Marco ha 23 anni, studia Giurisprudenza ed è figlio della buona borghesia di provincia, quella che si alza presto, lavora, risparmia e fa studiare i figli. Un giorno Marco decide di migliorare il proprio livello d’inglese. Compra un biglietto Ryanair e vola a Londra. Dai suoi non vuole un centesimo perchè ha deciso che se la caverà da solo. Sbarca nel quartiere Seven Sisters dove s’infila in una vita metropolitana fatta d’immigrazione, lavoro nero, piccola delinquenza e degrado. Torna dopo 4 mesi con un certificato di lingua in tasca e una vita molto più densa e colorata. A Pirates!Not the Navy! decide di raccontare la vita dura dei sobborghi neri di Londra.
Un bravo studente, una vita agiata, una laurea da prendere. Voli a Londra come tanti per migliorare l’inglese e fino a qui tutto normale. Tuttavia, invece che in qualche college immerso nel verde o in qualche comodo residence finisci a Seven Sisters,come mai?
Volevo una vera esperienza di lavoro e non la solita pappa pronta dei galletti di provincia. Non volevo chiedere ulteriore sostegno economico ai miei e pensai che l’unico modo per capire un Paese è viverlo tra la sua gente, non tra tanti altri stranieri. Arrivato a Victoria Station e trovo ad aspettarmi un mio concittadino di origine magrebina, che si è gentilmente offerto di condividere la sua stanza col sottoscritto in attesa di diversa sistemazione. Ovviamente non ho la più pallida idea in quale parte di Londra viva. Il passaggio da Victoria Station a Seven Sisters, quartiere di residenza del mio (ormai caro) amico è un suggestivo viaggio tra le mille città, e relative culture, che vivono sotto i rintocchi del grande orologio: si passa dal quartiere turco a quello ebreo, da quello italiano a quello nero(Seven Sisters appunto). I palazzi sfilano veloci e ci allontaniamo dalla famosa “zona 1” mi rendo conto che il livello della qualità della vita si abbassa vertiginosamente. Ecco che si passa dalla lady con la borsa griffata che esce da un negozio lusso all’ uomo con la barba incolta e la giacca strappata. La cosa che più mi ha lasciato stupito è l’assoluta disinvoltura con la quale si attraversano queste “mini-città” con i loro “mini-cittadini”: sembrano tutte piccole regioni che hanno riconosciuto la supremazia della grande Londra. Appena arrivati nei pressi di Seven Sisters il mio amico mi avverte: è la zona nera e qui tendono a verificarsi episodi di razzismo oppposti a come siamo abituati a concepirli noi, qui sei tu quello in minoranza. Nulla di più vero. Particolare l’anitpatia dei clercks di colore verso i pochi bianchi che vivono qui, la risposta scortese, che sia in banca o alle poste, raramente ve la risparmieranno. Aneddoto emblematico: Job Centre, primo mese in Inghilterra e ovvie difficoltà nello speaking e nel listening. Sono lì per chiedere il sussidio statale in quanto disoccupato ed in cerca di lavoro. La mia adviser di colore, con fare arrogante e svogliato, mi dice che devo tornare con un traduttore e che così non troverò mai lavoro. Dettaglio: io lavoravo già ed in nero ovviamente.
Seven Sisters life-style, come vivi e cosa fai per campare?
Vivo con altri otto giovani stranieri in un grande palazzo piuttosto squallido e come potrete immaginare la qualità delle stanze è decisamente bassa. E’ così che ti capita di svegliarti con l’acqua che vien giù dal soffitto alle 8 della mattina, chiami il landlord che prima non ti risponde, poi, con ore di ritardo arriva e ti fa: guarda, non c’è niente, se succede di nuovo fammi sapere. Ora io non sono un idraulico, ma se scende acqua dal soffitto vuol dire che da qualche parte c’è una perdita, e considerando che sopra la mia stanza c’era il bagno, non credo serva chiamare il RIS di Parma per scoprire da dove arriva questa benedetta acqua. Ma c’è di peggio: una sera ero nella mia stanza a scrivere al computer e sento dei rumori indecifrabili, qualcosa che si muove. Penso un attimo ai miei vicini di stanza cinesi e alla loro straordinaria capacità di ansimare senza pudore durante i loro momenti più intimi e suppongo che stiano provando qualche nuova pratica sessuale. La mattina dopo mi vesto per andare a lavoro, prendo la mia roba e spunta un grosso sorcio da dietro la valigia. Improvvisamente esce tutta la famiglia e si nasconde in un buco(direi più una caverna per rendere l’idea) nel muro a fianco del letto. Panico. Londra è rinomata per la densità di topi e capita spessissimo di vederli nelle metropolitane, ma da lì a dormirci insieme ce ne corre. Vado a lavoro e chiedo allo chef: chef guardi ho un problema a casa, ci sono i topi, cosa posso fare? Risposta: facci amicizia. Torno e il turco che abita con me mi avverte che ha visto dei topi in cucina e se ripenso alle condizioni igieniche di frigo e fornelli mi domando come mai non ci fosse tutto lo zoo oltre agli amici ratti. Problema risolto murando ogni singolo buco nelle pareti e diffondendo per terra una pratica di tortura per topi a dir poco agghiacciante: striscia di carta con colla sopra. Il topo muore urlando e ansimando dalla fame e dalla sete e se vi dico che le urla si sentivano durante la notte nonostante tutte le porte fossero chiuse dovete credermi. Il tutto sotto gli occhi dell’ unica coinquilina inglese che pareva soffrire più del topo stesso. Come potrete immaginare le case sono molto spesso multi-etniche e la mia era composta da: due cinesi, sostituiti poi da due spagnoli, un marocchino cresciuto in Italia(il mio amico appunto), un adorabile turco, un’inglese vegetariana e un play boy del Bangladesh: esattamente 3 musulmani e una vegetariana. Tralasciando che puntualmente sparivano cibo e oggetti di uso quotidiano per la casa e che anche in questo caso non sono serviti le squadre speciali per risalire ai colpevoli…
Vita lavorativa: non hai risposto perchè probabilmente veleggiavi spinto dal vento dell’illegalità, ora canta però e confessa di cosa vivevi.
Dunque, la prima settimana mi prendono subito in prova in un ristorante sulla Upper Street, Angel, zona carina e ricca di ristoranti. Ovviamente il mio inglese non è ancora a livelli accettabili per uno che è a contatto col pubblico, ma sta di fatto che pur di trovare lavoro mi spaccio per un cameriere navigato che sta imparando la lingua. Come si dice: le bugie hanno le gambe corte. La mia prova è letteralmente un disastro, colpa anche delle abitudini bizzarre dei clienti: dalla cena alle 18.30, alla richiesta del cappuccino insieme ad un bicchiere di liquore a fine pasto. Sta di fatto che mi faccio un paio di sere e non mi richiamano più. Da lì inizia una lunga ricerca porta a porta, via mail e in ogni tipo di agenzia. Decido di prendere il tutto come un gioco, senza abbattermi, e vivendola come una prova di sopravvivenza(avete presente giochi senza frontiere,no?). Dopo dieci giorni esatti trovo un’agenzia che a pagamento(80 pound, ovviamente in nero perché le agenzie non possono ricevere soldi dai clienti in quanto pagate già dai ristoranti con cui sono in contatto) ti trova lavoro in pochissimo tempo. La prima offerta che mi viene proposta è da dishwasher in un ristorante, con turni da 13 ore al giorno per 300 pound a settimana. La cifra per un lavapiatti è altissima, ma 13 ore al giorno neanche i servi della gleba. Avrete capito che il sommerso non è una malattia solo italiana. Il giorno dopo arriva un’altra offerta: ristorante italiano con personale tutto italiano, 210 pound a settimana, shift da 7 ore al giorno, un double e un day off. Decido di accettare. Arrivo poco prima della pausa pranzo e il clima non è dei migliori. Chiedo ai ragazzi, ormai miei colleghi, se c’è posto al loro tavolo per mangiare e nessuno alza minimamente la testa, col mio collega lavapiatti ci sediamo in un tavolo a parte. Secondo giorno: stessa domanda, stessa risposta. Prendo il mio piatto e lo metto tra due cuochi, faccio lo stesso con una sedia. I miei due nuovi vicini a tavola si spostano per farmi spazio senza alzare lo sguardo. Da lì siamo diventati tutti grandi amici. Questo per dire che l’inizio non è stato facile. Altro aneddoto: lì sono soliti reintegrare in società gli ex detenuti assumendoli per lavori umili e sono ben identificabili perché hanno tutti addosso lo stesso giubbotto rosso con un tesserino identificativo. In Italia una persona così verrebbe evitata dai passanti, lì viene aiutata. Scene che ti lasciano a bocca aperta, ma che per loro sono all’ordine del giorno. Tornando ai miei colleghi, viene naturale stringere amicizia, considerando che trascorri a stretto contatto gran parte della giornata. Il mio migliore amico in cucina era un altro lavapiatti, marchigiano come me, tipo che la mamma non ti raccomanderebbe di frequentare: drogato un giorno si e l’altro pure, arrestato per furto, due volte in comunità. Insomma un bel curriculum per avere solo 21 anni. Con lui ho vissuto momenti indimenticabili e che porterò sempre nel cuore, anche se troppo spesso mi sono ritrovato a parlare e toccare con mano sostanze che fino ad allora avevo visto solo nei film e nei servizi al tg. Lo chef, come tutti gli chef, se si sveglia di buon’umore ti insulta, se si sveglia col piede sbagliato ti insulta e ti fa sgobbare come un cammello. Per mia fortuna, risposta sui topi a parte, ho sempre avuto un bel rapporto con lui, a differenza del titolare del locale. Ecco, con il boss il rapporto non era dei migliori. Direi che incarnava perfettamente il ruolo dello schiavista moderno. Per quanto riguarda il sussidio: il lavoro è molto spesso in nero, specialmente per ragazzi che come me hanno bisogno di soldi e si vedono costretti ad accettare qualsiasi tipo di situazione pur di lavorare. Per questo è possibile prendere il sussidio di disoccupazione, che comunque ha una durata limitata nel tempo, dopo di che è il Job Centre stesso che lo interrompe e ti trova lavoro. Tramite Job Centre sono anche organizzati dei corsi per chi non sa l’inglese, suddivisi ovviamente per livelli e che, a quanto dicono, riescono a preparare con relativa velocità gli studenti. Rispetto all’Italia ti accorgi che lì la parola “burocrazia” non la conoscono. Sistema snello, rapido e veloce, ma molto più efficiente e soprattutto attento a non essere preso in giro: come ho detto il sussidio vale solo per qualche mese e se si accorgono che stai lavorando mentre richiedi il sussidio…meglio che non accada!
Una vita al limite della legalità e della dignità come sospettavamo dunque. Ora, per concludere, tra i topi, i drogati, i furti, i coinquilini, Seven Sisters, il boss e lo chef, perchè Londra?
Perchè Londra riesce a darti un’opportunità. E te la dà con il turco, il marocchino, l’inglese, il cinese e con l’afro. Tutti lontani e tutti uniti dal destino e dalla fame di migliorare la propria condizione. E’ una città difficile certo, ma per menti giovani e soprattutto flessibili. E’ la metropoli d’Europa che ti fa sentire tremendamente diverso e tranquillamente a casa allo stesso tempo. E’ una umanità che corre, scambia, lavora. E’ un futuro che si materializza e che fa del passato una terra straniera. E non importa come, ma si muove, evolve, cresce. E dovremmo iniziare a farlo anche noi.