di Gian Pietro Simonetti
Il successo dei grillini andrebbe spacchettato per meglio coglierne le molte e diverse componenti. Ma tra le ragioni del successo pentastellato c’è di sicuro la narrazione del grillismo come disegno politico ispirato a una legalità di massa, all’idea dell’onestà come moda e tendenza diffusa, al rispetto delle regole come fondamento occhiuto e spione di un’altra Italia mondata di sopportazioni e lassismi. Il focus volutamente ossesso sulle regole ebbe la sua espressione tantrica con le elezioni amministrative dell’anno scorso, quando i grillini si ricavarono un certo spazio mediatico e politico rovistando le modalità di raccolta delle firme, documentando illeciti tollerati dalle consuetudini, costruendo – attorno al dettaglio delle firme – un’impetuosa e corale denuncia dell’autodelegittimazione dell’intero sistema politico. E su questo è stato montato il vero e proprio equivoco ideologico di un movimento impetuosamente illiberale che si appropria, straziandola a piacimento, della cultura delle regole, fondamento del liberalismo e di una concezione mite e assai poco militante della politica.
Il successo elettorale pare aver disvelato l’intrinseca doppiezza del racconto pentastellato, riconsegnando alle naturali fonti culturali e politiche l’idea che la forma sia sempre sostanza e mai contenitore sterile o neutrale. Quando il capogruppo del 5 Stelle al Senato, Vito Crimi, afferma che i grillini voterebbero decisamente per l’arresto di Berlusconi senza che sia stata formalizzata una richiesta in tal senso, rivela – senza accorgersene – il gelido humus politico del suo movimento e la strumentalità dell’ossessione regolatoria, perché incorre in un vero e proprio sfregio costituzionale che, come sempre, non ha suscitato né rilievi critici né dissertazioni in punta di diritto. La richiesta di arresto di un parlamentare si colloca all’interno di una specifica procedura regolata dalla legge. Una procedura che deriva dal principio dell’autonomia e della libertà del parlamentare stesso che, per la sua alta funzione, necessita di uno scudo protettivo esplicitamente connesso all’esercizio della carica. Per queste ragioni è facoltà e diritto della magistratura richiedere l’arresto di un parlamentare, qualora lo si ritenga necessario alla luce delle tre fattispecie che lo giustificano (reiterazione del reato, rischio di fuga all’estero inquinamento delle prove). Ma per farlo si deve motivare la richiesta al Parlamento, corredandola di tutta la documentazione necessaria. Le “carte” giudiziarie vengono sottoposte al vaglio della Giunta per le autorizzazioni a procedere che, in materia, esprime un parere relativo al sussistere del cosiddetto fumus persecutionis. Poi è l’aula a decidere, libera e sovrana rispetto a casi di coscienza che contemplano il ricorso al voto segreto.
I grillini avranno la loro rappresentanza nella Giunta per le autorizzazioni a procedere e quindi la possibilità concreta di analizzare le carte e riferire al gruppo parlamentare su quale posizione sia meglio assumere rispetto a quella specifica e drammatica richiesta. Per un raggruppamento politico che fa della legalità l’alfa e l’omega del proprio essere e del proprio agire il bellicoso accenno del capogruppo pro tempore Crimi, lacera la pelle uniforme e compatta del movimento, rivelandone ulcere assai diffuse e radicate nella società italiana: legalità a tempo e ad personam, eccezioni mirate e luna giustizia concepita come spazio di accelerazione e risoluzione rispetto all’immobilismo di una scena politica ingessata dal tripartitismo perfetto e dalle sue inconcludenze.