Ho un ricordo indelebile di quando studiai alle elementari (cioè diversi anni fa) la Svezia e nel sussidiario (negli anni 80 ancora si chiamava così) un paragrafo era titolato “dalla culla alla tomba” (the swedish model) per analizzare quello che solamente da grande imparai poi a chiamare welfare cioè le politiche a favore della natalità e di conseguenza tutti quei servizi sociali che fanno dei paesi scandinavi un modello globale.
Un abisso se invece rotoliamo verso sud non potendo dire la stessa cosa per il nostro paese fotografato dall’Istat sul tema demografico; e dagli ultimi dati siamo una terra di nonni senza i nipoti, insomma. In verità si parla da molto tempo di un “avvertimento che porta al declino” quello che già da anni è in corso in Europa ma sopratutto in Italia, a rischio estinzione di italiani. Non è la prima volta che l’Istat ci fornisce dati allarmanti sul calo demografico in italia eppure si fa fatica a comprenderne gli impatti sociali ed economici: nel suo rapporto consueto sul tema, L’istuto nazionale di statistica snocciola grafici e tabelle di prima grandezza, molto più importanti degli “hard case” dell’informazione oggi. E mentre la politica che riempie pagine e palinsesti si occupa di presunte influenze dei padri a danno dei figli, di immigrati da scaricare sulle spiagge libiche, di sinistre polverizzate e di destre inquietanti, nel nostro paese sembra mancare di anno in anno il “datum” da cui partire per qualsivoglia piattaforma economica e politica, cioè i cittadini italiani tout-court.
Di questo passo per un paradosso della storia Le Lega di Salvini dovrà implorare i paesi del mediterraneo di avere richiedenti asilo e immgirati non fosse altro che per pagare le pensioni; pena viceversa rafforzare le restrizioni della legge fornero senza la quale già da oggi i nostri conti pubblici andrebbero a ramengo. La popolazione italiana – infatti – al 1° gennaio 2017 ammonta a 60 milioni 579 mila residenti, 86 mila unità in meno rispetto all’anno precedente (-1,4 per mille). La natalità si conferma in calo costante: il livello minimo delle nascite del 2015, pari a 486 mila, è superato da quello del 2016 con 474 mila.
Numeri che ci portano a sconfortanti conclusioni diametralmente diversi dall’idealtipo scandinavo: mancano le culle ma aumentano le tombe, con uno squilibrio già “in essere” sul piano squisitamente previdenziale. Già perchè se il tema dell’immgrazione è fra i più divisivi del momento – vedasi le vittorie di Trump e le avanzate iperdestroidi in Francia, Germania, Olanda, Austria – si fa fatica a contrastare le post-verità sulla questione e si utilizzano pseudo strumenti concettuali per vincere facile (la paura, il terrorismo, la disntegrazione sociale e poi i confronti con gli italiani poveri, i terremotati, i clochard, i senza casa etc.). La demenziale carica xenofobo-populista è un cane che si morde la coda, talmente miope da non considerare tutti gli studi e le ricerche ma punta il dito nell’immigrazione ignorando la luna che è la paura demografica degli italiani.
Si dice che l’anno zero sarà il 2030 (cioè fra soli 13 anni) quando – dicono gli esperti – sono a rischio gli assegni pensionistici. Questo 2030 è l’anno in cui andranno in pensione i figli del baby boom, cioè i nati nel meraviglioso biennio 1964-65, quando l’Italia nel pieno miracolo economico partorì oltre un milione di bambini. Quei bambini, al compimento dei 66-67 anni, busseranno alla porta dell’Inps. Un picco di richieste che si tradurrà in uno choc, soprattutto se la crescita economica rimarrà modesta. Il periodo più critico arriva fino al 2035. Poi, se le casse dell’Inps reggeranno, anno dopo anno la situazione dovrebbe migliorare per stabilizzarsi tra il 2048 e il 2060. E già da oggi se la quota dei contributi non arrivasse dagli “immigrati” (diciamolo) le casse per le pensioni piangerebbero lacrime amare. Se poi aggiungiamo la fuga dei giovani (sono emigrate dall’Italia verso altri Paesi 157 mila persone, di cui 115mila italiani, ben il 12,6% in più rispetto al 2015) allora chi glielo dice agli anti-immigrati da tastiera e ai loro leaders della fenomenale destra populista che senza gli amici stranieri le pensioni dalla Val d’Aosta alla Sicilia (incluse i falsi invalidi e i vitalizi) non sarebbero erogate?
E poi ci si stupisce se in Germania quella furbona di statista della Merkel apre le porte agli immigrati e ai profughi, sempre nel rispetto delle regole di cittadinanza, molti dei quali oggi lavora e contribuisce il Pil tedesco. Saremo geniali in tante cose ma a furbizia i tedeschi ci surclassano!