Le scelte professionali devono essere compiute senza alcuna discriminazione tra uomini e donne. Questa distinzione deve essere superata perché è importante dare spazio all’universo femminilie, il quale può contribuire in maniera determinante all’economia della nazione. A suscitare una riflessione è Chiara Cecutti, esperta Executive e Life Coach, mediante il suo libro Quando il manager è donna, pubblicato e distribuito da Hoepli e disponibile in libreria dal 6 ottobre 2017. Nel volume è raccontato uno spaccato di vita aziendale in cui le protagoniste sono le donne che cercano di farsi strada nel mondo del lavoro. Donne ancora attanagliate da una serie di pregiudizi limitanti nonostante l’evoluzione e l’emancipazione delle quote rosa (dalle stesse considerate peraltro necessarie ma offensive) e che in molte occasioni, per riuscire nella loro impresa, emulano i colleghi uomini snaturando la propria personalità. Chiara Cecutti, impegnata nel coaching in aziende nazionali e multinazionali, commenta l’universo femminile senza tralasciare le diverse potenzialità da valorizzare.
Quale è il ruolo della donna nell’economia?
La percentuale di donne manager risulta in aumento tuttavia la distanza dalle numeriche maschili è ancora significativa nei ruoli dirigenziali. Addirittura irrisoria per quel che riguarda la posizione di amministratore delegato, di direttore finanziario e dalle nuove professioni dell’economia digitale che riguardano l’innovazione e la tecnologia.
La competizione tra uomo e donna in che modo può garantire risultati interessanti per l’economia e per lo sviluppo di alleanze serene?
Per poter parlare di alleanze serene penso sia necessario spostare il focus dalla competizione all’integrazione, al rispetto reciproco e ai principi meritocratici a prescindere dal genere. Le professioni del futuro saranno sempre più connesse alle competenze digitali derivate dai percorsi STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) dove la presenza femminile è oggi così bassa da essere incentivata anche economicamente. Ma per guidare l’innovazione saranno necessarie anche competenze umanistiche e artistiche (l’acronimo STEM si arricchisce di una A, arts, diventando STEAM): l’industria 4.0 implicherà la crescente necessità di competenze anche comunicative, empatiche, collaborative, motivazionali, creative e di intelligenza emotiva da affiancare a quelle tecnico-scientifiche. Penso, quindi, che uomini e donne ma direi gli esseri umani in generale, potranno creare degli ottimi team a partire dall’integrazione delle reciproche attitudini e preferenze.
Come proiettare la figura femminile nella nuova economia senza alterare gli equilibri?
Credo che la donna non debba né camminare in punta di piedi né battere il pugno sulla scrivania. Alcune ricerche dimostrano che le donne in carriera si sono spesso dimostrate più aggressive degli uomini. Non è stato facile per loro farsi strada ma questo non significa che emulare uno stile maschile sia conveniente. Essere morbide ed empatiche non significa essere né fragili né deboli e non esclude la capacità di essere ferme e focalizzate sulla propria autorealizzazione.
È necessario cambiare cultura imprenditoriale per agevolare processi selettivi dove la parità di genere possa assicurare maggiore produttività?
Si parla molto di welfare ma si fa ancora troppo poco in Italia per sostenere chi, oltre al lavoro, ha figli e/o genitori di cui occuparsi. E anche in questo caso non faccio una differenza di genere. Flessibilità, Smart Work e servizi per agevolare la gestione della vita personale miglioreranno l’work-life balance assicurando maggior serenità e, di conseguenza, anche una maggiore produttività.
Donne e uomini in azienda. Qual è la sua visione strategica sulla quale è fondamentale lavorare nei prossimi anni per evitare conflitti sociali?
Aumentare il rispetto tra generi, contemplare una maggior interscambiabilità di ruoli e compiti sia nella vita privata sia in quella professionale, riconoscere e rielaborare i pensieri limitanti sugli altri a prescindere da genere, valorizzare e apprezzare le diversità, puntare a realizzarsi valorizzando le proprie attitudini.
Come considera le legge sulle quote rosa con la quale si assicura la presenza delle donne nelle aziende?
La considero piuttosto offensiva perché delegittima il merito e le competenze in favore di una obbligatorietà che presta il fianco a considerazioni di basso livello; purtroppo è ancora necessaria. Senza le quote rosa le percentuali di cui abbiamo parlato all’inizio sarebbero ancora più contenute. Sono pur sempre quella giusta opportunità per agevolare una strada che comunque è ancora in salita.
Francesco Fravolini