Camillo di Christian RoccaIl segugio del Sunday Times recensisce (e stronca) il Nigergate di Rep

Milano. La barzelletta chiamata Nigergate, definitivamente smontata da un puntiglioso giornalista anti Bush del Sunday Times di Londra, ha una coda velenosa contenuta nel blog di Michael Smith. Ora sappiamo che l’autore dello scoop raccontato ieri dal Foglio ha scoperto che, nel discorso sullo Stato dell’Unione del 2003, Bush non ha mentito a proposito dell’uranio nigerino che Saddam voleva acquistare, perché esiste una prova trovata dai servizi francesi, confermata come vera dall’Agenzia nucleare dell’Onu, secondo cui Saddam avrebbe davvero cercato di acquistare l’uranio dal paese centroafricano. Questa lettera del 2000 è stata passata dai francesi ai servizi inglesi nel 2002 e da qui è finita nel discorso sullo Stato dell’Unione di Bush. Smith, inoltre, ha svelato i dettagli mancanti del falso dossier fabbricato in Italia da un diplomatico nigerino e da una dipendente italiana dell’ambasciata e poi diffuso da un agente al servizio dei francesi (si tratta del famoso dossier patacca che, secondo Repubblica, il Sismi avrebbe passato ai falchi di Washington per giustificare una guerra ingiusta e illegale).
Sul blog di Smith, ospitato sul sito del Times, si leggono giudizi severi sui giornali italiani e in particolare sull’inchiesta di Repubblica condotta da Carlo Bonini e Giuseppe D’Avanzo. Va detto che Smith non è un propagandista di Bush e Blair, al contrario è un ossuto contestatore della politica estera e interna dell’attuale Casa Bianca, anzi è il giornalista che ha scoperto il famigerato Downing Street Memo che tanto fastidio ha dato a Blair e Bush. A proposito dell’inchiesta dei due giornalisti di Repubblica, Smith ha scritto che “molte informazioni contenute nei loro articoli non corrispondono alle prove che ho ottenuto da fonti molto affidabili”. E, spiega ancora Smith, si tratta di fonti serie che più volte hanno contraddetto l’intelligence pre-guerra molto prima che questa venisse screditata. Smith si dice certo delle buone intenzioni di Bonini e D’Avanzo e del fatto che abbiano riportato in modo accurato quanto riferito dalle loro fonti, ma ricorda che “tutte le fonti hanno interessi e non tutte sono ben intenzionate”.
Smith racconta la genesi dello scoop di Repubblica. La storia del falso dossier era stata offerta a una giornalista dell’Espresso, Dina Nascetti, da gente che lei sia al Times sia al Foglio descrive come “fonti diplomatiche non italiane”. Siamo nell’estate 2003. La Nascetti chiede alla direzione dell’Espresso il lasciapassare alla pubblicazione del cosiddetto scoop mondiale, ma avverte che la fonte vuole diecimila dollari. All’Espresso nicchiano, secondo alcuni perché non si fidano della fonte, secondo altri perché non si fidano di Nascetti. Sicché la giornalista, oggi fuori dal settimanale e in causa con il suo antico datore di lavoro, passa la sua fonte “non italiana” ai due giornalisti di Repubblica, che così a fine luglio 2003 pubblicano la loro prima inchiesta sul Nigergate.
Smith fa due più due e interpreta le parole della Nascetti in questo modo: la sua fonte non poteva che essere qualcuno dei servizi francesi. Al Foglio, la Nascetti smentisce che le fonti fossero palestinesi o somale, come qualcuno aveva sospettato, ma conferma che non erano italiane. A una precisa domanda sull’interpretazione “francese” data dal giornalista del Sunday Times, Nascetti sostiene di avergli consigliato piuttosto di “guardare a Londra”. Ma Smith insiste. E suggerisce addirittura l’ipotesi che i francesi potrebbero aver orchestrato una campagna di disinformazione basata sui documenti falsi fabbricati in Italia per distogliere l’attenzione sul vero tentativo iracheno di acquisto dell’uranio del Niger.
Smith racconta che l’inchiesta di Bonini e D’Avanzo è diventata il cuore del libro “Il Mercato della Paura”, uscito per Stile Libero di Einaudi senza molto clamore e, a guardare le classifiche ufficiali sul sito Arianna, senza essere mai entrato in classifica (quindi dovrebbe aver venduto un migliaio di copie). Smith, inoltre, scrive che, Corriere a parte, la stampa italiana non è paragonabile a quella inglese perché o “pubblica spazzatura per giustificare gli attacchi ai servizi segreti” oppure riporta acriticamente le veline dei servizi. Il Foglio non rientra in nessuna delle due categorie. Altri, chissà.

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