibrahim Jaafari. Una richiesta peraltro reiterata direttamente al centrosinistra italiano, ieri a Roma, dal presidente iracheno Jalal Talabani, compagno di partito di D’Alema e di Fassino nell’Internazionale socialista.
Infine, la terza notizia: gli americani hanno aumentato il numero delle truppe in Iraq: da 138 mila a 160 mila e hanno ufficialmente cambiato strategia. Il 19 ottobre, in un’audizione al Senato incredibilmente trascurata dalla stampa, Condoleezza Rice ha annunciato una svolta. A Baghdad l’obiettivo non è più quello di addestrare l’esercito iracheno e man mano cedergli la gestione della sicurezza in vista di un disimpegno. Comincia, piuttosto, la fase 4 dell’intervento americano, dopo la destituzione del regime (2003), il passaggio dei poteri (2004) e il sostegno al processo democratico (2005). Ora, per la prima volta, Washington ha delineato una precisa strategia contro la guerriglia e un piano dettagliato per il mantenimento della sicurezza nelle zone liberate da attuare nel 2006. Restate, dice l’Onu. Restate, chiede il nuovo Iraq democratico. Restiamo, annunciano gli americani. Se le parole hanno un senso, questo vuol dire che anche l’Italia di Prodi e Fassino, ascoltati gli alleati, resterà in Iraq.
10 Novembre 2005