Per i nostri politici il problema era uno soltanto all’apparenza: difendere il turismo. Se Alitalia fosse stata acquisita interamente da altre compagnie l’Italia avrebbe rischiato il cortocircuito nel percorso del turismo mondiale. E perchè dovremmo crederci? I flussi del turismo sono orientati dal mercato e se i turisti cinesi o americani vogliono venire in Italia troveranno sempre una compagnia che li porti a Roma. Secondo la teoria di illuminati parlamentari e opinionisti di destra come di sinistra dunque non sono la bontà delle nostre infrastrutture, la possibilità di scegliere i treni con cui viaggiare, i restauri delle nostre opere d’arte, la pulizia delle nostre strade, la viabilità, il funzionamento dei servizi di trasporto pubblico, la competitività dei prezzi di ristoranti, hotel e taxi, ma è la proprietà, l’italianità della compagnia di bandiera a determinare l’afflusso dei turisti nel Belpaese. Come rimediare a questa spiacevole situazione che, in realtà, non permetterebbe più alla politica italiana di poter gestire potere ed occupazione legati ad Alitalia? Presto fatto. Individuare una società pubblica (Poste Italiane) con cui il governo possa mantenere una quota nel capitale della compagnia area. Insomma uno Stato indebitato e sovradimensiato che “corre in soccorso” ad una società portata sull’orlo del collasso proprio dallo Stato. Il tutto infiocchettato all’opinione pubblica in nome della difesa del turismo. Quando l’unica difesa è quella di un potere di gestione, controllo e disposizione da parte della politica su personale e mezzi della società. E’ il capitalismo di Stato bellezza e i cittadini non possono farci nulla, se non pagare più tasse quando questo continua a spendere troppo. Viene come il sospetto che la partecipazione di Poste italiane non salverà il turismo. E nemmeno Alitalia.
11 Ottobre 2013