Il turno di ballottaggio delle elezioni comunali di Palermo si è tenuto il 21/22 maggio scorso. Loeluca Orlando è stato plebiscitato sindaco di Palermo, con una maggioranza assoluta di consiglieri dipietristi ma nonostante la sentenza della Corte Costituzionale n. 277 del 17 ottobre 2011 (scaturita dal ricorso di un cittadino elettore di Catania nei confronti del sindaco e senatore Stancanelli) abbia ribadito l’incompatibilità fra la carica di parlamentare e quella di sindaco di Comune con popolazione superiore a 20.000 abitanti lui è ancora lì, titolare di una sedia a Montecitorio.
Orlando in campagna elettorale, il 26 aprile scorso, dichiarò: “Tra 15 giorni mi dimetto da parlamentare e da presidente di un’importante commissione, quella sugli errori sanitari. Mi dimetto e farò il sindaco”. Il 30 maggio scorso lo stesso Orlando ha comunicato alla Giunta delle Elezioni della Camera che si dimetterà “non appena l’iter previsto dalle leggi regionali in materia sarà definitivamente perfezionato con il prescritto giuramento innanzi al consiglio comunale”.
Suggerirei al sindaco Orlando di non perdere tempo e seguire l’esempio del neo-sindaco di Civitavecchia, Pietro Tidei, che si è già dimesso dalla carica di deputato, così facendo, zittirebbe chi sostiene che il ritardo sia dovuto ad una richiesta del suo partito, infatti chi subentrerebbe ad Orlando alla Camera, è Giuseppe Vatinno, primo dei non eletti dell’Idv nella circoscrizione “Lazio 1”, che nel frattempo ha lasciato il partito di Di Pietro per abbracciare l’Api di Rutelli.
In ogni caso ci hanno già pensato i Radicali che hanno “minacciato” di intervenire per liberare Orlando dall’imbarazzo e a presentare l’azione popolare ai sensi dell’art. 69 del D.Lgs. n. 267/2000, uno strumento molto efficace di democrazia diretta riscoperto dall’Associazione radicale Adelaide Aglietta di Torino e che può essere attivato da ogni elettore di Palermo per far sancire dal Tribunale ordinario l’incompatibilità. A quel punto, Orlando avrebbe dieci giorni di tempo dalla notifica del ricorso per esercitare la scelta fra la carica di sindaco e quella di parlamentare.