E’ bello parlare con giovani entusiasti del futuro e del proprio lavoro. E quindi oggi parleremo di Fintech.
Finalmente, direte voi.
Lo dico anch’io.
E infatti abbiamo chiacchierato con Fabrizio Villani, co-fondatore di Fintastico.com, la bussola del fintech mondiale, con focus particolare sull’Europa.
Quali sono i luoghi comuni che senti dire più spesso sul settore Fintech?
Mi capita spesso per lavoro di incontrare i dipartimenti di innovazione di banche e assicurazioni, molto spesso la critica che viene mossa al fintech e alle imprese che operano in ambito fintech è che siano “scappati di casa”, visto che non sono “pesantemente” regolamentati come le banche. Il fatto di non essere regolamentate come le banche è, al momento, vero (vediamo i prossimi sviluppi anche dei regolatori nazionali su questo tema), ma dire che le imprese fintech non sono assolutamente regolamentate o controllate, è falso.
Puoi fare un esempio?
Per operare, le imprese fintech devono chiedere un’autorizzazione alla Consob o a Banca d’Italia a seconda del loro ambito di attività (es. le imprese che offrono algoritmi intelligenti che forniscono un supporto automatizzato agli investimenti a.k.a. “roboadvisor” vengono supervisionate dalla Consob mentre le piattaforme di peer-to-peer lending da Banca d’Italia). Ovviamente, vista la disparità di capitale umano, risorse economiche a disposizione e volume dei capitali gestiti è logico non dover sottostare alle stesse leggi che si applicano alle banche. E’ puro buon senso.
Se mi permetti una battuta, sui giornali gli scandali continuano ad essere bancari, a quanto pare non c’è una relazione diretta tra numero di regolamentazioni alle quali bisogna adempiere e rispetto delle leggi e onestà.
Ma alla fine, cos’è questo Fintech?
Le basi: Fintech è un neologismo nato dalla crasi di Finance e Technology. A volte, molte persone che non saprebbero definire Fintech utilizzano quotidianamente uno o più servizi del settore (dai sistemi di pagamento online negli e-commerce, alle campagne online del crowdfunding, oltre alle app che permettono di pagare direttamente dal cellulare per fare qualche esempio). Di solito se si chiacchiera di Fintech finisce anche così: “Hai presente Paypal?” “Si” “Ecco, più o meno come Paypal”.
Comunque non esiste una vera e propria definizione condivisa tra tutti gli attori del mondo Fintech. A me piace basare su tre principi la mia idea del settore:
- Utilizzo delle più recenti tecnologie (ma questo cosa lo dico a fare?)
- Migliore esperienza dell’utente, anche dovuta a una migliore attenzione al cliente (Facebook ti sembra difficile da usare? Ecco, per le Fintech la user experience è uguale).
- Trasparenza (ovvero quella strana sensazione di sapere in anticipo la struttura dei costi e capire quanto si deve pagare e quanto guadagna l’impresa Fintech che mi fornisce il prodotto/servizio)
Come nasce l’idea di Fintastico?
Una storia simile ad altre: un gruppo di amici, profili complementari, esperienza dal mondo della finanza tradizionale e dei fondi di investimento, dal mondo della tecnologia più “smanettona” ed esperienze pregresse in imprese fintech. Noi abbiamo fatto questo ragionamento: le regolamentazioni non riescono ad andare di pari passo con le evoluzioni tecnologiche, ma l’Unione Europea con la nuova normativa europea sui pagamenti, la PSD2, che entrerà in vigore a gennaio 2018, sta cercando di colmare il divario con altre geografie e sta spingendo per incrementare la competitività all’interno del settore bancario e finanziario: è così che abbiamo deciso di creare Fintastico, una piattaforma che permette a persone e imprese di scoprire i servizi finanziari innovativi che in modo sempre più marcato entreranno pian piano a far parte del nostro quotidiano.
Quali potenzialità vedi per le Fintech in Italia?
Gigantesche! Le banche stanno “abbandonando” alcuni verticali che per loro non sono più “strategici”. Alcuni esempi: i pagamenti e il credito alle piccole e medie imprese. Pensa solo alla proliferazione negli ultimi anni di imprese che offrono la possibilità di pagare comodamente con lo smartphone o le piattaforme digitali che forniscono prestiti a persone o imprese, o magari permettono l’anticipo fattura….
Quali sono i punti più deboli del sistema Italia relativo alle Fintech?
Direi gli stessi che valgono per l’ecosistema startup in generale: la mancanza di una fiscalità che permetta a imprese e investitori di ottenere sgravi fiscali, la mancanza di investimenti da parte di investitori professionisti a sostegno e supporto delle startup, una gigantesca macchina burocratica, incertezza delle norme, mancanza di cultura dell’innovazione. Riassumendo abbiamo bisogno di strutture politiche, fiscale, burocratiche meno complesse.
Il punto è: come affrontare la regolamentazione di un settore in rapida evoluzione?
La regolamentazione del settore fintech è ovviamente di fondamentale importanza, e credo – spero – ricalchi in parte quella già applicata nel Regno Unito. Lì si è creato una sorta di “banco di prova” per le imprese fintech, sfruttando la regulatory sandbox, ovvero le deroghe normative e regolamentari previste per le startup che ne fanno richiesta e che permettono di testare per un periodo limitato i propri prodotti e servizi in un ambiente protetto, senza dover condurre preventivamente importanti investimenti solo per adeguarsi alle norme. I veri rischi? Che non si arresti l’emorragia di imprenditori italiani che continuano a spostarsi su altre geografie per portare avanti i propri progetti imprenditoriali!
Tre previsioni per tre ambiti: quali impatti sociali, economici e politici vedi generarsi dal settore Fintech? (in breve)
Il fintech sta sicuramente cambiando le carte in tavola nel settore della finanza tradizionale: le soluzioni fintech si propongono sia come totalmente alternative, sia come complementari al settore bancario. Questo ha diversi aspetti pratici anche a livello sociale e politico. Da approcci top-down – dove il down di solito accettava senza batter ciglio le decisioni prese dall’alto – stiamo vedendo una riorganizzazione degli attori sociali e sempre più iniziative bottom-up, quindi una voglia di fare sistema e riprendersi in parte quello che ci è stato tolto. Nei prossimi anni vedremo sempre di più fusioni a livello bancario, quindi nuovi casi di banche riscattate dal settore pubblico che poi vengono comprate a prezzo di sconto da qualche gruppo più grande. Non so per quanto tempo questo giochino possa andare avanti, ma se ci aggiungiamo anche la questione delle pensioni e del debito pubblico, sicuramente il fintech con la sua ventata di aria fresca e innovazione, avrà un peso sempre maggiore sia a livello politico che sociale.
Fintech va d’accordo con Millennials o i giovani hanno ancora molta strada da fare per sfruttare appieno le opportunità del settore?I giovani italiani, come gli adulti che li hanno preceduti, hanno un tallone d’Achille: la mancanza di una solida base di educazione finanziaria. Non lo dico io ma l’OCSE nel rapporto Students’ Financial Literacy. Le note positive si ritrovano sicuramente in un quadro d’insieme di miglioramento rispetto al passato. D’altronde, spesso si gioca proprio sulla credenza che la finanza debba essere solo ad appannaggio degli “esperti”, di quelli che dietro ad una scrivania per “aiutarci”. Le truffe nascono dall’ignoranza.
I giovani con i quali mi capita di parlare, sono tendenzialmente più “arrabbiati” dei propri genitori nei confronti delle banche, hanno un senso di fastidio che li pervade. Una rabbia generazionale che forse deriva anche dalla crisi finanziaria del 2007/2008, dove i colpevoli sono ancora “ignoti” o a spasso.
Fossi un superministro di un Ministero a tua scelta, quale sarebbe il primo atto per incrementare le opportunità offerte dal settore Fintech nel Paese?
La tecnologia al giorno d’oggi permette di fare molti passi in avanti, fossi il ministro dell’Interno, congiuntamente al ministro dell’Economia, utilizzerei le soluzioni fintech per tracciare i movimenti di denaro illeciti della criminalità organizzata e scoprire gli evasori fiscali, in modo da perseguirli. Grazie a una migliore tracciabilità dei flussi di denaro è altrettanto possibile monitorare come, dove e in quale modo verrebbero utilizzati i flussi di denaro recuperati. Insomma una situazione dove tutti vincono. Italia vuoi vincere?
Alessio Mazzucco