Camillo di Christian RoccaI turbanti atomici

Questa volta la voce grossa l’hanno fatta gli europei, non gli americani. Non solo Tony Blair, ma anche Jacques Chirac e Angela Merkel. Gianfranco Fini ha condannato la decisione iraniana di togliere i sigilli Onu alle centrali nucleari e ha detto che su questo punto Teheran “non ci dividerà”. Il ministro degli Esteri di Mosca, che pure fornisce tecnologia a Teheran, ha detto di essere “dispiaciuto” della scelta iraniana e ne ha discusso con Condoleezza Rice, mentre i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza avevano già ufficialmente chiesto a Teheran di non riaprire le centrali nucleari. Il presidente Ahmadinejad ha replicato che non si farà intimidire da tanto “baccano occidentale”. La Gran Bretagna non esclude nessuna opzione. La Francia parla di “grave errore”. La Germania è certa che il gesto “non rimarrà senza conseguenze”. “Siamo arrivati al punto di non ritorno”, hanno detto i diplomatici del terzetto europeo a nome dei 25 membri dell’Unione, dopo il fallimento della lunga trattativa con Teheran. Gli americani avevano previsto questo esito molti mesi fa, ma avevano lasciato tentare gli europei. La questione arriverà al Consiglio di sicurezza dell’Onu probabilmente già oggi pomeriggio. E prima o poi l’Onu varerà sanzioni di qualche tipo.
Il punto è che ormai non c’è più alcun dubbio sulle intenzioni iraniane. Chi giudicava le preoccupazioni della Casa Bianca assurde paranoie di una presidenza neoimperiale s’è reso conto che gli ayatollah non hanno mai rinunciato a dotarsi della Bomba. La loro strategia è sempre stata ispirata al principio “se fate i cattivi ci facciamo la Bomba, ma se fate i bravi ce la facciamo lo stesso”. Una teocrazia islamista con l’atomica è un problema serio, perché non va dimenticato che alla guida ci sono i maniaci religiosi che vogliono cancellare Israele dalla carta geografica ed esportare la rivoluzione integralista nel resto del mondo. L’Amministrazione Bush, così come il governo inglese del laburista Blair, non esclude a priori nessuna opzione, nemmeno quella militare. Un’ipotesi sostenuta anche dal campione della realpolitik Henry Kissinger. Colpire chirurgicamente le centrali nucleari con raid aerei mirati, simili a quello israeliano che nel 1981 rase al suolo lo stabilimento di Osirak di Saddam, sembra un’idea d’improbabile realizzazione per svariati motivi, non ultimo il vuoto politico in Israele. Preparandosi al peggio, non sarebbe male che intanto il mondo civile lavorasse per il meglio. Vale a dire per fornire all’opposizione iraniana tutti i soldi, tutta l’assistenza e tutti gli strumenti necessari ad avviare una rivoluzione democratica che provi a cambiare dall’interno il regime dei turbanti atomici.