Se scendete a terra, non portate con voi soldi, preziosi o qualsiasi altra cosa di valore: l’ha ripetuto per tre volte il Capitano della Royal Princess, nave da crociera arrivata ieri al porto di Napoli; l’ha ripetuto per tre volte, in tre lingue diverse, mettendo sul chi vive 4500 passeggeri. I più, ovviamente, hanno seguito il suo consiglio: hanno lasciato carte di credito e soldi in cabina, e si sono limitati ad un giro veloce della città. Alcuni di loro, però, si sono lamentati. Quelli che sono arrivati in Via Toledo hanno gridato all’esagerazione. Enrico Durazzo, proprietario di Napolimania, è stato tra i primi a riportare l’accaduto. Ha scritto un post sulla sua pagina facebook raccontando quello che due passeggeri della Princess gli avevano detto quando sono arrivati al suo negozio: volevano comprare, ma forse non avevano abbastanza contanti. Da qui all’indignazione generale – da internet ai giornali cartacei – il passo è stato piuttosto breve. E così pure oggi, 15 Agosto, torniamo a parlarne. Ne parlo io, che prima di scrivere anche solo mezza riga sull’accaduto ho voluto leggere tutti i siti, tutte le agenzie, tutti i pareri.
Mi hanno fatto sorridere quelli che, con nome e cognome del colpevole tra le mani, se la sono presi con il Comune. «L’Assessore doveva…», hanno accennato alcuni. «La colpa è come al solito dell’Amministrazione», hanno criticato altri. A Napoli ci sono turisti – tanti, secondo me – in pieno Agosto; li vedi che sembrano formiche operose che si preparano all’inverno, spulciando per negozi e passeggiando per le vie, e tu te la prendi con l’Amministrazione. Probabilmente mi sono perso qualcosa; probabilmente De Magistris e assessori vari sapevano già tutto, ma hanno aspettato che succedesse il patatrac prima di intervenire: arancioni e fessi. Facciamo sempre così: quando le cose si mettono male, azzanniamo il primo collo disponibile e poco ce ne importa se facendo così ci diamo da soli la zappa sui piedi. Siamo prime donne mancate e l’obiettività, quella cosa sacrosanta e santissima, non sappiamo nemmeno dove sta di casa.
La storia della Princess e del suo capitano che si mette a dare ultimatum all’altoparlante è un problema vecchio, non di ieri o dell’altro ieri: è una cosa con cui noi napoletani abbiamo dovuto imparare a convivere da diversi anni oramai. Prima era (solo) la camorra, poi è toccato alla monnezza; pulita (in parte) questa, s’è tornato a darci dei mariuoli. Tutti però dimenticano che Napoli è una città come tante altre e che come si ruba qui si ruba in qualsiasi altra parte del mondo: solo che lì è un caso e qui, invece, è una cosa seriale. Un comportamento normale. Invece di scagliarci contro la cattiva informazione, ce la prendiamo con quelli che vivono con noi, nella stessa città, convinti che dietro al “complotto” ci siano loro. Invece di prendercela con le guide turistiche, che ancora scrivono che Napoli diventa pericolosa dopo le 9 di sera, ce la prendiamo con chi prova a rilanciare l’economia. Forse fallendo, certo. Ma che almeno ci prova.
È sempre la stessa storia: non è con il razzista che ci arrabbiamo, ma con gli altri che, come noi, subiscono il razzismo. Una guerra tra poveri che, ancora una volta, non manca di consumarsi. La colpa, insomma, di chi è? Fosse dell’Assessore X che non ha chiamato, richiamato e tenuto qualche lezione privata al capitano della Princess, basterebbe – come fosse facile – licenziarlo: via e che non se ne parli mai più! E invece il caso della crociera è solo la punta dell’iceberg. Stavolta è stato detto ad alta voce, all’altoparlante. Ma quante volte ci siamo ritrovati a sentire questo o quel giornalista, questo o quel politico che insinuavano, anche velatamente, che Napoli è così, che a Napoli si campa alla giornata; che a Napoli non ci sono leggi? Si chiama problema culturale, e c’entra l’educazione dell’individuo. È il pregiudizio – e chi lo insegna – che vanno combattuti. Non il vicino che s’è dimenticato di pulire il vialetto di casa, dando così una cattiva immagine di Napoli nel mondo. Guardiamo alla pagliuzza e non alla trave, come al solito.
Twitter: @jan_novantuno