Siamo arrivati alla frutta: se riporti notizie accertate, arresti della DDA e condanne per gli imprenditori del nord, sei un razzista. E attenzione: un razzista vero, magari pure un po’ invidioso, che dà contro una parte d’Italia – la migliore, secondo alcuni – perché ipocrita. Profodamente ipocrita. Quello che scrivo però non sono giudizi personali, sono agenzie, informazioni e pubblicazioni sicure; non mie, ma di altri – molti altri – prima di me. Ieri, con la condanna di altri dirigenti dell’Enerambiente, ho suscitato l’ira di diversi lettori. Mi dispiaccio. Ma non starò qui a difendermi: riporto le storie, quelle importanti, così come vanno riportate. Nel modo più obiettivo possibile. Se alcuni imprenditori del veneziano non hanno fatto bene, è giusto che venga scritto. Così com’è giusto, da parte dei meridionali, ammettere le proprie colpe.
Capita ad hoc, paradossalmente, l’intervista che Carmine Schiavone, pentito storico della camorra ed ex boss del clan dei Casalesi, ha rilasciato ieri a Sky. Ha parlato sinceramente, ammettendo che, se potesse tornare indietro, non si pentirebbe di nuovo. Perché? Perché l’hanno lasciato solo, hanno permesso che suo figlio avesse di nuovo il cognome Schiavone, quando, in teoria, sarebbe dovuto essere in un programma per testimoni; e in tanti, tantissimi, hanno fatto carriera sulla sua storia – così ha detto. Se nel ’93 si è ribellato, è stato perché ha visto l’inaccettabile: venivano ammazzati bambini prima ancora che nascessero, con il riversamento di rifiuti di tutta Italia, anche del nord e dell’estero. Anzi – ci ha tenuto a precisare – specialmente di quella parte di mondo, quella ricca ed avanzata, che nello smaltimento cerca di risparmiare il più possibile. La gente non ci crede; pensa che sia tutta una trovata meridionale per scrollarsi di dosso le colpe. E invece no: brutto a dirsi, ma la verità è quella che racconta Schiavone, l’ex camorrista. L’hanno accertato magistrati ed inquirenti.
Padre Maurizio Patriciello, uno dei sacerdoti che si stanno impegnando concretamente contro i roghi nella zona di Caivano, ha scritto una lettera a Schiavone, chiedendogli i luoghi, i posti precisi, dove sono stati riversati i liquami assassini. Vieni anche tu con noi, gli ha chiesto in ultima istanza. E la gente, quella che legge e che certe tragedie non le ha mai vissute sulla pelle, pensa che sia ancora un tentativo del sud di lavarsene le mani. Di nuovo, ancora: ostinatamente. Ci dispiace, amici; ci dispiace veramente. Non è così. Sarebbe bello, paradossalmente, se lo fosse. Vorrebbe dire che nel triangolo della morte non ci sono morti ammazzati per la monnezza; vorrebbe dire che sotto la Salerno-Reggio Calabria non ci stanno i sacchetti, l’amianto, la fetenzia di mezza Italia; vorrebbe dire che pure a Napoli, come al ricco e potente nord, la differenziate funziona, perché non c’è altro da smaltire prima. “Nelle città venete”, ho letto “non c’è alcun problema di rifiuti. Anzi, gli impianti di smaltimento lavorano largamente sotto il massimo sfruttamento per mancanza di materiale[…]”. Mi fa piacere per voi, signori: a Napoli, invece, c’abbiamo da smaltire la monnezza non solo nostra, o tirata via alla differenziata; ma pure quella dei furboni, che non sono né del nord, né del sud. Ma senza nome, vigliacchi e complici di un disastro che sta uccidendo la nostra – perché sì, non è solo mia – terra.